L’avete sentito anche voi il fragoroso silenzio del consigliere comunale grillino Riva e della leghista Bettega sul trasferimento del debito, di oltre 12 miliardi – 12 miliardi!! – del Comune di Roma ora in capo allo Stato, ossia a tutti noi, noi anche lecchesi per intenderci, un debito, che la Sindaca Raggi aveva promesso di “rimodulare”, e che invece, zitti zitti, grillini e leghisti (che quando faceva comodo eran quelli del Roma ladrona) ora ci hanno addossato a tutti noi?
Un regalo da ridare in 30anni, senza interessi.
12 miliardi son mezza finanziaria, ben più di quanto serve per far la Tav, e 100volte più di tutte le infrastrutture che servon qui, anche quelle che ancora non vi vengono in mente.
Immaginate quante cose si potevan fare e non si faranno, perchè questi soldi il Governo li ha dati, subito e gratis al Comune amico di Roma.
Una vergogna etica, contabile e educativa.
Gli impegni si rispettano e invece così i conti non tornano e si insegna che puoi anche non pagare, tanto c’è sempre qualcuno, qualcun altro, che poi arriva e paga. Così ricominci.
L’avete sentito il fragoroso silenzio del grillino Riva e della leghista Bettega?
Dico questo perché entrambi, così di fretta da prender abbagli, ad ottobre 2017 insultarono Giunta e l’allora Assessora al Bilancio Mazzoleni, perché approvarono una Delibera che prendeva atto che il Governo non avrebbe pagato tutti i costi sostenuti dal Comune per la sistemazione del Tribunale. Quei soldi, come ebbe modo di spiegargli anche il segretario generale non erano dovuti ai lecchesi, sarebbe stata cosa buona, giusta e auspicabile averli, ma non era automatico.
La Legge, non le chiacchiere, diceva questo.
Ma faceva comodo ingannare i cittadini per un po’ di campagna elettorale.
Ed oggi la Roma ladrona, i soldi degli italiani, puff, tutti in silenzio, di nascosto, manco un post, manco un chiedere scusa ai lecchesi.
Qui il rapporto costi/benefici non serve più
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IL CAPPELLO IN MANO DEL CAMBIAMENTO
Nel gran parlare di tasse, debito pubblico e riforma fiscale, è del tutto manipolata e svalutata quella che è la prima croce di questo calvario, politico e di Governo, che è diventata una via crucis di scelte incoerenti, con le promesse che non sono diventate impegni ma sono state, disattese, ribaltate, tradite, nascoste, dimenticate, ingannate, stracciate:
L’evasione fiscale.
Legittimata, sanata, ancora una volta, con, l’ennesimo, odioso condono fiscale.
Per anni si è detto che quella era una delle peggiori piaghe del Paese, si è calcolato che la colossale frode ai danni dello Stato (e di noi tutti) superava i 160 miliardi di euro all’anno – ogni anno, tutti gli anni – (ovvero molto più della più drastica delle manovre economiche mai varate da un governo), si è esclamato che non poteva esserci giustizia sociale in un Paese nel quale gli onesti pagavano scuole, strade, ospedali, servizi anche per i disonesti.
E adesso?
Adesso pare che la grande urgenza, la prima necessità, sia (stato) sanare il passato, metterci una pietra sopra, (per) dare un pugno di euro ai più impoveriti e regalare decine di migliaia di euro ai più ricchi e pulirgli le montagne di soldi che ci han rubato chiedendogli in cambio spiccioli, granelli di mancia, come compensazione.
Essere onesti e stare con gli onesti non è più di moda. Uno non vale più uno. E se vale, qualcuno è più uguale degli altri.
La cosa più stupefacente e desolante assieme è che tutto questo arrendersi all’evasione, questa legittimazione dell’evasione, questo andare con il cappello in mano da chi questo Paese lo ha sfruttato e se ne è servito decisamente più di quanto non l’abbia servito, sono proprio quelli che si intestano il cambiamento, sostenuti, con evidenza dei numeri, da un’infinità di italiani che questo sfruttamento lo hanno e lo stanno pagando ancora. Sempre più.
