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L’ORGOGLIO BLUCELESTE I RIGORI SBAGLIATI E L’IPPICA DELL’ASSESSORE

manifestazione-orgoglio-bluceleste-gheza-battazza-valsecchiEra poi solo qualche grado di caldo fa.

Era sabato 18 giugno 2016, la via buona di Lecco vedeva 200 tifosi e 2 assessori in testa manifestare per l’orgoglio bluceleste. Corrado Valsecchi e Stefano Gheza

Corrado Valsecchi, con la maglietta ufficiale “difendiamo la nostra passione” cercava consensi e prometteva aiuti. Salveremo la Calcio Lecco, ed intanto i creditori pignoravano e mettevano all’asta pure le panchine degli spogliatoi e le sedie da 40 euro dell’ufficio.

Oggi, quell’orgoglio lecchese, quella passione, ha sbattuto la porta in faccia.  Alla città, l’assessore si è scansato. Ora fa la voce grossa, c’ha il cuore debole ma la voce è inutilmente di tuono. Ci si accorge che è come la Piazza Affari, proclamava ai quattro venti che sarebbe diventata l’arena delle Opere liriche, degli spettacoli circensi, degli eventoni e poi fan fatica a star dentro le macchine senza picchiare la carrozzeria.

Ancora una volta non è all’altezza dei sogni che millanta. Avrà sfiga o la porta?

Oggi, nuovamente saltan fuori, ormai come un mantra, l’importante credito che il Comune vanta nei confronti della società sportiva”.

I casi sono lì da vedere, o fai trattative per l’interesse collettivo, della Città, che dovrebbe essere proritario essendo un amministratore pubblico, o per qualche consenso elettorale futuro fai quello di 200 tifosi e una società privata che tutto bello, bella storia passata, gloriosa da vantarsi coi nipoti, ma ora è nei dilettanti da una vita, più o meno come l’Olginatese e il Ruera poggibonsi club.

Il Comune di Lecco da anni avanza un credito per passività pregresse di complessivi 140.000 euro, relative a utenze anticipate, mai riscosse e andate alla riscossione coattiva, compreso infruttuoso pignoramento, più altri 40.000 euro, per altre passività aggiuntive, sempre per utenze e cosa fa l’Assessore? Si mette la maglietta, parla quotidianamente per mesi con l’amministratore delegato e non si fa firmare nessuna fidejussione, nessuna garanzia, nessuna cambiale? Si accontenta della maglietta “difendiamo la nostra passione”? Era meglio darsi all’ippica che al calcio, lì ci sarebbe talento.

E l’Assessore al Patrimonio, Valsecchi cos’ha in mano? Un deposito cauzionale di ben 10.000 euro, previsto da anni dalla convenzione a garanzia dell’utilizzo dell’impianto sportivo.

La convenzione prevede una fidejussione di 50.000 euro ma solo a partire dal 14° anno di convenzione, a garanzia dell’annualità di affitto. Va ricordato che l’affitto non viene per ora corrisposto in quanto non ancora terminati i quattordici anni previsti a compensazione dei lavori effettuati nello Stadio come previsto appunto dalla convezione stipulata nel 2007.

Quindi non resta che invitare i due assessori – che van meglio in qualsiasi giunta di destra – a organizzare una nuova manifestazione dell’orgoglio bluceleste e mettere un bel contenitore di plexiglass lungo la via buona di Lecco e fargli versare, ai tifosi e a tutti quelli difendiamo la nostra passione”, le palanche, (che in fondo sono poche centinaia di euro a testa) altrimenti in quello stadio è meglio farci i Concerti, Opere liriche e spettacoli, una Multisala del Cinema o addirittura un semplice parcheggio.

Tutte cose più utili e meno dispendiose per la Città che qualche voto e qualche passione assessorile farlocca. 

Va bene che non tutti gli assessori in Giunta possono essere come Simona Piazza e Riccardo Mariani e alla prova dei fatti essere eccellenza, ma questi tirano uninfinità di calci di rigore sbagliati, a porta e portafoglio vuoto. E fan pure i fighi.

IL NUOVO LIBRO DI POCOCURANTE: AVVISO di INSURREZIONE

Introduzione

“Ciò che so fare al meglio è bere” diceva quel tale. “In vino veritas” diceva quell’altro. Uno spirito (nell’accezione di etanolo più che di aiteria) si aggira per le peggiori taverne d’Europa.

