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LETTI PER VOI (recensioni a perdere) 11

“Ve l’ho detto che sono l’Occidente, che volete da me?” W. Siti, Troppi paradisi

In questa festività del I Maggio ho appropriatamente letto Mal di lavoro (a cura di R. Curcio, Sensibili alle foglie, 2013).

Una raccolta di esperienze lavorative narrate da anonimi (poi vedremo perché) che descrive uno spaccato del mondo del lavoro in Italia all’alba del terzo millennio. Un testo che andrebbe fatto leggere a chi si occupa di politiche dell’occupazione e che asserisce ormai superata la lotta di classe (che invece prosegue incessantemente e unilateralmente, dall’alto verso il basso) e la dicotomia padroni/lavoratori e che insomma sono passati i tempi di Peppone e don Camillo, guardiamo al ‘futuro’, su…

Storie di ricatto, di rassegnazione, umiliazione, estrema sofferenza, perdita di dignità che andrebbero sovrapposte alle pacate immagini di politici, manager, economisti mentre spiegano sorridenti in tv come gira il mondo.

Questa forma di fascismo determinata dal dominio del capitale opprime le vite dei lavoratori non solo in ogni ora di ufficio e fabbrica ma anche ‘fuori orario’, opprime i loro corpi e le loro menti attraverso la costruzione di ‘immaginari’ funzionali all’antico scopo di estrarre quanto più possibile plusvalore dalla loro opera.

Non vi è settore economico che si sottragga a questa logica: grande distribuzione, call center, edilizia, servizi sociali… Le storie narrate testimoniano costantemente di un clima di paura, paura di non essere all’altezza, di non essere riconfermati, di perdere l’esigua forma di sostentamento che consente di sopravvivere in questa società dei consumi, insomma costante paura di rappresaglie (ecco la ragione dell’anonimato, poi si dice che viviamo in democrazia…).

In questo contesto ha gioco facile il padronato ad agitare l’arma del ricatto per ottenere ben oltre di quanto previsto dal contratto (quando c’è): ore straordinarie non pagate, sottomissione collaborativa, appartenenza forzata, fino a persuadere i malcapitati che l’azienda non ti paga: ti compra. Fino ad ottenere addirittura l’impunità per veri e propri crimini, come descrive la vicenda del lavoratore senegalese che non può denunciare il padrone che gli spezza il braccio ‘perché non obbediva’ in quanto nessun collega è disposto a testimoniare: l’imprenditore aveva minacciato tutti che se fosse partita la causa avrebbero perso lavoro e casa (che lui dava loro in affitto). Un caso emblematico di proprietà esclusiva, di ‘nuovo schiavismo’ che la giustizia ordinaria non riesce oggettivamente ad amministrare. Forse quel padrone andrebbe affidato a un tribunale del popolo e giudicato per educarne cento.

Laddove non viene inflitta direttamente sofferenza fisica troviamo infinite varianti di afflizione psichica. Casi limite? Non si direbbe stando alle statistiche che indicano un aumento del 310% fra il 2000 e il 2008 nell’uso di psicofarmaci, senza contare il ‘doping’ da cocaina. Il lavoro di questo ‘cantiere’ centra il problema, a mio parere, quando denuncia la tendenza a ‘medicalizzare’ i problemi del lavoratore, mentre nessuno si cura della patologia di questo modo di produzione. Centra il problema quando evidenzia che è una questione di autonarrazione, facendo l’esempio di Nicola Valentino che resiste al ricatto del direttore del carcere. I lavoratori dovrebbero prendere coscienza della loro ‘falsa coscienza’ per comprendere che non è naturale sorbirsi quotidianamente il vino cattivo della rassegnazione, che è questo modello di società che educa a star male. Personalmente ritengo l’inconscio, come dio, un’invenzione umana e considero la psicanalisi una superstizione, alla stregua delle religioni. Anche i bambini, con la loro logica stringente, non ancora corrotta da sovrastrutture, capiscono che è assurdo vivere per produrre e consumare. E’ assurdo perdere la salute per fare soldi e poi spendere quegli stessi soldi per curarsi. E’ assurdo vivere come se non si dovesse mai morire e poi morire come se non si fosse mai vissuto (cfr Dalai Lama).

Tuttavia qui siamo già oltre: contempliamo lo spettacolo di una generazione che mai (mai) potrà permettersi una casa, una famiglia, dei figli (i santi valori cattolici di destra).

Infine, un’ultima considerazione. C’è stato un periodo in cui questo modello di società è stato fortemente messo in discussione, ma grazie all’opera delle istituzioni repubblicane, di intelligence alleate, delle forze dell’ordine, carabinieri, Gen. Dalla Chiesa, forze democratiche, in primis il Pci, è stato possibile preservarlo e mantenerlo intatto per tramandarlo, nella sua versione modernizzata, alle nuove generazioni.

