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ARRENDIAMOCI ALLE BANCHE. AVANTI LA PROSSIMA

Arrendiamoci alle banche. Avanti la Prossima

 

Credo che bisogna proprio arrendersi alle Banche, ai loro trucchi e giochi di specchietti. Hai voglia a provare a spiegare al risparmiatore che 9 volte su 10 i suoi interessi non coincidono, per nulla, con quelli della Banca che gli vende un qualsiasi prodotto finanziario e che, malgrado ampi e aggiornatissimi programmi di controllo dei clienti e delle loro esposizioni debitorie su tutto il sistema, le Banche continuano, irragionevolmente, ad applicare tassi altissimi sul denaro prestato benché coperto da garanzie reali (anche il 20-25%).

No bisogna arrendersi perché le Banche sono abili a creare diversivi che fanno alzare in piedi tutti ad applaudire. E’ notizia di oggi, riportata su quasi tutta la stampa, che il secondo gruppo bancario italiano – Intesa San Paolo – aprirà la prima banca europea dedicata al sociale con il nome di: Banca Prossima. Non si legge, nemmeno come refuso, un minimo dubbio, una segnalazione di critica a questa operazione di marketing che dovrebbe far riflettere, i cittadini in genere e ancor più le realtà del Terzo settore.

Innanzitutto non è vero che è la prima banca con queste caratteristiche. In Italia, per es., c’è da quasi 10 anni una realtà creditizia che ha fatto e sta facendo scuola in questo settore e cioè Banca Etica, in Europa c’è pure una Federazione delle Banche Etiche ed Alternative (FEBEA).

Ma cosa si legge sulla stampa, che dimostra da sola l’ipocrisia di questo progetto? Tutti riportano la visione del Presidente della Banca IntesaSanpaolo, il prof. Giovanni Bazoli, che convinto di auto affiggersi una medaglia al merito evidenzia, invece, l’ipocrisia del progetto. Dice infatti: “le banche sono soggetti speciali che hanno il dovere di far crescere intorno a sé un’economia sostenibile”, qui allora dobbiamo capirci e provare a fare un poco di mente locale e vedere che per esempio SanPaolo è stato quest’anno il primo soggetto finanziario implicato nel mercato – legale – delle armi e quindi iscritto nella lista delle “Banche armate” ma soprattutto è partner economico e di capitali con Finmeccanica che non vende cioccolata. Inoltre Intesa nell’ottobre 2004 ha transato, cioè pagato, alla new Parmalat qualcosa come 160 milioni di euro per togliersi dai processi che la minacciavano. Poi il Gruppo è, come moltissimi altri, operatore qualificato con sedi e succursali nei Paradisi fiscali, sanzionato dalle autorità americane per scarso controllo sui fondi e trasnazioni passibili di ricciclaggio terrorista e direttamente – per conto dei clienti – IntesaSanpaolo specula sui mercati dei cambi e dei titoli col solo obiettivo di fare soldi.

Bazoli non contento continua convinto di fare bella figura, certo che nessuno in sala stampa lo contraddirà quando afferma: “C’è spazio per iniziative bancarie che non hanno come unico scopo il profitto ma combattere la povertà. Esiste un altro volto del capitalismo finanziario”. Bene, alzo la mano e domando cosa voglia dire questo nella pratica. Azzardo: per caso non intendeva dire che per Intesa il principale business è il profitto (senza guardare in faccia nessuno) e che continuerà a farlo? Qual è poi il principale volto del capitalismo finanziario? Quello che ha come Banca Prossima un patrimonio di 120 milioni di euro o la capogruppo IntesaSanpaolo che di soli utili nel primo semestre ne ha fatti di euro oltre 4 miliardi? O che solo di stock option l’ad Corrado Passera, nel 2006, ne ha incassati 25 milioni?