Quelle frequentate dal proletariato che sta abbandonando la falsa coscienza costruita dalla sovrastruttura spettacolare. Sovrastruttura che ha fin qui consentito che fosse ritenuto naturale un sistema economico fondato sullo sfruttamento, l’esclusione, la precarietà.

Sovrastruttura che ha fin qui celato la putrescenza della struttura. Sovrastruttura che ha fin qui alimentato e tenuto in piedi quegli eggregori che ben conosciamo, nei luoghi di lavoro, nei luoghi del ‘tempo libero’ …

Eggregori destinati a essere disarticolati da queste lectiones impartite da un vecchio ubriacone nel corso di dolci serate in taverna dopo una dura giornata di inebrianti crolli azionari.

Andate, e predicate al mondo ciance.

Pococurante (dicembre 2011)

leggete QUI le prime pagine

e se vi va potete chiederne copia a ugomoi@libero.it

oppure cercarlo in qualche libreria della vostra città, appoggiato ad uno scaffale come un esproprio all’incontrario. Lasciato lì come un book-crossing da prendere senza passare dalla cassa. Il più delle volte, almeno.

AVVISO DI INSURREZIONE parte XXIV: Non è un complotto

Intrigante serata ieri alla taverna dei cattivi bocconiani, dove il solito tizio stavolta era davvero fuori come un balcone avendo fatto indigestione di mon cheri

Salutiamo l’ex rettore, insediatosi alla guida del Belpaese. Colui che vanta il merito (e in questo già sta la sua ingenuità) di aver contribuito con la sua scuola per fighetti a forgiare la futura classe dirigente. Sappiamo bene che razza di gente è uscita da quelle aule…
Monti non è un innocente.

Che cos’è l’innocenza? Etimologicamente, la condizione di non nuocere. I bambini non sono innocenti. Se foste costretti a scegliere (costretti, senza terza alternativa) se affidare una pistola carica, con il colpo in canna, in un luogo affollato, la affidereste a un bambino di tre anni o a un killer professionista?
Non si può sempre spiegare il male col male. Per es. c’è chi si ostina a spiegare il male dell’attuale crisi economica con il male della finanza cattiva. Esisterebbero dei cattivoni, avidi e spregiudicati, che complottando complottando hanno fatto un sacco di soldi sulla pelle del 99% della popolazione mondiale. Si cerca anche di dare un volto e un nome a questi cattivoni, ultimamente va molto di moda riempirsi la bocca con Goldman Sachs (per brevità useremo l’acronimo GS). In realtà le varie GS non sono cattive, è che le disegnano così. In realtà, in questa realtà capitalistica, non esiste un’economia buona e una finanza cattiva; esiste un’economia cattiva che genera una finanza perfida.

Un’economia già da un pezzo soffocata dalla sovrapproduzione, che non riesce più a smerciare alcunché se non con la droga del debito. A sua volta il debito, impacchettato e divenuto esso stesso merce, ha preso a circolare per il mondo alla disperata ricerca di remunerazione, determinando un indebitamento di tutti con tutti. Siamo al cortocircuito.
Le varie GS non possono farci niente. Se non si comportassero come si comportano (malvagiamente, d’accordo, sfruttando, truffando, razziando) verrebbero escluse. Fuori, ai margini del mercato. Le regole del gioco sono quelle. Ora, lo sbaglio, l’equivoco è considerare quelle regole “naturali”.
Finché non si chiarisce questo equivoco è inutile, anzi fuorviante, alimentare il complottismo. Non perché non esistono i complotti, anzi, ma perché non esiste e non può esistere in natura una genia di cattivoni, bravissimi e invincibili, che alla fine l’ha sempre vinta. Se un complotto è in atto, è quello di far passare la critica ai meccanismi di mercato per complottismo.
Il problema non è la Grecia, non è l’Italia, non è Berlusconi, non è Monti. Nemmeno Gs lo è; le persone che dirigono le varie GS, gli advisor che prestano loro consulenza, non sono criminali.
Non sono criminali, ma non sono innocenti. Non sono criminali, tuttavia sono più pericolosi. Sono patetiche figure che accumulano e accumulano denaro virtuale sugli schermi dei loro computer. Denaro che non riusciranno mai a trasformare interamente in benessere reale, nemmeno per loro stessi. Il mondo è in mano a (e sta finendo a causa di) questi giocatori compulsivi, sempre attaccati al computer come a un videopoker, che trasferiscono numerini di pixel da una parte all’altra del pianeta con un clic, sempre alla ricerca di ulteriori margini di profitto per i loro capitali, perché questa è l’unica legge ‘naturale’ che conoscono.
Non sono criminali, sono malati.

