Un nuovo genere letterario rischia di imporsi a Lecco: i piangina della coda. Quella narrazione che confonde le code per un concerto di eccezionale qualità come quello di Paolo Fresu, offerto a gratis!!! dove altrove costa 30-50 euro, con le code per una mammografia.
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STASERA VADO A TEATRO. (Perchè non è un telecomando, è un’Enciclopedia)
Domani, martedì, inizia finalmente la nuova stagione teatrale di Lecco. (“Il ritorno di Casanova” regia del grande Federico Tiezzi; Palladium ore 21).
Anche per questa stagione il palco va in Città, al Palladium, per la temporanea chiusura del Teatro della Società per ristrutturazione.
Siccome non si giudica uno spettacolo dal colore del sipario, io e la mia famiglia, abbiamo rinnovato l’abbonamento.
Federico Tiezzi, Paolo Rossi, Elio de Capitani; Serena Sinigalia, Marina Massironi, Debora Villa, Elio delle Storie tese, per citarne solo alcuni protagonisti dei 10 spettacoli in cartellone, sono la passione e la qualità che con questa Stagione, possiamo fortunatamente condividere senza dover andare a Milano o Como.
Ci può capitare spesso di leggere o incontrare – qui e altrove – chi ci domanda: Perché dovrei andare a Teatro?i
Siccome non si può dire che cosa sia il Teatro; nel ricco e qualitativo cartellone di Lecco – davvero importante – per esempio troviamo commedie, risate, drammi, ironia, classici, rivisitazioni, sentimenti e musica, possiamo rispondere in più modi.
Innanzitutto proprio perché, in un unico posto, su un unico palco, possiamo trovare tutte queste “forme del Teatro”. Non è però come avere in mano un anonimo telecomando è più come sfogliare una sontuosa enciclopedia.
Con gli occhi, il cuore e i pensieri.
E’ aprire finestre nella casa che abbiamo dentro.
E’ far entrare il fresco, che può essere spensieratezza, riflessione, stimolo, condivisione.
Le forme di teatro che, da domani, sono in cartellone a Lecco, possono essere, sono, la fiammella che porta con sé già il pretesto alla miccia per bruciare fino a raggiungere a volte, la roboante e portentosa diffusione sonora del tuono, ed è davvero un peccato fermarsi dentro punti ciechi, elettroni impazziti che ci fanno sfuggire alla curiosità, al bello, per giunta ad un passo da casa, di una delle più antiche forme d’arte che ha attraversato con protervia e decisione secoli e millenni.
Un’arte che mettendo in scena il falso ha sempre trovato la cometa, nel buio della sala, per raccontare il reale, la realtà. A volte, anticipandola.
Dove si può tornare bambini ma restare svegli fino a tardi
Dove ognuno, contempla e non solo guarda, riconosce e non solo scopre. Partecipa e non solo assiste.
Lecco e ovunque ci sia un palco, ci dà la possibilità di essere come nell’antica Grecia dove non era l’elite a recarsi a teatro, i ricchi, bensì ogni strato della popolazione.
Perché dove c’è teatro c’è popolo. Comunità
Andare a teatro, a Lecco, è anche un modo fisico per dire che lo ri-vogliamo aperto il Teatro della Società. A prescindere dal colore del sipario.
I biglietti si possono, ho visto, acquistare anche online. Per essere protagonisti
LJF: IMPARARE IL BELLO, SE NON SIAMO GIA’ IRRIMEDIABILMENTE ABBRUTTITI
Investire tempo ed energie per coltivare il bello e il buono della Vita, è in fondo una Storia che possiamo ascrivere nello spartito sotto il titolo rigenerazione urbana e civica.
Grazie al Festival Jazz di Lecco inaugurato ieri sera sono tornato a casa, insieme a una fiumana di gente di ogni età che svuotava a poco a poco Piazza Garibaldi, con un fluido di positività che è energia pura. Che ho ancora addosso.
Energia che ha percorso, ne sono certo, ognuno dei presenti, rafforzandosi a ogni condivisione, a ogni contatto.
Se avessi una stanza dove scrivere le pagine che anche hanno riempito il cuore, i passi, gli occhi, i sensi, fin a posarsi sull’anima, aprirei la porta che dà sulla strada per appendere un cartello: c’è bisogno di bello. Dobbiamo coltivare il bello. Dare priorità al bello.
E questo cartello lo potrebbe leggere chi avesse voglia di avvicinarsi, come chi ieri ha scelto di essere in Piazza Garibaldi.
Un cartello come un’insegna.
In Piazza Garibaldi, il bene immateriale che genera benessere e alfabeti nuovi, che è la Cultura, ci ha permesso, come fossimo stati a New York, di coltivare il bello, disseminato, tracimato, condiviso dalla musica toccata da dio, del The Quintet di Kenny Garrett
Lecco ha vissuto ancora una pagina, molto più di una pagina, di cosa vuol dire, nella concretezza del viverla, che la bellezza e qualità di una Città non si misura solo o prioritariamente dai metri di asfalto, dei parcheggi o dalle strisce per terra.
