Accaldata serata anche ieri alla taverna dei cattivi falliti, dove il noto santo bevitore teneva la sua ennesima concione brandendo il suo fernet ghiacciato.
Tutti che si danno un gran daffare per trovare soluzioni a questa crisi, per scongiurare insolvenze, fallimenti, default. Per appianare il debito e innescare la ripresa della crescita. Tenete presente quante volte questa parolina magica ‘crescita’, ricorre nei bei discorsi di tutti. E quando dico tutti intendo proprio tutti: padroni, sindacalisti, giornalisti, politici fino ai più alti ruoli istituzionali. Il pensiero unico si riassume e si visualizza in questa tag cloud dove spicca il lemma ‘crescita’.
Non sanno, o fingono di non sapere, che la crescita è per l’economia ciò che la gnosi è per il cristianesimo; la crescita è l’anticristo.
La crescita è il bicchiere rovesciato che rinchiude la mosca che a sua volta sbatte a destra e sinistra credendo così di poterne uscire.
Ogni economista votato al pensiero unico della crescita si dibatte dentro questo bicchiere fornendo ogni volta ricette inutili, anzi dannose. Si può abbattere il welfare, innalzare l’età pensionabile a 80 anni, imporre patrimoniali mostruose, ma finché non si infrange il vetro di questo dogma, della crescita purchessia, non si esce dal bicchiere.
Certo che si uscirà da questa crisi, ma bisogna vedere come. Se si uscirà dalla crisi come vogliono loro, il tanto meglio sarà tanto peggio. Se il loro scopo è tornare come prima, siamo daccapo. Finché non si sottopongono a critica i meccanismi di sovrapproduzione che hanno determinato il disastro, per rovesciarli, la mosca continuerà a sbattere il muso. Ecco la vera prospettiva utopistica: continuare la crescita. Sono loro gli utopisti.
In questo contesto si inserisce anche la filosofia del famigerato art. 8. Si istituzionalizza il ricatto già sperimentato a Pomigliano e Mirafiori: condizioni vessatorie ai lavoratori in cambio del prosieguo della produzione. Certo, si può sempre dire no, come la suora nella barzelletta di Sacconi. Se dici no sei fuori dalla fabbrica, da questo bel sistema votato al dumping sociale che prefigurano lor signori (benché questo sarebbe il risvolto più piacevole dell’intera vicenda …).
Questa crisi non è la iattura che ci vogliono far credere; è la manna caduta dal cielo, se solo fossimo capaci di trasformare la minaccia in opportunità. Di prendere coscienza che il modello di crescita che si intende preservare e perseverare è quello che possiamo ammirare nella sua estrinsecazione più parossistica: il modello cinese. Zero diritti e produttività forsennata. Vorrebbero un sistema economico mondiale così. Tralasciando l’insostenibilità sociale e ambientale di un sistema siffatto, vorrei porre una domanda ai suoi utopisti sostenitori: verso chi esportiamo, verso marte?
dalla genialità, acutezza, infinita lucidità e bella persona qual’è il nostro lampadiere Pococurante
Grazie Paolo per i complimenti che mi fai sempre. Non solo sono vere tutte le qualità che mi attribuisci, ma c’ho anche sotto un tarello mica da ridere.
A Pococurante possismo solo confermare che per le doti che conosciamo non abbiamo mentito, per quelle altre ci fa ontrollare di persona o dobbiamo attendere che qualcuno pubblichi delle intercettazioni?
XX parte!
Caspita, Vit, da farne un’opera coi fiocchi.
C’è da prenotare l’osteria per la presentazione…
Si qui sul lago ci si stava pensando da un po’.
e non sarà un accidente