Suvvia non prendiamoci in giro e ricordiamo che sebbene abbia furbescamente scelto di non distribuire gli utili ai propri soci, Banca Prossima questi utili li guadagnerà – con tutta evidenza – sottraendo risorse ai più poveri e meno solvibili dei propri clienti che più di altri pagheranno caro operazioni e denaro preso in prestito. Ancora una volta il ricco si fa bello con i soldi degli impoveriti che gli pagano anche lo spot pubblicitario. Un’altra redistribuzione all’incontrario. E si sentono solo applausi. Roba da matti.

Paolo Trezzi – Centro Khorakhané Lecco, ugomoi@libero.it

1 novembre 2007

http://appuntifinanziari.splinder.com/tag/intesa-sanpaolo?from=10

IO NON CI STO CAPENDO PIU NULLA

Cara Finansol.it /cara Criticamente
ho letto la notizia del tuo sito: “IntesaSanpaolo ha annunciato di uscire dalle Banche Armate”. Bella notizia. Ma è anche vera? Io non ci sto capendo più nulla.

Sarà che la testa mi rimbomba da settimane con la pubblicità palese e nascosta del lancio della nuova 500. L’auto dell’Italia! Però strano, la fanno in Polonia.

Su una moltitudine di siti internet – anche questo – viene appunto riportata la notizia che IntesaSanPaolo esce dalla Banche Armate. Non capisco se è cambiato il prodotto, ma sono ancora di fronte al marketing. In questo caso dobbiamo, insieme, applaudire i creativi della banca. Io sono dell’idea, infatti, che sarebbe meglio che questi annunci non trovino spazi così ridondanti ed acritici.

Per più motivi: il primo più semplice è che sono soprattutto pubblicità gratuita (anche perchè non vi pagano) ad una banca che è l’emblema della finanziarizzazione dell’economia, di un’economia altra alla nostra.
Il secondo proprio perché ha scopo pubblicitario sarebbe utile verificare la notizia, non vuole essere un paradosso ma la segnalo, in altre parole, dopo che questo pronunciamento si è verificato, mi sembra che non sia la prima volta, infatti, che le banche dicano una cosa e ne facciano altre su questo tema delle armi: (Intesa, Unicredit, BPMilano…)
Il terzo è che la Legge 185 – che resta una buona Legge – ha così tante scappatoie che non è verificabile totalmente se l’enunciato è poi stato rispettato. Mi sembra di non dire cose così nuove: lo stesso Gianni Caligaris del Cda di Banca Etica o il Presidente delegittimato di BPM (Mazzotta) convengono su questo, sebbene loro lo strumentalizzino per ridurre l’aspetto negativo della presenza di BPM, socia di Banca Etica, in questa lista.
Non so se è possibile nascondere la presenza facendo concludere l’affare attraverso un conto aperto su una banca estera partecipata del gruppo: in Cina, Turchia, Russia, Albania o Croazia o sia sufficiente concordarsi con un’altra Banca per girare a Lei l’affare in cambio di un intervento di quest’ultima in altre proprie operazioni contabili/finanziarie. Ma so invece che una settimana prima dell’annuncio di IntesaSanpaolo, anche questo sito ha riportato come la controllata Caboto SIM abbia per ragioni di regolamenti dovuto segnalare alla Borsa che il Gruppo Intesa ha partecipazioni e rapporti finanziari con realtà che delle armi hanno fatto un business fiorente. Finmeccanica in primis, Unicredit…
Allora a questo punto mi pongo e pongo 2 domande: è reale che una Banca delle dimensioni di IntesaSanpaolo possa troncare i rapporti con queste realtà? Cioè, in altre parole, uscire dalla banche armate non significa o dovrebbe significare non avere rapporti, di nessun genere, (conti correnti, garanzie/pegni, depositi, azioni, obbligazioni, bonifici…) con queste realtà? Ma soprattutto non è forse il caso di non legittimare – armata o non armata – una banca tradizionale essenza tentacolare della finanza dove il profitto è al primo posto? Non è il caso, vale la pena ribadirlo, di cogliere l’occasione per rilanciare la reale sfida di un uso alternativo del denaro, che non può proprio essere conciliante con questo modello di sviluppo, con questo tipo di banche che, oltre alle armi giocano con la speculazione, con i cambi, con i paradisi fiscali, con il capovolgimento della redistribuzione del capitale/reddito dal povero al ricco (pensiamo al credito al consumo), con le stock options milionarie dei manager, con la precarizzazione e sfruttamento del lavoro? Che sono impregnate della religione del massimo profitto a tutti i costi… che sono in due parole: finanza e non economia?
Perché altrimenti, banalmente, hanno ragione IntesaSanpaolo o Nestlè (armate o non armate che siano). Loro credo senza difficoltà indirizzano più danari alle cause sociali, ai produttori del sud del mondo che tutta la finanza etica ed il commercio equo messi assieme. La Banca Prossima (la banca “etica” di Intesa) ha già 40.000 clienti e notevolmente più danari di tutti.
La Nestlè con il suo caffé equo anche se riconosce solo il 10% dei proventi ai propri produttori contro il 20% di quello delle Botteghe, vendendone il 300% in più dà, di fatto, più danari agli impoveriti.
Dobbiamo rilanciare la sfida di un uso alternativo del danaro con azioni di coinvolgimento diretto, di prossimità, di tangibile esempio che il danaro non è lo sterco del demonio che deve (e può) essere benedetto dalla sola parola etica (o: non armata) ma è etico – con o senza parola – proprio dall’uso alternativo che se ne fa di esso per disegnare/attrezzare nuovi sguardi e mettere a punto nuove mappe cognitive, nuove economie. Parlo di Mag, di Fondi Sociali di prossimità modello Le Piagge, di sostegno diretto alle cooperative, di Banchi comunali di Mutuo soccorso, di monete locali – e di tutto quello che sapremo inventare e sperimentare. Sono sempre più convinto che facendo questo nessuno riuscirà più a scipparci nulla (ne danari ne speranze). E allora si che vedremmo lo stupore che serve, quello di queste banche (armate o non armate) che non si spiegheranno come possiamo fare a meno di loro, come possiamo stare – volontariamente – fuori dal loro sistema.
Un Abbraccio, Paolo Trezzi (Lecco)