Kraus Davi

LETTI PER VOI (recensioni a perdere) 10

“Chi fa un rivoluzione a metà non fa altro che scavarsi la fossa” Louis Antoine de Saint-Just

In questo week end quaresimale ho letto Il grillo canta sempre al tramonto (chiarelettere, 2013).

Scritto sotto forma di dialogoi dell’antica Grecia, culla della civiltà, della democrazia e del pensiero occidentale, è un testo utile per capire qualcosa del MoVimento. Utile quanto chiedere all’oste se il suo vino è buono.

Tuttavia il lettore attento saprà cogliere interessanti spunti di riflessione.

I dialoganti sono l’anziano DF, neofita del MoVimento, e BG e GC, cofondatori dello stesso.

Si parte dall’elogio della disorganizzazione rispetto all’organizzazione esistente, premessa necessaria per spiegare la natura rivoluzionaria del progetto, ricorrendo anche a evidenti paradossi, esaltando il traffico di Bombay come quello di Napoli. Tutto il pensiero ‘nuovo’ che sta alla base dell’azione politica del MoVimento necessita di questa rimozione, del superamento del ‘vecchio’, qualunque esso sia, senza chiedersi se, benché ‘vecchio’, anche l’invenzione del semaforo abbia una sua utilità.

Il fatto che questo mondo fondato su valori e mezzi vecchi vada male, molto male, costituisce un formidabile volano per il pensiero nuovo, inedito. La gente è giustamente stanca di soffrire, vede tante ingiustizie, le paga sulla propria pelle, ed è aperta al cambiamento, finalmente. Il problema consiste nel guardarsi da chi offre facili soluzioni. E’ facile indicare il male, ciò che non va. Più difficile comprenderne le cause, separare il grano dal loglio, non buttare il bambino con l’acqua sporca, tanto per continuare con le metafore… Il salto logico dal “va tutto male” ergo “cambiamo tutto” è la forza degli argomenti per es. dei testimoni di Geova. Per loro ogni obiezione può essere facilmente confutata con l’accusa “allora vuoi perpetuare il vecchio!”

Premetto che la mia non è una critica volta a contenere gli eccessi rivoluzionari, a procedere per gradi, col riformismo, col moderatismo… niente affatto. Anzi, proprio perché ritengo necessaria per questa società un’autentica rivoluzione, mi dolgo delle prospettive che sembrano emergere dal ‘pensiero’ di questo nuovo fenomeno chiamato M5S.

Fra tante cazzate espresse, fra tazzine del caffè che ti salutano e cartelli stradali che ti riconoscono, in un barlume di lucido intervallo nella sua follia a un certo punto GC dice che il problema è la remunerazione selvaggia del capitale, come se il capitale potesse sopportare una remunerazione dolce, potesse sopportare regole. Al che l’altro, BG, ribatte che aveva già detto tutto Marx. Eh già… (cfr V. Rossi)

GC poi critica l’accumulo di ricchezze personali, dice che al massimo una persona dovrebbe avere 3 o 4 milioni. A parte che sulla cifra si può discutere, mi chiedo: cos’è, un auspicio? Oppure un punto qualificante del programma? E in questo caso, come si attua? Tanti Kulaki non consegnarono spontaneamente i latifondi. Zuckerberg, Murdoch, gli Stati Uniti non manifestano ostilità a questo progetto, ma anzi offrono mezzi, sostegno, ambasciatori… mah.

La decrescita, lavorare meno lavorare meglio, il reddito minimo (ma io porrei anche la questione del reddito massimo), la lotta agli sprechi, le energie rinnovabili, la democrazia diretta, assemblee telematiche che decidono del destino della collettività (si chiamano soviet): tutta musica per le mie orecchie. Ma davvero si pensa che questo paradiso in terra sia così a portata di mano, con un clic? I rapporti di forza rovesciati senza colpo ferire, gli oppressori che se vanno sconfitti e scornati allargando le braccia, dicendo “eh, è andata male”? Sorge il dubbio di un feroce, gattopardesco maquillage. Paragonabile all’operazione messa in campo dall’ufficio marketing del Vaticano, probabilmente dopo aver letto a pag. 136 che nessun papa si era ancora chiamato Francesco.  Nella società dell’immagine basta apparire in un certo modo per dare l’impressione del cambiamento, e per mantenere buoni tutti…

Ciò che maggiormente atterrisce è il messaggio di semplicità, la dicotomia facilità contro complessità. Lo stesso BG nei comizi urla che la politica, l’economia sono semplici. Un messaggio sbagliatissimo, soprattutto nei confronti dei più giovani. Fa venire i brividi, perché fa pensare alla malafede. Chi è più maturo sa che nella vita non c’è nulla di semplice: ogni impresa è impossibile o difficile. Ma ciò che è impossibile genera frustrazione e ciò che è difficile genera ansia. Ansia e frustrazione non sono comodi veicoli di propaganda. Perciò si punta sulla semplificazione dei problemi. Puro berlusconismo.

