CRESCI FINO A ZERO – lecco un bene comune da preservare

BOZZA DI UN PROGRAMMA AMMINISTRATIVO: IL PGT

e giovedì 18 febbraio Domenico Finiguerra a Lecco i dettagli QUI

(e QUI il contributo collaborativo al PGT di quando eravamo ancora  Khorakhané depositato in Comune 7/2008 e QUI quello del Comitato “BelPaese” che abbiamo contribuito a scrivere)

pgtIl Testo Unico degli Enti Locali (art.13) lo afferma chiaramente: spettano al Comune tutte le funzioni amministrative che riguardano l’assetto e l’utilizzo del territorio.

In realtà i Comuni e i loro Sindaci hanno abdicato, o sono stati destituiti, dal ruolo di gestori del territorio. Da almeno due decenni si assiste a politiche urbanistiche pensate e orientate non dalla competente autorità comunale, nell’interesse generale della collettività, bensì dai grandi operatori immobiliari che, ovviamente, perseguono i loro legittimi interessi privati. Come l’inchiesta “Lago ferito” sulla Provincia di Lecco in questi mesi ne è dimostrazione.

Dobbiamo invertire la rotta, dobbiamo immaginare e praticare una politica diversa. Politica che è risaputo, a livello locale, ruota tutt’intorno all’urbanistica, considerata la vera ciccia. Obiettivo, semplice e dichiarato: fermarci, far respirare la terra e lanciare un messaggio nuovo ed inequivocabile, anche agli altri comuni. Dare un segnale di speranza e dimostrare coi fatti che non è impossibile disegnare un Piano che non sia la traduzione delle aspettative del partito del cemento

Prendere atto per davvero che la Terra di Lecco è malata e cominciare a curarla, contribuendo ad un tentativo collettivo di mettere il tema del consumo di suolo in primo piano.

Abbiamo in mano un sassolino e lo dobbiamo lanciare nello stagno che cascando nell’acqua dice: “Stop al Consumo di Territorio”. Un obiettivo perseguito con un’azione concreta. Anzi, forse l’unica azione concreta possibile per un Comune: l’adozione di un PGT che punta all’azzeramento del consumo di suolo, che non prevede nuove aree di espansione urbanistica e che investe tutto sul recupero del patrimonio esistente, sulla promozione dell’agricoltura, del turismo sostenibile, e sulla valorizzazione del paesaggio ambientale e architettonico

Dire “Stop al consumo di territorio” è quindi adottare una pianificazione urbanistica che metta veramente in discussione la prassi dominante. Esaltare, far emergere, dimostrare le opportunità e i benefici, che la scelta di non consumare territorio può e crea. Non solo per l’ambiente, ma anche per il mondo che ruota attorno al cosiddetto mattone. Ad esempio, se invece di grandi e costosissime opere (tanti soldi necessari), si ipotizzano tante piccole opere pubbliche diffuse (tanto lavoro necessario) tendenti a riqualificare tutto il patrimonio immobiliare esistente sul territorio locale e nazionale, abbattendone i consumi energetici e riconvertendoli alle energie pulite e rinnovabili, e recuperare alla bellezza molti degli angoli del “bel paese” deturpati da ecomostri o scempi di varia natura, ci sarebbe probabilmente da lavorare, e per decenni, per tutte le imprese legate all’edilizia. Inoltre, così facendo, forse invertiremmo la rotta che sta portando Lecco e l’Italia, il più bel transatlantico da turismo, verso uno di quei cimiteri navali dove vengono lasciati a marcire vecchi gloriosi mercantili e arrugginite petroliere dismesse. E’ ora di restituire il maltolto ai cittadini.

Peraltro si tratta di una nuova concezione dell’amministrare che dovrebbe essere alla base anche degli elenchi annuali e piani triennali delle opere pubbliche della prossima Amministrazione. In questi strumenti di programmazione va data priorità non alle grandi opere di immagine ma alla manutenzione ordinaria/straordinaria dell’esistente (strade, verde pubblico, scuole pubbliche…) Attraverso le scelte urbanistiche di tutela dei cittadini e del territorio, della salute del suolo e della salute degli abitanti, si possono promuovere nel contempo l’agricoltura locale e la filiera corta, quindi non si acconsente all’apertura di nuovi grandi magazzini, si instaura un legame con le piccole aziende agricole e con i piccoli negozi di vicinato.

Se in luogo delle classiche lottizzazioni si preferisce il recupero dell’esistente, ci si allea con i piccoli artigiani locali, quelli in grado di recuperare una corte malandata o di restaurare un soffitto affrescato, una piccola casa, una piccola proprietà e finalmente si eviterà di stare con il cappello in mano davanti agli imprenditori voraci dell’immobile, esperti di interventi fatti con il classico stampino, tutti uguali, buoni a Lecco come a Palermo.

Per questo è ora che venga introdotto concretamente il principio di compensazione ecologica/ambientale preventiva del territorio, raggiungendo l’obiettivo di rendere obbligatorio, dovunque possibile, il riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate per far fronte ad ogni nuovo bisogno insediativo. Solo quando si dimostra che è inevitabile usare suolo libero, viene imposto l’obbligo di compensare la perdita di valore ambientale, ‘costruendo natura’ su una superficie doppia a quella consumata, rendendola fruibile alla comunità locale. La compensazione ecologica preventiva non ha ripercussioni negative sulle entrate dei Comuni perché si va ad aggiungere agli altri oneri già previsti dalle normative vigenti, allo scopo di scoraggiare il consumo di suolo libero.

In definitiva, ipotizzare, e soprattutto praticare una politica urbanistica e territoriale che metta in dubbio il principio della crescita infinita, porta inevitabilmente a definire nuove coordinate e a cercare un nuovo paradigma generale, un nuovo modello di sviluppo, in grado di (ri)orientare l’agire politico. A Lecco è tempo per l’approvazione del PGT a crescita zero.

Che a differenza delle passate amministrazioni deve avvenire attraverso la partecipazione attiva e continuativa dei cittadini. Lecco vive ancor oggi gli errori e talvolta anche gli orrori di una sbagliata pianificazione urbana degli anni ’80. Il nuovo PGT può quindi essere, e deve essere, l’occasione per lasciarsi del tutto dietro di noi quegli anni. E invertire la rotta. Si può (e si deve) fare!

E’ la realtà che si fa carico di questa evidenza.

Paolo Trezzi

Duccio Facchini

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