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GIOCO DEL LOTTO: TASSA SULLA POVERTA’

Il mese di maggio è, a livello fiscale, il mese principe della compilazione e presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Anche per questo, vorrei condividere con voi la considerazione secondo cui dovrebbe passare meno inosservata la tassa sulla povertà che i governi – di tutti i colori – appioppano al contribuente, solo in parte consapevole e comunque non per questo legittima. Stiamo parlando della tassa sui giochi pubblici e in particolare del gioco del Lotto.

 

Quintino Sella – o qualche altro avo della Patria – chiamava il Lotto che fu istituzionalizzato proprio con la nascita del Regno d’Italia: la tassa sugli “allocchi”. E davvero nell’Ottocento, ai tempi in cui non esisteva ancora l’imposta sui redditi, il Lotto era una delle principali entrate dello Stato, con cui si finanziavano guerre, imprese coloniali e innumerevoli altre glorie patrie. Per vari motivi, oggi, trarre il grosso del gettito fiscale dai redditi (Unico, 730 ) o dai consumi (Iva) appare difficilmente realizzabile.
Anche in queste settimane, come in tutte le altre, questa imposta sta mietendo vittime o potenziali tali. Non si può nascondere infatti che la caccia al ritardo cronico di alcuni numeri stia creando, in maniera più o meno carsica, difficoltà economiche ai giocatori.

Tutto questo è legittimo? Tutto questo è inevitabile?

Ci sono diversi numeri che periodicamente ritardano per decine e decine – anche centinaia – di estrazioni e lo scommettitore li rincorre. Di fronte a tale situazione dovremmo chiederci se sia lecito che uno Stato porti sul lastrico – incentivando il gioco d’azzardo – molte famiglie. Non potendo saltare delle estrazioni, e poiché l’inseguimento del ritardo comporta un “automatico” continuo rialzo della puntata – si vince 11 volte la somma spesa – per poter compensare quelle precedentemente giocate che non hanno portato risultati, i giocatori investono spesso interi stipendi. Inoltre le giocate/estrazioni si effettuano 3 volte la settimana non una volta al mese e quindi questa continua necessità di rialzo del denaro puntato comporta per molti uno scompenso finanziario. Giocatori che si indebitano, che chiedono prestiti alle banche od alle finanziarie – tenete d’occhio i dati e le pubblicità del cosiddetto prestito al consumo (ne parleremo) – ormai non sono più casi isolati.
 

 

Il giocatore “tipo”

Se aggiungiamo che i maggiori e più assidui giocatori sono componenti dei ceti a basso reddito, è o non è il Gioco del Lotto una tassa sulla povertà? Si può dire che si è passati dalle tasse imposte all’autotassazione. Alcune cifre con numeri ufficiali – da non giocare – sono utili per comprendere ancora maggiormente la portata del problema: 35,2 miliardi di euro sono la somma spesa per il 2006, con un incremento del 23,7% sull’anno precedente. L’Erario ha avuto un introito di 6,7 miliardi nel 2006, con un incremento di oltre il 9% sul 2005 dai giochi Pubblici.

Lo Stato conta di poter fidare su una folla di volontari, che spontaneamente trasferiscano i loro tesori miserandi nel tesoro dello Stato e per questo Lotto, Superenalotti e lotterie, mai del tutto dismesse da governi rapaci e avidi di ogni singola briciola, ritornano al centro dell’attenzione e della propaganda, e si propongono come fonte primaria di gettito, su cui fondare interi programmi, opere, investimenti…. Resto convinto che la televisione e la stampa non dovrebbero pubblicizzare, bensì intraprendere campagne disincentivanti questo genere di “salasso”.

archivio: ESENZIONE ICI, se devo essere governato dal papa ridatemi de mita

Non vorrei sembrare ossessionato dal Vaticano. Ma mi sembra che il Vaticano stia diventando ossessionante. La verità è che mentre la situazione sociale ed economica sta riarrotolando, metro dopo metro, il tappeto del governo Berlusconi per riporlo nella soffitta della storia, restano scoperti, al freddo ed al gelo, vastissimi territori. E la chiesa li sta occupando tutti, direttamente o per interposta persona. E pensare che anni fa, da giovane, ero convinto che l’ Italia, un giorno o l’altro, si sarebbe svegliata senza Dc e governata dalla sinistra. Mi avessero detto che ci saremmo svegliati senza Dc e governati dal papa, forse avrei deciso di tenermi De Mita.

Eppure ogni volta mi stupisco.
Oggi per l’esenzione totale al pagamento dell’ICI per tutti gli immobili anche paracommerciali della Chiesa. Per giunta gli argomenti che leggo anche su Merateonline che vengono portati in difesa a me paiono totalmente deboli.
Malgrado l’alto pronunciamento dell’avvocatura della Curia e del lettore Giovanni Corno.
Una sfilza di articoli di Legge, una sfilza di distinguo e di precisazioni:”Gli immobili esenti dall’ICI sono quelli destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive” .Cioè quasi tutto tranne le salumerie.
Nessuno che si sia spinto in cima alla Legge, a ritroso lungo un discorso politico e coerente, ma ci si è fermati, io credo per interesse, al mero lavoro contabile. Perchè, infatti, nessuno si pronuncia se sia giusto o no esentare la Chiesa cattolica dal pagare l’ICI?
E’ questo, d`altronde, l’asse portante della Legge. Perchè qualcuno è più uguale degli altri? Perchè anche quelle strutture paracommerciali che fanno profitti e affari materiali – penso alle scuole cattoliche penso alle cliniche private “ debbono a differenza di tutti gli altri cittadini: imprenditori, esercenti, famiglie non pagare una Tassa?
Ed è una bella differenza, anche per le casse dei comuni che bisogna spiegare come recupereranno queste mancate entrate (diminuiranno i servizi o aumenteranno l’ICI a chi è obbligato a pagarla?).
I soldi dell’8×1000 dell’Irpef, infine, anche quando non indicato dal contribuente vanno già ampiamente alla chiesa. Milioni di euri. Ma l’avvocatura della Curia, il signor Corno non se le pongono. Mi permetto di porle io perchè: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, scrive il Vangelo di Giovanni (Giovanni 8,32).

9ottobre2005

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