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LA CRISI DEI PICCOLI NEGOZI DI PROSSIMITA’

 Cara Provincia,

l’evidenza che, con merito, state dando alla crisi dei piccoli negozi “di prossimità” che da tempo sta colpendo la periferia dell’agglomerato urbano cittadino – penso ai quartieri di Lecco, ai piccoli comuni valsassinesi e della valle san martino in primis – merita oltre appunto che una segnalazione e una denuncia anche delle possibili soluzioni. Non mi sottraggo quindi insieme a una necessaria premessa La GDO, la grande distribuzione, con la sua voracità territoriale e l’impatto omologante sugli stili di vita è il modello principe – insieme alle banche – nel rappresentare bene l’ingordigia e le distorsioni del nostro mondo opulento. Qual’è, di norma, uno dei motivi scatenanti per il successo di queste strutture? Cosa spinge masse autome ad affollare strade per riversarvisi? La ricerca della qualità? La varietà? O più prosaicamente l’abbaglio dei prezzi? Io dico che è il prezzo..

Abbassando in modo evidente il prezzo – il più delle volte non significa per nulla un significativo minor costo del prodotto, ma semplicemente una maggior evidenza di quello esposto – si inducono i consumatori ad acquistare ciò che si desidera che essi acquistino. La GDO non consente, infatti, grandi risparmi, ma comunica una sensazione: si sta facendo un affare.  Si sta fregando qualcuno.  Nei supermercati si ha poi la sensazione di disporre di una miriade di oggetti, che nei fatti, mai compreremo. Ma l’obiettivo è raggiunto. Il “senso critico” del consumatore va a farsi benedire paralizzato dalla proposta di “un’occasione eccezionale”.  Imperdibile. Ecco è qui che dovrebbe intervenire la nostra forza di cittadini consapevoli.  E’ da qui, quindi, secondo me che dobbiamo partire per salvare i quartieri, la vita delle periferie e dei piccoli comuni che rischiano altrimenti di spopolarsi e cioè che chi vi ci abita – e chi li amministra – faccia la propria parte. Bisogna evitare che si spengano e si chiudano come l’ultimo negozio ormai divorato dalla concorrenza impari dell’iper. Bisogna creare relazioni sociali stabili. Per questo propongo di istituire in queste realtà di vita quotidiana Gruppi di acquisto solidale – i GAS – una struttura, quindi, alternativa ai soliti canali distributivi oggi appunto dominati dai grandi centri commerciali. Con un vantaggio: questi progetti creano esperienze di autogestione tra eguali.  Il GAS diventa un bene comune, collettivo che necessita di tempo stabile, strutturato e condiviso. Che necessita di partecipazione. Queste realtà di acquisto collettivo dal produttore, andrebbero a rispondere non solo a problemi locali e svolgere un servizio sociale che dovrebbe essere incoraggiato dalle amministrazioni comunali. L’autogestione collettiva dei propri bisogni costa e non è facile. E’ più semplice e “conveniente” mettersi in una posizione subordinata, accettare gerarchie, che stare assieme e decidere insieme. Decidere insieme cosa produrre e come e cosa consumare. E’ meglio trovare deciso tutto da qualcun altro. Ed essere solo esecutori. Restando soffocati dalle decisioni di altri. Condividendo la spesa, gli acquisti dei generi alimentari, per la casa, sostenendo, dove possibile, prodotti e produttori locali, azzerando, il più delle volte, intermediari e ricariche di prezzo, controllando la filiera di ciò che mangiamo e ciò che compriamo, in termine di costi e di qualità probabilmente permetterà di salvare e di rivitalizzare non solo il quartiere, la comunità, ma anche la socialità, l’economia del territorio. In fondo basta poco: un piccolo locale, partecipazione tra eguali, volontà e consapevolezza del proprio valore. Il resto lo si creerà con il tempo, quel tempo che oggi, con l’ultima saracinesca abbassata ci vogliono togliere. 

Lecco 3 gennaio 2007  – pubblicata il 6 gennaio la provincia

IL PONTE BAILEY

  

la prima foto è il Ponte Bailey Km 3.650, vista aerea.  fotografato tappa giro italia Caprera Maddalena 

Il vantaggio di conoscere persone professionalmente water slides for sale competenti nel settore della viabilità permette di non fermarsi alla sola soluzione che i vari assessori dei lavori pubblici ci propinano come indispensabile e unica. Io ho la fortuna di conoscere e poter chiedere spiegazioni, pareri, idee a un geografo che non ha interessi di parte. Un professore con competenze e senso civico. Gli ho chiesto quindi un parere sul nuovo Ponte Calolziocorte Olginate in costruzione che devasterà risparmi e ambiente pubblico.

Mi ha invitato solo a fare una ricerca in internet alla voce: “Ponte Bailey”. Non vorrei travisare ma si scoprono cose interessanti. E da qui vorrei partire. Ammesso e non concesso – e sottolineo non concesso – che il nuovo Ponte Calolzio/Olginate è un`opera utile e necessaria è bene capire se (al di là dello studio sull`impatto ambientale che non era nemmeno stato preventivamente fatto) la soluzione di una colata di cemento permanente ed inverosimile, devastante per il Parco dell`Adda, con antenne tiranti alte decine di metri e l`esborso economico di decine di milioni di euri è, appunto, la soluzione migliore. Io credo di no. La soluzione migliore (messa da parte quella ottimale di non farlo) sembrerebbe essere quella di posizionare lì un Ponte Bailey. Chiedo quindi tramite questo spazio un parere pubblico all`Assessore Provinciale ai Lavori Pubblici, Volontè. Perché il Ponte Bailey (dal nome dell`ingegnere inglese Donald Bailey, inventore di un telaio metallico per ponti trasportabili e rapidamente montabili) il cosiddetto Ponte militare perché è, montato spesso dai militari del Genio, viene di norma posizionato per risolvere emergenze di collegamento quando necessita, sia per pedoni, autoveicoli e treni, un ripristino della viabilità con estrema urgenza. In poche settimane, con poche centinaia di migliaia di euri, e un impatto ambientale molto ma molto più basso di quello oggettivamente gravante con l`opera ora in programma, si otterrebbe lo stesso risultato di adeguamento viabilistico che tanto la Provincia sembra – anche alla cieca – rincorrere. — (se vuoi leggere anche il resto, continua qui) >