dal nostro lampadiere Pococurante con la sua costante lucidità e il genio di farci capire le cose con la semplicità e il garbo di uno che ci tiene a te, a noi.

AVVISO DI INSURREZIONE parte XXIII: E ora licenziateci tutti

Lugubre serata ieri alla taverna dei cattivi dolcetti, dove il consueto soggettone dopo il settimo amarone si è lasciato un po’ andare…

Le nebbie si diradano, ed oramai ci vedo… Le cose cominciano ad essere sempre più chiare a sempre più persone, cittadini, proletari. Questo significa che sempre più gente si sente toccata direttamente. E sapete cosa succede quando qualcuno si sente toccato direttamente? Che la necessità aguzza l’ingegno. Teniamo a mente questo punto e mettiamolo da parte.
Concordo con il governo quando afferma che il tema in oggetto non verte sui ‘licenziamenti facili’. Non si vuole licenziare; maggiori licenziamenti significano aumento della disoccupazione, costi per gli ammortizzatori sociali, calo dei consumi. Certo che non si vuole licenziare. Si vuole introdurre una maggiore ricattabilità sui luoghi di lavoro, come se non ce ne fosse già abbastanza. Si intende stimolare la crescita mettendo pepe al culo dei lavoratori. Guinzaglio corto, signorsì, testa bassa e lavorare! Altro che rivendicare diritti; testa bassa e pe-da-la-re! Questa la visione della vita di lorsignori: un formicaio dove ognuno adempie indefessamente il proprio dovere per le sorti magnifiche e progressive (per poi nel tempo libero stare in coda e spintonare e scalciare per acqusitare una tv al plasma scontata).

Il cinismo domina. Un clima mortifero ammorba la società. Prevale una rappresentazione torva e cupa della vita. Siamo al pessimismo cosmico. Siamo allo scambio della constatazione col programma. Si constata che la vita è dura e difficile; si afferma che è sempre stato così. Si nega il progresso (utopia!) e poi si istituzionalizza questo bel programmino. La politica viene sussunta nella realpolitik. Il cinismo è assunto a virtù. Se leggiamo gli editoriali che ‘fanno opinione’, dai più rozzi alla Feltri ai più raffinati di Alesina, Giavazzi (non a caso santificato dal Foglio) ci rendiamo conto che la filosofia di fondo è sempre quella: il cinismo assunto a virtù.

In questo contesto culturale non sorprende trovare un consigliere comunale che non si perita di strumentalizzare un lutto con relativo minuto di raccoglimento. Non sorprende trovare un ministro della Repubblica che non si permette di speculare per scopi politici, quindi nella loro cinica accezione di scopi di bottega, sul tema della vita (che è sacra!) ma indulge molto volentieri a speculare sul tema della morte, da quella della Englaro a quella di Biagi. Si imposta il dibattito su questi binari: se sei contro la ‘riforma’ del mercato del lavoro sei dalla parte delle bierre, dalla parte dell’assasinio di personaggi inermi (non scortati ma contigui). Se sei a favore della ‘riforma’ sei dalla parte dei giovani, dell’Europa, delle magnifiche sorti e progressive.
Viva Leopardi, viva Tatcher, viva Reagan, viva Renzi.

Non ci sono più parole per descrivere la lucidità del nostro Pococurante, il partigiano, colui che incarna la forza, il dovere morale e il compito dell’art.3 della Costituzione

AVVISO DI INSURREZIONE parte XXII: La società dello spettacolo e la falsa violenza

Frizzante serata ieri alla taverna dei draghi cattivi di ritorno da Roma, dove si rinveniva il solito tizio piuttosto alterato avendo assaggiato per la prima volta una bevanda denominata spritz.