Al posto di dire no, nessun condono, ma una lotta dura e ferma, si va con il cappello in mano dai disonesti, a sentirci dire dai Diogene strabici e loro complici della politica che però potevano fare un condono più grande e non l’hanno fatto.
Che non è un condono è pace fiscale.
Il vero cambiamento è la manipolazione delle parole.
E si alzano applausi al posto che fischi.
Siamo davvero un Paese strano.
I PARADIGMI BOSISIANI CHE SANNO DI GRULLISMO
Bosisio è irrispettoso dei lettori.
E’ un fatto, non un’opinione.
Non risponde, – non è nemmeno la prima volta – nel merito dei fatti contestati (condono fiscale, flat tax, sussidio di cittadinanza) ma prova a far guardare il dito, la luna lo farebbe impallidire.
Tutto qui.
Fargli notare la realtà e quindi appunto i fatti, non è supponenza né essere neoliberista ma semplicemente onestà nei suoi confronti e soprattutto rispetto degli altri lettori.
Quindi continuerò a evidenziare la realtà e i fatti, perché i fatti e la matematica non sono un’opinione e non sono tirabili come le coperte e avvolgibili come le bende sugli occhi a seconda del paradigma.
Quando, infine, Bosisio, dice che lo etichetto come grillino, era un complimento perché se manipola i fatti, ha queste idee che poggiano su fondamenta un po’ troppo bislacche, e non è un fideista grillino è pure peggio.
I grillismo sta facendo un danno enorme in termini sociali ancor più che economici: Siamo arrivati al punto in cui tutti possono dire la loro pur non sapendo.
L’Economia è una faccenda complicata anche per gli economisti, non sarebbe meglio, visti i risultati, che Bosisio torni a occuparsi della sua beneamata ex-Leuci?
IL BUONO DELLE TASSE E IL BRUTTO DEL TAX FREE DAY
“Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l’istruzione e l’ambiente”.
Lo disse, quasi 10 anni fa, una persona per bene, che si chiamava Tommaso Padoa-Schioppa.
E’ più scomoda e oggi come oggi, rivoluzionaria. Rivoluzionaria e inascoltata. Non messa in pratica dai più, ignorata dal resto degl’italiani. Se tutti pagassero quello che devono pagare, starebbero meglio i tanti che stanno peggio. Padoa Schioppa aveva ragione. Ha ragione. Ebbe torto nell’esprimersi con schietto realismo in un Paese dove il realismo è sconosciuto e gli schietti quasi.
Un Paese in cui molti pensano che la cosa pubblica sia di tutti, e però a mantenerla non tutti si debbano sentire chiamati. Un Paese d’individualisti ostili al collettivismo, salvo che nelle circostanze in cui serva alla loro individualità.
Mi vengono sempre in mente queste parole dell’ex Ministro, ogni qual volta leggo di classifiche sulle tasse, lamenti sull’entità e quell’orribile imperituro e diseducativo grido del tax free day nazionale che in questi giorni sta riempiendo le pagine dei giornali tra una notizia di calciomercato e una di sfruttamento e morte di lavoratori stranieri.
Per la Provincia di Lecco si legge che le piccole imprese del territorio hanno, fino al 4 agosto, “sgobbato solo per pagare le tasse”. Li sentite tutti, i vostri gli oohhh!!! di lamento e indignazione? Perché è inutile far finta, è questo lo scopo primo di queste classifiche, di queste notizie. Far montare l’indignazione. Destano molta meno attenzione invece i dati della Guardia di Finanza.
