AVVISO DI INSURREZIONE parte V: l’emancipazione dei lavoratori

Lunghe file ieri sera fuori dalla ‘taverna dei cattivi operai’, pare dovute anche alla presenza di parecchi infiltrati della digos. Comunque mi sono presentato in tempo per ascoltare il Verbo dell’Alticcio:

“Innanzitutto mi corre l’obbligo di sgombrare il campo dal retropensiero, o retrointenzione (non trattandosi di una excusatio non petita, non avendomela chiesta nessuno …), relativamente alla citazione letteraria dell’altra sera circa il sospetto che si trattasse di un bieco espediente commerciale. Niente di più assolutamente lontano dal falso, innovando la grammatica marxista sanguinetiana non aliena alla negazione della negazione (memorabile il suo verso ‘non ho creduto in niente’). La politica editoriale non alienata del mio editore non prevede di fare dei libri una merce da scaffale, ma strumenti rivoluzionari. La cultura non è ontologicamente reazionaria o progressista, ma dipende dall’uso che se ne fa. Un libro di Hegel in mano a Marx diviene rivoluzionario. Un libro di Marx in mano a un editore alienato diviene prodotto da supermercato. Ho saputo fra l’altro che quel testo citato l’altra sera è oggetto di una campagna situazionista: pare che qualcuno, forse lo stesso autore, si introduca nelle maggiori librerie, fingendosi un normale cliente, per depositarne furtivamente una copia sugli scaffali attuando così un esproprio al contrario; e consentendo al contempo un esproprio proletario senza rischi a favore di chi lo trovasse e decidesse di appropriarsene senza passare dalla cassa: non c’è codice a barre né prezzo di copertina e non suonerebbe all’uscita l’allarme antitaccheggio. Guardatevi intorno la prossima volta che entrerete in una libreria. Secondo poi, lasciamo ai poveri di spirito, notoriamente dediti a ragionamenti secondo logica binaria, il dilemma se qui dibattiamo con espedienti letterari per scopi rivoluzionari o con espedienti rivoluzionari per scopi letterari. Come se una cosa escludesse l’altra. Come se ad un estremo ci fossero i secchioni, i topi di biblioteca, e all’altro estremo i violenti, analfabeti. Gli intellettuali non devono essere innocui: specchiarsi nell’autocompiacimento narcisistico è sterile; le armi delle critica non devono essere necessariamente disgiunte, in una fase avanzata, dalla critica delle armi. Il metodo soreliano è più rispondente alle nostre esigenze perché configura un’azione diretta insurrezionalista in contrapposizione all’organizzazione in partito combattente. Considerando oltretutto che il brand Br-pcc è un prodotto come un altro di questa società dello spettacolo, buono solo ad attirare boccaloni inadeguati alla nostra lotta. Siamo molto più scaltri, pragmatici, perspicaci ed efficaci dei brigatisti che si fanno beccare appena si muovono mentre noi – lo dico a beneficio anche della sbirraglia presente in sala – siamo imprendibili. In questa fase attuale non sottovalutiamo la forza dirompente, savianamente parlando, della parola. Intanto se non possiamo colpirli fisicamente, cerchiamo di ferirli nell’animo. Cerchiamo di far loro percepire quanto disprezzo suscitano in noi. Rendiamo la pariglia ai detentori del potere di questo sistema che causa ansie, angosce, depressione a precari e disoccupati e anche agli occupati meno avveduti, come se il problema fosse quello di restare aggrappati ad un lavoro purchessia. Domani saranno gli occupati a suscitare commiserazione e non i disoccupati come in questa società alienata, dove fa la differenza quella variabile convenzionalmente chiamata ‘denaro’. Il lavoro è sabotaggio della vita: sabotiamo il lavoro. L’emancipazione dei lavoratori sarà opera di loro stessi o non sarà.” Applaudirono convintamente anche gli agenti della digos.

DALLA FINE OSSERVAZIONE DI POCOCURANTE

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