Ogni volta mi stupisco. Mi stupisco della sproporzione fra la ‘situazione’ congiunturale socio-economica e la reazione violenta degli esclusi, degli sfruttati, degli oppressi. Ma come? Giovani che si vedono scippato il futuro, ma davvero. Senza prospettive di miglioramento, anzi con la certezza di peggioramento rispetto alle generazioni dei loro padri. Che subiscono quotidianamente sulla loro pelle, nella carne, ma davvero, la violenza del sistema. Ebbene, fra questi, solo poche centinaia si lasciano andare, non si trattengono, sfasciato tutto. E gli altri? Si indignano, certo. Scendono in piazza, benissimo. Ma come se andassero a una gita. Festosi, colorati. Non vedete una sproporzione?

Perché così pochi sono davvero indignati, incazzati al punto di voler spaccare tutto? Sgombriamo il campo dalle dietrologie e dal complottismo. Degli infiltrati ci saranno anche, come ci sono sempre stati, ma sono superflui. Non sono loro che hanno determinato il tutto. Dunque chi sono questi ‘violenti’? Abbiamo già risposto: sono gli oppressi. Perché lo fanno? Perché sono cattivi, cinici, egoisti e superficiali? Se avessero queste peculiarità sarebbero ben inseriti in questa società che non richiede altro che queste ‘qualità’. Scriverebbero editoriali su Libero, dirigerebbero Il Giornale o Il Foglio.

Non possiamo sfuggire al tema fondamentale del nostro tempo, anzi di ogni tempo, da che mondo è mondo: la narrazione. Nella vita pubblica, come nella vita privata di ognuno, tutto dipende da come ce la raccontiamo.

Chi ci racconta come vanno le cose? Cosa si risolve spaccando due o tre bancomat, incendiando cinque o sei auto, sei o sette cassonetti? Niente. Cosa si risolve con un oceanico corteo pacifico, colorato e festoso? Niente. Cosa si risolve con un corteo oceanico davvero indignato e incazzato, che spacchi ogni bancomat, incendi ogni banca? Beh, mi sbaglierò, ma secondo me qualcosa anche nella narrazione di regime cambierebbe.

Se vogliamo dire un’ovvietà, che è tanto ovvia quanto esatta, diciamola: la violenza fa schifo. Ma chi decide ciò che è violenza e ciò che non lo è? O meglio, chi decide qual è vera violenza? La risposta, la chiave di lettura risiede in un testo fondamentale che dovrebbe conoscere ogni telespettatore prima di sedersi davanti ad uno schermo della tv: La società dello spettacolo di Debord. Mi rendo conto che si tratta di tesi ostiche, soprattutto a seconda delle traduzioni…

Il fatto che sia così facile per i detentori del potere far passare nelle mente di ognuno il meme, l’inoppugnabile validità della falsa dicotomia fra violenti/non violenti deriva (anche) dalla mancata conoscenza e comprensione di quel testo da parte del 99% dei telespettatori.

Per cui si ha gioco facile nel dividere il mondo fra buoni e cattivi e spingere il grosso dell’opinione pubblica nella direzione voluta. La vera dicotomia non è fra violenza e nonviolenza, ma fra vera violenza e violenza farlocca. La vera violenza è ciò che i mezzi di comunicazione in mano ai detentori del potere non mostrano. È la violenza delle operazioni belliche in Libia e Afghanistan, delle deportazioni nei cie. Dell’informazione asservita e manipolata, della menzogna. Del clima costante e quotidiano di minaccia e intimidazione sui luoghi di lavoro. Dei pestaggi quotidiani (quotidiani) di fermati e detenuti (Cucchi, Aldrovandi, Uva non subirono un trattamento ‘eccezionale’) Delle lettere della Bce. Dei martellanti quanto suadenti spot televisivi.Delle vetrine di boutique e banche in centro non ancora infrante. Delle auto di lusso ancora intatte. Quella è la vera violenza. Il resto è parodia, caricatura della violenza.

Che dire di più, il nostro ex khorakhaneker Pococurante ci dona questa ennesima lectio che proprio perchè tale non potrete mai leggerla su Repupplica o il Corriere. Giù il cappello, in segno di stima non di sottomissione.