La panacea di tutti mali viene dunque individuata nella sacra “rete”, dove tutte le intelligenze si connetteranno per risolvere tutti i problemi, e vissero felici e contenti. Non disconosco certo l’utilità di internet, un mezzo davvero rivoluzionario, tuttavia rilevo che esso non serve a connettere intelligenze, ma informazioni, che possono essere più o meno intelligenti, più o meno giuste e attendibili, più o meno utili; e non mi si venga a dire che la ‘selezione’ la fa la rete stessa. Già sentita, come quella che il mercato premia il merito…

E se anche fosse, se anche internet realizzasse il mondo perfetto, quello del 100%, troverei quel posto un pessimo posto per vivere, un incubo. Un Truman Show dove ci si saluta cordialmente tutti quanti prima di andare al lavoro… ma vaffanculo!  Oppure, restando nell’ambito cinematografico, sarebbe come avere un figlio tipo quello di A.I. di Spielberg, un bambino buonissimo che obbedisce sempre e comunque… ribadisco: un incubo. Ricordo che lo stesso De André affermava che l’uomo un giorno grazie alla tecnologia potrà anche andare sulle stelle, ma certe domande, per fortuna, non smetterà mai di porsele. Lo stesso DF a pag. 71 solleva il problema, quello del mantenimento della propria individualità, l’indispensabile coltivazione dell’ecceità.

Non so voi, ma io ho terrore della superficialità. Internet è il trionfo della superficialità. Un’occhiata a wikipedia e pensi di sapere quanto serve circa un determinato argomento. GC sembra non nutrire lo stesso terrore, anzi. Sta crescendo una generazione che fa surfing sull’informazione, sulla cultura. Che resta in superficie, non approfondisce. Per approfondire non basta leggere il titolo di un articolo di giornale, ma l’intero articolo. Per studiare non basta leggere il bignami di wikipedia, ma leggere libri, tanti libri. Baricco (guarda caso spin doctor di Renzi) anni fa aveva analizzato il fenomeno di questa nuova specie animale (I barbari) che resta in superficie. Una generazione siffatta non può certo impensierire il potere e spiega benissimo l’epifenomeno Renzi: si avverte come nuovo qualcosa che in superficie appare tale, senza fare la fatica di approfondire, di ascoltare ciò che dice, e di capire che ciò che dice è vecchissimo.

La superficialità, la semplificazione dei problemi è evidente anche dall’approccio alla pornografia, con la rete che elimina i magnaccia, che fa il paio con l’eliminazione di sindacati. Via tutti gli intermediari ergo problemi risolti. Si accetta serenamente la mercificazione del sesso e lo sfruttamento del lavoro salariato, probabilmente con la scusa che ci sono sempre stati e quindi sempre ci saranno. Trovo tutto questo poco rivoluzionario dal punto di vista culturale.

A pag. 130 si preconizza l’eliminazione dell’intermediazione bancaria: se ho 50.000 euro da prestare vado su un sito e trovo chi ne necessita, ci si accorda sul tasso e affare fatto. Certo, certo… evitiamo di approfondire la valutazione del merito creditizio e della capacità di rimborso… restiamo in superficie e tanti auguri! Bestialità simili si leggono anche a proposito della salute: salvo casi gravi (bontà loro) disintermediamo anche i medici che tanti anni hanno sprecato sui libri e curiamoci su internet, scambiandoci pareri su sintomi e cure in appositi forum… brividi. Mi auguro che si tratti solo di provocazioni.

Mi auguro davvero che il mondo che verrà non sia una somma di algoritmi, che vellicano  i nostri gusti catalogati grazie a miliardi di “mi piace”. Non si può accontentare tutti, e il 100% non l’avrà mai nessuno. Chi dice il contrario mente, e illude. Si tratta di capire se questo fenomeno, nato probabilmente in buona fede, avrà davvero effetti rivoluzionari oppure fungerà da ultimo maquillage del potere, affinché tutto cambi perché nulla cambi, per travestire i soliti rapporti di forza per preservarli dalla crisi. Spiace scomodare sempre i soliti per le citazioni ma la rivoluzione non è un pranzo di gala, è un atto di violenza. Qui invece si dice che questa è una rivoluzione ma senza ghigliottina. Ecco perché fallirà.

Pococurante VM

LETTI PER VOI (recensioni a perdere) 9

In questo week end elettorale di ritorno dai seggi ho letto La solitudine dei lavoratori (G. Airaudo, Einaudi, 2012).