Il dono che il Comune ha fatto a tutti noi (cittadini e turisti) diventati fiume, cellule, note, elettricità, conduttori di tanta bellezza perché questo è stato il concerto di Kenny Garrett che ha aperto il Lecco Jazz Festival, è un tesoro che dobbiamo moltiplicare, diffondendolo, non per nascondere le strisce in centro, un parcheggio più caro, i cinema promessi e mai mantenuti, una Piazza Affari umiliata nelle sue potenzialità, ma per farne tesoro e nuovo sguardo.
Perché in Comune qualcuno per primo ha scelto di scegliere. Di credere, crederci. Ha scelto che non serve aspettare la paziente costruzione delle condizioni adatte, né un’infinita transizione che non è mai arrivata e non ci condurrebbe in alcun luogo.
Le serate come questa – è stata il top, ma non è stata l’unica a Lecco in questi mesi, anni – ci insegnano a vedere il bello e la grazia, virtù nobili che si è sempre in tempo ad imparare quando, beninteso, non si sia già irrimediabilmente abbruttiti.
E sono la prova provata che Lecco – ancora una volta, ancora di più – è molto meglio di quanto qualcuno la vuole descrivere o si augura che diventi, che affondi, solo per poter dire, io ve l’avevo detto.
IL PONZIO PILATO DI AUGIAS ERA UN INETTO. MA NON E’ VERO
Dissento, sebbene solo parzialmente, dalla recensione del critico culturale de La Provincia di Lecco, Claudio Scaccabarozzi, in merito alla conferenza spettacolo di Corrado Augias, sulle ultime ore di Gesù: “Ecce Homo, anatomia di una condanna”, andata in scena mercoledì scorso nell’ambito della bella stagione di Prosa del Comune.
Sono convinto che uno dei diversi meriti di questo cartellone sia proprio, permettere e stimolare differenti punti di vista al termine delle rappresentazioni per altro sempre di qualità.
A me, per venire al punto, lo spettacolo seppur volutamente in bilico tra divulgazione storica e romanzo, ha lasciato una sensazione mal stirata di precaria soddisfazione.
Uno spettacolo che certamente è stato buona cosa proporre e vedere – la sala era pressoché tutta esaurita – ma che a me è parso, in diversi quadri, davvero troppo sbrigativo nel racconto, non così coinvolgenti, stimolanti nell’invito ad approfondire.
Le riflessioni più irradianti di tutto questo le ho infatti personalmente ricevute e raccolte, da parte di Augias, quasi fuori racconto: la forza soverchiante e intensa del Calvario e della croce e il Valore della Resurrezione come elaborazione e moto intimo della coscienza, personale e per nulla simbolico, teologico e tribuno.
Totalmente deludente invece, a mio parere, il modo e la rappresentazione che ha scelto di dare di Ponzio Pilato. Mostratoci, e rimarcandolo, come un inetto, un ignorante, un mediocre, una figura incolore
Perplime che una persona con la storia, la militanza, il percorso di Corrado Augias non abbia letto o più probabilmente tratto forza e ragioni per una diversa valutazione di Ponzio Pilato, dalle argomentazioni di Antonio Gramsci e il suo “Elogio al Giudice, il procuratore romano Pilato”.
Ove con più forza, fascino e credibilità mi sia permesso, lo evidenzia come giudice eroico. Seppur persuaso della innocenza di Gesù la qualità giuridica di cui era investito ha fatto tacere la coscienza dell’individuo, del privato cittadino. Eseguendo la sentenza per il rispetto delle autonomie locali che la legge romana imponeva ai magistrati romani.
Dovremmo esaltare Ponzio Pilato. L’indipendenza del potere giudiziario è stata una delle più grandi garanzie di giustizia che l’uomo moderno, grazie ai Romani, sia riuscito a conquistare.
(la stagione del) TEATRO A LECCO:un abbonamento per la qualità e per non finire come con i cinema
UNA CITTA’ PER MANZONI: una riappropriazione popolare per creare legami e Comunità

Una riappropriazione che non è stata un furto ma ridistribuzione. Di bellezza, di cultura, di Storia. La nostra storia.
Favorisce la partecipazione, la conoscenza e la valorizzazione di Lecco, delle sue bellezze e della sua Memoria.
Serate come quella di ieri e l’ampio e volutamente eterogeneo percorso della Rassegna servono a mio parere infatti a combattere la disuguaglianza e, nello stesso tempo, accrescere i saperi.
A riequilibrare le carte fra chi ha e chi non ha avuto il privilegio di studiare e studiare il Manzoni e, nello stesso tempo, permettere di approfondire, confrontarsi stimolando la voglia e la curiosità di conoscere.
Una riprova la si ha consultando tutto il Programma al sito dedicato www.leccocittadeipromessisposi.it