lettera aperta a tutti noi e a BE: IL MALE MINORE

zanotelliStasera ho acceso il computer, fatto un giro in internet, trovato la lettera di Padre Zanotelli.

Quella che, tra mille battaglie e mille impegni, ha dovuto scrivere al C.d.A di Banca Etica per esprimere tutto il suo disagio, tutta la sua presa di distanza dal comportamento di quest’ultima, rispetto alla riconfermata presenza di BPM – Banca Popolare di Milano – tra le banche armate. 

Le due Banche, come si sa, sono socie, e BE in questi mesi, non ha detto nulla, fatto nulla, se non promettere che in futuro BPM avrebbe reso trasparente il bilancio, coerente la propria condotta. 
Ma il troppo è troppo. E sebbene sia triste si sia lasciato, ancora una volta, che toccasse a Zanotelli dirlo, che si sia qui a parlarne solo perché lo ha scritto lui, e non invece per un sussulto di dignità, pretesa di verità e chiarezza venuta dal basso, è bene lo stesso unirsi a quel grido e ripetere che BE deve fare delle scelte. Inderogabili e imprescindibili, immediate e trasparenti. 
Perché non è più possibile vedere i soci e i partner di BE presenti nella Lista delle banche che sostengono il mercato di morte degli armamenti.

E queste scelte in primis sono: 

1) La non-accettazione di operazioni legate al commercio di armi. 

2) Il non-sostegno e utilizzo diretto e indiretto di paradisi fiscali. 

3) E, se proprio non è possibile altro, per lo meno, la commercializzazione nella gamma di proposte, da parte delle banche partner, dei soli fondi etici. 

Punti vincolanti, non negoziabili, questi. 

 

Oggi, infatti, assistiamo, delusi e quasi arresi, a percorsi che temporeggiano, giustificano alleanze con una banca armata. Ed in tutti questi anni, fatti a volte, forse meno del dovuto, ma fatti, di pressioni, di campagne e di insistenze, BE ha fatto finta di non capire. Di non sentire.