Non voglio arrivare al punto di ricordare i 150 miliardi di euro di evasione, annui, in Italia. Mi limito a due sottolineature. La prima è che la Gdf di Lecco ogni, anno, tutti gli anni, fa un elenco impietoso delle evasioni e “dimenticanze” dei contribuenti privati e giuridici, solo ultimo anno la scoperta di 84 evasori per oltre 58 milioni di euro
La seconda cui tengo di più è che sarebbe ora di ri-cominciare a ritenere in primis le Tasse lo strumento che lo Stato e l’Ente pubblico in generale ha per ridistribuire la ricchezza ed erogare i servizi.
Siamo favorevoli, per chi ha un ordinario senso civico, nel ritenere corretto che più alto è il reddito prodotto, proporzionale (progressiva) deve essere la tassazione? Nei Paesi scandinavi la tassazione è di gran lunga più elevata, per fare degli esempi.
Da qui allora proviamo ad andare oltre: riteniamo che i servizi erogati, siano adeguati? Se non ci soddisfano, ed a me non soddisfano, forse dobbiamo lamentarci di questo. Che non è la stessa cosa di “Torchiati. Tartassati e spremuti”.
LO SPREAD DELLA CONVENIENZA GRILLOLEGHISTA
Fiore un errore così bello che sarebbe stato uno sbaglio non commetterlo
Una pizzeria che è nata inizialmente più come spilla per il bavero di pochi che stella per la navigazione di molti.
È stata questa, per me, la gestazione di quel Progetto, di quella Pizzeria che dal nome Wall Street oggi, da un anno, ci siamo abituati a chiamare Fiore.
Oggi, possiamo e dobbiamo domandarci se, per la Città, è positivo o negativo che ci sia, a Lecco, una “Pizzeria della Legalità”. E, se proprio si vuole, anche domandarci se una Pizzeria della legalità come Fiore, favorisce o non favorisce l’amministrazione Comunale che in quella spilla sul bavero, anche in modo pasticciato ha contribuito che si concretizzasse.
Mi sono risposto perché non credo ci si possa accontentare di ritenerle un arrocco di opposti estremismi, i complottisti e i giustizialisti.
Rispondersi è innanzitutto un invito alla temperanza, al ragionamento riflessivo e pacato, evitando accuratamente di ritenersi depositari di giudizi, di verità immodificabili con obbligo di accettazione per gli altri.
Sono fermamente convinto che oggi, a un anno di distanza dall’inaugurazione, piuttosto che raccontarci solo come si è arrivati a questo Progetto e restare attaccati al passato è meglio entrare nella sostanza della questione, della reale valenza di una risposta e della crescita e futuro di un Progetto come quello della Pizzeria della Legalità, visto che la questione è sostanziosissima e dovrebbe costringere ogni Lecchese a chiedersi: “da che parte stare?”.
Dove la parte non è dove sta o non sta il sindaco e la sua Giunta, ma dove sta la Pizzeria, dove stiamo noi.
Anche ora che i numeri economici e di fiducia sono molto positivi, che lavoratori con abilità diverse sono stati assunti, ora che si fa formazione e si lavora con il reparto di Salute Mentale dell’Ospedale, ora che le iniziative culturali stanno iniziando ad essere promosse, conosciute e frequentate, che la Legalità per alcuni è ancora più una spilla per il bavero che una stella per la navigazione, la risposta che mi sono dato alla prima domanda: “Oggi, per la Città, è positivo o negativo che ci sia una “Pizzeria della Legalità” a Lecco?” E’ totalmente e convintamente positiva.
Ad un anno di distanza è molto meglio aperta che ancora chiusa.
E quindi è bene sostenerla, viverla, promuoverla e pure animarla, per chi può. Cultura, gioco, ricerca, interazioni. Questo per aumentare gli incontri, i confronti più che gli scontri. Anche dagli impasti sbagliati possono nascere ricette di qualità. A volte è una questione di lieviti, il più delle volte, però, di cuochi.
La Pizzeria Fiore è un errore così bello che sarebbe stato uno sbaglio non commetterlo.