Il mese di maggio è, a livello fiscale, il mese principe della compilazione e presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Anche per questo, vorrei condividere con voi la considerazione secondo cui dovrebbe passare meno inosservata la tassa sulla povertà che i governi – di tutti i colori – appioppano al contribuente, solo in parte consapevole e comunque non per questo legittima. Stiamo parlando della tassa sui giochi pubblici e in particolare del gioco del Lotto.
Quintino Sella – o qualche altro avo della Patria – chiamava il Lotto che fu istituzionalizzato proprio con la nascita del Regno d’Italia: la tassa sugli “allocchi”. E davvero nell’Ottocento, ai tempi in cui non esisteva ancora l’imposta sui redditi, il Lotto era una delle principali entrate dello Stato, con cui si finanziavano guerre, imprese coloniali e innumerevoli altre glorie patrie. Per vari motivi, oggi, trarre il grosso del gettito fiscale dai redditi (Unico, 730 ) o dai consumi (Iva) appare difficilmente realizzabile.
Anche in queste settimane, come in tutte le altre, questa imposta sta mietendo vittime o potenziali tali. Non si può nascondere infatti che la caccia al ritardo cronico di alcuni numeri stia creando, in maniera più o meno carsica, difficoltà economiche ai giocatori.
Tutto questo è legittimo? Tutto questo è inevitabile?
Il giocatore “tipo”
Se aggiungiamo che i maggiori e più assidui giocatori sono componenti dei ceti a basso reddito, è o non è il Gioco del Lotto una tassa sulla povertà? Si può dire che si è passati dalle tasse imposte all’autotassazione. Alcune cifre con numeri ufficiali – da non giocare – sono utili per comprendere ancora maggiormente la portata del problema: 35,2 miliardi di euro sono la somma spesa per il 2006, con un incremento del 23,7% sull’anno precedente. L’Erario ha avuto un introito di 6,7 miliardi nel 2006, con un incremento di oltre il 9% sul 2005 dai giochi Pubblici.
Lo Stato conta di poter fidare su una folla di volontari, che spontaneamente trasferiscano i loro tesori miserandi nel tesoro dello Stato e per questo Lotto, Superenalotti e lotterie, mai del tutto dismesse da governi rapaci e avidi di ogni singola briciola, ritornano al centro dell’attenzione e della propaganda, e si propongono come fonte primaria di gettito, su cui fondare interi programmi, opere, investimenti…. Resto convinto che la televisione e la stampa non dovrebbero pubblicizzare, bensì intraprendere campagne disincentivanti questo genere di “salasso”.