LETTI PER VOI (recensioni a perdere) 1

In questo week end repubblicano ho letto “odio gli indifferenti” (A. Gramsci, chiarelettere, 2011).

Raccolta di pezzi scritti durante il biennio ‘17/18 dall’autore che, imboscato grazie al suo fisico segaligno, si baloccava con pippe mentali intorno alla società italiana dell’epoca, mentre i suoi coetanei combattevano (e vincevano) la I guerra mondiale.

Ciò che impressiona maggiormente è constatare l’attualità dei mali italiani denunciati: sembra che quasi cent’anni siano passati invano. L’Italia di inizio secolo scorso era afflitta da una soffocante e ottusa burocrazia, dall’arroganza padronale (della Fiat per es.) che umilia la classe operaia, dal clero che inquina la vita pubblica ed economica con le sue scuole private, da una classe politica inetta e corrotta (terreno fertile per l’avvento del regime fascista). Addirittura la similitudine si spinge sul piano di quello che oggi chiamiamo gossip; le riviste, i libri e letture di allora erano pervase da trame sentimental amorose, oppure da truculente cronache di fatti di sangue. Niente di nuovo dunque sotto il sole.

Resta il dubbio di come sia stato possibile in un paese siffatto il concretizzarsi di una fase storica così speciale, eroica e così ‘poco italiana’ come la Resistenza. Forse la risposta risiede proprio nel seme gettato da intellettuali come Gramsci. Un seme che riesce a germogliare anche nei terreni più aridi e improbabili.

Ciò che può sorprendere nel pensiero di un comunista della primissima ora sono le sue venature liberali (a dispetto della quarta di copertina …). L’accenno compiaciuto alla libertà di parola all’Hyde Park, la difesa dell’indipendenza della magistratura con l’elogio a Ponzio Pilato, l’atteggiamento dialogico in parlamento nei confronti del duce e dei suoi tirapiedi …

Quest’ultimo punto credo meriti una riflessione, anche alla luce del recente ‘cambiamento di vento’ nella politica italiana.

Si stanno affermando personalità politiche come Pisapia, Zedda, che sembrano brave persone; e quel che è peggio è che probabilmente lo sono davvero! Passi per un’amministrazione a livello locale, ma a livello nazionale non credo che è di questo che abbiamo bisogno. Per uscire dal pantano, per inaugurare una fase davvero nuova, di trasformazione della società, non abbiamo bisogno di una classe politica very correct, dialogante con duci e ducetti, con toupé o maglioncini blu, perché il caso di Gramsci insegna poi come va a finire.

Con certa gente non si dialoga.

Occorre prendere coscienza di come stanno le cose a questo mondo, ovvero che esistono oppressi e oppressori. Che ci si schiera per gli uni o per gli altri (e non schierarsi equivale in tutto e per tutto schierarsi per gli oppressori). Che ogni scelta politica comporta un carico di sofferenza umana. Che non esiste un potere buono e pertanto una fase di autentica trasformazione della società richiede una classe politica di farabutti, spietati, canaglie, pronta a decisioni brutali.

Servono politici che non si lasciano commuovere dalla sofferenza di chi aveva tutto e poi, una volta privato del superfluo, crede di non avere più nulla. L’unica indifferenza accettabile, anzi auspicabile, sarà quella nei confronti del dolore di chi perde il potere di opprimere. Dolore determinato dall’indifferenza degli ex oppressi.

(recensione dell’ex Khorakhaneker Pococurante)

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