“A chi tocca non s’ingrugna” motto popolare
Stasera, datosi che coi primi freddi si va a letto presto (per risparmiare sul riscaldamento), si parla di…
narrazione
“Umanamente dispiace – esordisce Didone – mettetevi nei suoi panni: tutta una vita, e fino a pochi giorni fa, passata all’ombra del potere, sotto l’ombrello protettivo della Dc, di Cl, del Pdl. Poi all’improvviso resti solo: deve essere difficile da sopportare…”
“Il suo problema, e di tanti altri rottamati e rottamandi – spiega Deograzia – è la fede. Non in una religione, ma nella propria narrazione. Formigoni ci ha creduto. Si è raccontato che sarebbe sempre andata così, sempre meglio, sempre più in alto, come trasportato da un ascensore celestiale in grattacielo. Finché si trattava di raccontarsela, niente di male. La cosa grave è che ci ha creduto! Vanitas vanitatum..”
“Lo spettacolo miete molte vittime – aggiunge Dulcinea – non fa distinzioni; i carnefici divengono facilmente vittime, gli apprendisti stregoni si meravigliano se gli spiriti da essi stessi evocati sfuggono loro di mano…”
“A proposito di apprendisti e narrazione – interviene Dolores – è molto istruttivo il programma televisivo The apprentice. Mi ricorda quei soldati giapponesi che nella giungla continuavano a combattere senza nessuno che gli spiegasse che la guerra era finita (e persa). Quel sistema di ‘valori’ riaffermato nel programma, asseverato dalle intemerate del boss, è defunto quattro anni fa sotto le macerie della Lehman Brothers. Tuttavia si insiste a spacciare per virtù la capacità di vendere fuffa, si persevera nel raccontare la medesima favola ai giovani meno avveduti. Se invece che alle favole si fosse minimamente interessati alla realtà, si dovrebbe piuttosto dare un’occhiata alla sorte di altri ‘apprendisti’, quelli di Intesanpaolo…”
“Realtà, finzione – dice Diogene – chi ormai può distinguerli più? Viviamo immersi in una telenovela perpetua, illuminata dai bagliori di strabilianti colpi di scena (“non mi candido più!”). Una telenovela da gustarsi da spettatori, senza immedesimarsi nel ruolo che loro vogliono assegnarci: quello di elettori abbindolati.”
“La narrazione dipende dalla realtà e al tempo stesso la crea – filosofeggia Democrito – Film, fiction, romanzi, videoclip, spot, infotainment, pensiamo a quante e quali forme di spettacolo hanno influenzato ciò che siamo e ciò che ci circonda. Tutto un mondo che a sua volta ispira e dà spunto per altri film, altri romanzi, ecc. Il sistema colpisce quando abbassi le difese, quando sei rilassato, sul divano. Colpisce con le immagini e i racconti la corteccia cerebrale a tua insaputa, e resti condizionato per il resto della giornata, della settimana, della vita se non sei accorto. Tutto è finzione, si mente ovunque, spesso a fin di bene. Se si fosse sinceri fino in fondo, anche e soprattutto con se stessi, sarebbe la fine. Viviamo per raccontarcela, l’importante è non crederci. Solo la morte è sicura e reale (benché una certa agiografia voglia insinuare il dubbio, anzi la certezza, che non si muore mai)”
“E’ tanto importante cosa si racconta quanto chi racconta – asserisce Dafne – Non possiamo prescindere dalla natura dei detentori dei mezzi di produzione della narrazione. Le utopie non esistono, tutto è possibile se sai e puoi raccontare. Per es. Berlusconi, grazie all’impero mediatico che si è costruito, è riuscito a modellare la società italiana degli ultimi 30 anni sui suoi desiderata (e difetti). Ora il sistema che sostiene Monti ha convinto milioni di italiani che le politiche di rigore e austerity imposte dall’Europa siano necessarie e foriere di futuro (futuro remoto) benessere per la popolazione. Questo grazie al circuito massmediatico, con i titoli di testa dei tg, che per mesi ha martellato la popolazione stessa con quella tesi. Senza ricorrere a parolacce (es. capitalismo) ci hanno fatti diventare (quasi) tutti filo capitalisti. Sono convinta che basterebbero un paio di mesi a tambur battente di tg che strillano che il mercato ha fallito (peraltro con ampie pezze d’appoggio) e che in questa situazione di emergenza l’unica soluzione da adottare (per evitare la catastrofe!) è nazionalizzare banche, Fiat e ogni grossa azienda, pianificare l’economia con piani quinquennali, determinare i prezzi dei beni con decisioni politiche anziché attraverso l’incontro di domanda e offerta, e senza parolacce (comunismo) tutti (o quasi tutti) diventerebbero filo comunisti. Le utopie non esistono.”
Queste dunque le fiabe che si autoraccontano gli italiani prima della buonanotte, ché i sogni costano nulla…(prima che tassino anche quelli).
Pococurante VM