Ma ora basta. Se non c’è differenza tra BPM e BE, non c’è nemmeno ragione per continuare a tenere-mettere i soldi in BE. Se si comportano allo stesso modo BPM e BE, non si vede perché si dovrebbe far finta di continuare a pensare che si stia scegliendo qualcosa di diverso, differente, mettendoli in BE. Anzi, una scelta si può fare. Si può scegliere di togliere i soldi da BE. Pubblicamente. 

Se tutte le banche fanno affari sporchi, se questa è la logica ineluttabile (non è questo che sta dicendo BE con il suo comportamento?) è meglio andare con chi non fa finta di farli puliti. Almeno uno sa a chi s’accompagna. Si tolgono i soldi da BE perchè tra l’imitatore e l’originale si preferisce l’originale E a denti stretti, nell’amarezza si arriva a dire: “Good Bye BE”.

E fa nulla, anzi è utile che si apra la domanda che segue. 

“Se si tolgono i soldi da BE dove si mettono?”. 

In un mondo ideale non c’è accumulo, il denaro ha solo un valore di scambio non ha un valore in sé. Tutti hanno e solo quel che serve per vivere e non c’è questione da gestire. Ma questo non è un mondo ideale.

E dove mettere i soldi oggi potrebbe essere un gran bel punto da tornare a discutere assieme, su queste pagine magari, all’aperto e pubblico dominio. Dove si possono mettere i nostri denari? Va bene qualsiasi risposta. Vanno bene tutte. Tutte tranne una. Quella che vorrebbe Banca Etica come il male minore. Perché non è una risposta. Anzi. 

Il male minore è il peggiore dei mali. Perchè toglie la speranza, la prospettiva, ammazza il futuro. 
E’ il peggio del peggio. Nell’Apocalisse è scritto che i rigettati saranno i tiepidi, quelli che non sono stati né freddi né caldi. 

Anzi, forse proprio questa è la domanda a cui BE dovrebbe rispondere.

Che sia lei a dirci dove metterli ‘sti soldi, perchè è lei che ci ha fatto sognare, sperare, impegnare e adesso ha il dovere di dirci dove metterli. Dove metterli questi denari visto che da lei non si può, appunto perchè lei è il male minore e il male minore è il peggio che c’è. 
 
In attesa di risposta, 

cordialmente, 
Paolo Trezzi e Mariacarla Castagna – Centro Khorakhané Lecco 

LO STUPORE DELLO STUPORE la tutela del risparmio

Ogni volta che c’è un inganno (anche solo presumibile) perpetrato dalle banche – come abbiamo visto domenica sera nella trasmissione di Rai3 Report – quello che mi stupisce è lo stupore.

Non credo che sia per una mia deformazione professionale – lavoro nel settore – ma come si fa ancora a credere che le banche siano al servizio del cliente e, come nel caso denunciato nella trasmissione Report dei Derivati per la copertura del debito, delle imprese?

Ogni volta che succede un crack o lo si sfiora (vedasi i mutui e obbligazioni subprime) ci si stupisce di come sia stato possibile.

C’è un’ingenuità di maniera che non è più lecita, non è più lecita perché procura solo danni ai risparmiatori ed agli investitori.

La pubblicità di banche, di società finanziarie che danno prestiti come acqua fresca, di compagnie assicurative dovrebbero essere vietate. Bello quel tempo che le banche erano pubbliche ora le pressioni avrebbero credo maggiori risultati.

Ed invece eccoci qua imprenditori che non sanno – non possono sapere – se hanno sottoscritto uno strumento di tutela per la loro azienda o speculativo. Un cuscinetto o una ghigliottina.

Le banche con la loro smania di utili a tutti i costi stanno minando la solidità e la sicurezza delle famiglie e delle aziende. Le Associazioni dei consumatori o degli imprenditori dovrebbero allearsi perché altrimenti solo il più forte vince. E non sono loro

Non si può non dire, non scrivere e non far sapere, sempre, che gli interessi di banche e imprese/famiglie cozzano tra loro. Continua la lettura di LO STUPORE DELLO STUPORE la tutela del risparmio