AVVISO DI INSURREZIONE parte XXI: Appello agli under 35

Fresca serata ieri alla taverna dei cattivi pedagoghi, dove il solito consumatore di distillati lanciava un accorato appello alle giovani generazioni.

Giovani! Non date retta a ciò che dicono e ripetono tutti. Berlusconi e la sua corte non sono parte del problema, ma parte della soluzione. Anzi, sono la soluzione. Già dissi che quest’uomo con la sua politica, il suo comportamento, la sua ‘cultura’ avrebbe spianato la strada alla riscossa del proletariato, se solo lo si fosse lasciato fare. Infatti per lunghi anni lo hanno lasciato fare, e siamo arrivati a questo punto.

Siamo arrivati al punto che l’Italia, quindi per contagio la zona euro, quindi per contagio l’intero sistema capitalistico mondiale sono sull’orlo della catastrofe definitiva. Manca davvero poco, e tutto dipende da quest’uomo qui, dalla sua capacitò di resistenza. Forza Silvio, resisti fino all’ultimo: muoia Berlusconi con tutti i filistei. Questo dal punto di vista economico-finanziario.

Ma quest’uomo va ringraziato anche per ciò che ha fatto dal punto di vista culturale, antropologico. Siamo arrivati al punto che ora tutti possiamo conoscere il reale pensiero dei padroni. Ciò che pensano Marchionne, De Benedetti, Confalonieri, Passera, anche se non avranno mai il coraggio e la stupidità di dirlo in pubblico, l’ha detto la escort De Nicolò.

Ovvero che è giusto che il più forte emerga, fosse anche vendendo la madre.

Che l’impenditore onesto non può avere successo. Queste non sono solo le convinzioni di una giovane stupida e superficiale: questo è il pensiero unico degli arrivati e degli arrivisti. Insieme al talento, alla fortuna, alla determinazione, è necessaria quella mentalità lì per avere successo in questa società reificata. Ora è chiaro chi abbiamo davanti, cosa pensa il nemico. Noi sappiamo che De Nicolò dice cazzate.

Magari è così intelligente che le dice apposta, per tacitare la coscienza degli imbecilli di destra, che vedono così sdoganati i loro osceni princìpi, e degli imbecilli di sinistra, ai quali basta così poco per sentirsi moralmente superiori.

Noi sappiamo, ma prima di sapere ’sentiamo’, che non è affatto disprezzabile starsene a casa con 2.000€ (magari!) piuttosto che condurre un’esistenza insulsa e disperata nel mondo di un Tarantini a 20.000€, dove si esclude a priori l’autenticità dei rapporti umani e si dà per scontata la loro mercificazione. Dove è necessario ricorrere a psicofarmaci, cocaina e altri additivi per sopportare una vita priva di un bacio e un abbraccio sincero.

In questo contesto da ultimi giorni di Pompei, risultano tristemente patetiche certe iniziative da parte di brandelli in putrescenza del sistema, per es. le banche. Non potendo utilizzare come leva di marketing la dialettica diretta di una De Nicolò, una banca ha pensato bene di attirare subdolamente i giovani clienti under 35, coinvolgendo mestamente anche il proprio personale sotto quell’età, travestendo delle filiali in accattivanti (secondo loro) paesi dei balocchi, dove l’ambiente è glamour, c’è il giusto sound, atto a stimolare positivo mood. Insomma, la classica merda infiocchettata in carta colorata.

Sono gli ultimi spasmi, come la coda tagliata della lucertola, di un sistema che merita di finire come sta finendo. Ultimi goffi tentativi di aggrapparsi alla fuffa del marketing prima di affogare.

Giovani, è la letteratura che ci salva. Sappiamo da Collodi cosa nascondono in realtà i paesi dei balocchi, cosa in realtà vogliono da noi coloro che li allestiscono, come ci vogliono ridurre.

E se Collodi vi sembra troppo ageè, forse potrete apprezzare un Brizzi, quando faceva dire al suo Frusciante che, se non vuoi votarti al romitaggio, devi diventare “intelligentissimo e sempre critico”, non per emergere e spadroneggiare, ma per difenderti. Per saltare fuori dal cerchio.

Dall’estrosità genialità narrativa e dall’inncommensurata capacità di leggere e disvelare i nostri tempi, del nostro lampadiere, forte, tenace e incorruttibile, Pococurante.