Un agile resoconto della vertenza Fiat ancora in corso raccontato con prosa piana e chiara (non sindacalese, insomma) da un rappresentante Fiom ora candidato alle politiche, impegnato a sostenere il progetto Ibc.

La tesi di fondo è che ogni forzatura, conflitto sollevato, disconoscimento delle conquiste passate dei lavoratori è un pretesto, da parte del ‘cattivo’ del libro (nominato sempre con la sigla Ad) per guadagnare tempo, per perseguire il progetto di trasferire altrove il core business dell’azienda e sganciarsi dal morente mercato automobilistico europeo.

Si passano in rassegna le vicende degli ultimi anni, i referendum ricattatori, i licenziamenti discriminatori, il mancato rispetto dei patti circa gli investimenti, la sovraesposizione mediatica dell’Ad che grazie all’inazione del governo, al defilarsi della proprietà (eredi Agnelli), assume un inaudito ruolo politico, e anche filosofico, imponendo la ‘sua’ visione del mondo. Una visione che poi non è ‘sua’, ma propria del sistema capitalistico. L’Ad non è cattivo (e qui veniamo al mio commento), è giusto. Fa molto bene il suo mestiere di padrone che consiste nel fare tutto ciò che gli si lascia fare, senza autolimitazioni. L’unica autolimitazione consentita, in quella logica, sarebbe il danno d’immagine al marchio Fiat determinato dall’antipatia dell’Ad presso l’opinione pubblica, ovvero i consumatori. Tuttavia evidentemente quel danno non viene valutato cruciale per l’andamento delle vendite (anzi magari qualche pirla si sente in sintonia viaggiando in Freemont e indossando maglioncini). La strategia dell’Ad sarebbe quindi di dimostrare l’ingovernabilità degli stabilimenti italiani (e dell’Italia tout court) per giustificare l’espatrio.

Si diceva, dunque, che l’Ad non è cattivo, ma fa il suo mestiere di nemico di classe; e lo fa bene, accanitamente. Tanto quanto specularmente dovrebbero essere accaniti nella difesa dei lavoratori i sindacati,che invece (con l’eccezione di Fiom e Cobas) risultano corrivi.

L’Ad ha ben compreso che il capitalismo in questa fase di declino mal si concilia con i diritti e la democrazia. Il capitalismo, come un qualunque prodotto industriale, segue le fasi che vanno dall’introduzione (rivoluzione industriale), sviluppo (fino alla metà del xx secolo), maturità (fine xx secolo, appena prima della globalizzazione) e declino (i tempi nostri). Le conquiste dei lavoratori sono un sottoprodotto della 2° fase, appena sopportabili nella 3°, ma inconciliabili con la 1° fase e la 4°, quella attuale. I nodi vengono al pettine, giù la maschera! Il vero volto del capitalismo è quello ‘cinese’, dello sfruttamento intensivo dei macchinari come delle persone, della mercificazione di diritti e dei sindacati, e anche delle regole (cfr pag. 42 accordi ‘segreti’ con il governo serbo). Le sentenze della magistratura vengono vissute come tradimento, lesa maestà, e le tangenti non sono altro che ‘commissioni’ (già sentita) per sviluppare gli affari; basta con questo tafazzismo tutto italiano!

A fronte di questa marcia ineluttabile del capitalismo verso il suo declino, appaiono inezie e stonano le lagnanze degli operai costretti a correre in mensa per riuscire a nutrirsi rispettando la pausa, preoccupati di ‘imbarcarsi’ se non reggono i nuovi ritmi alla catena. Sarà un mio limite ma non riesco a scorgere orgoglio e dignità umana nell’avvitare centinaia di bulloni dalla mattina alla sera; non mi sembrano Tempi moderni. Quel mondo del lavoro è un mondo destinato a scomparire, come le auto alimentate a derivati di petrolio.

Ne travaillez jamais stava scritto sui muri del maggio parigino.

La sfida è immaginare il mondo che necessariamente dovrà venire. Un mondo che, a mio parere, dovrà prescindere dalla mistica del lavoro, superando la credenza che il lavoro sia indispensabile per la dignità degli umani. Immaginare la via per affrancarsi e non dipendere da questo morente capitalismo. E per condannare i padroni alla solitudine.

Kraus Davi

COREA DEL NORD

Mi piacerebbe davvero che qualcuno che magari ci fosse stato, mi raccontasse qulcosa di questo “misterioso” paese.
Ho visto un filmato girato di nascosto che mi ha veramente incuriosito e impressionato.

Sicuramente non si possono trarre giudizi od opinioni sulla base di un filmato di pochi minuti, ma situramente può essere stimolante per serie riflessioni di natura sociale, umana, politica e non solo.