GIRANO, GIRANO, VERTIGINOSAMENTE 3/3

Qui la prima e qui la seconda puntata.

Vogliamo continuare a farci del male? Anche per mano del sindacato che dovrebbe comportarsi differente, per tutelare i suoi 2 milioni di iscritti ai fondi, su un totale di iscritti alle varie forme di previdenza complementare di 5,3 milioni (solo il 23% dei potenziali aderenti) soprattutto visto che siede nel CdA di quelli negoziali nella misura non secondaria del 50%?

Ecco basta osservare la velocità di rotazione del patrimonio dei fondi che al 31 dicembre era di 83 miliardi di euro di cui circa il 57% investito in titoli di debito (l’80% titoli di stato) e un 23% in azioni, quasi totalmente estere. Cioè ammesso che comprando azioni si arricchisca un’economia, i lavoratori italiani iscritti ai fondi hanno scelto (loro malgrado?) di sostenere quella di altri Paesi.

L’indice di rotazione del capitale è infatti pari al 122,2% per i fondi negoziali e del 105,7% per gli aperti, che la stessa Covip non può che considerare “elevato in rapporto alla natura di lungo periodo degli investimenti”.

Questo provocando un elevato e immotivato costo di gestione che invece dovrebbe essere incentivato verso il ribasso. Se non si è una banca e un gestore, si intende.

Questa dell’eccessiva, frenetica, compulsiva rotazione, non è una faccenda da secondo piano. Nella Relazione annuale (a pag. 26 e seguenti) si legge con un certo brivido.

Dalle analisi condotte emerge che l’attività di parte dei fondi in materia è eccessivamente influenzata da soggetti esterni (advisor e gestori). Le professionalità interne ai fondi non appaiono sempre adeguate ai bisogni: l’attività di investimento in queste condizioni finisce per non essere definita in tutti i suoi molteplici aspetti e per dipendere in misura determinante da advisor talvolta non adeguatamente qualificati e/o da gestori in non pochi casi attenti a minimizzare le loro responsabilità e/o a massimizzare le commissioni”… E poi prosegue “…una velocità di rotazione del patrimonio (turnover) eccessiva; una tracking error volatilità molto contenuta in rapporto al turnover dei mezzi amministrati; un rendimento netto inferiore a quello dei mercati di riferimento”.

Il patrimonio dei fondi è immotivatamente investito in larga misura in strumenti a breve-medio termine, a fronte di impegni in gran parte a lungo termine. Viene fatto ruotare come una trottola, che evidentemente alza e deve alzare tanto fumo, sia perché contiene titoli a breve scadenza ma anche, nell’utopico tentativo di accrescere il rendimento al di sopra di quelli dei mercati di riferimento.

La Relazione continua scrivendo oltre dieci righe che sono sintetizzabili in una parola: Incompetenti. Pericolosi.

“I gestori professionali, utilizzando le informazioni acquisite sui vari titoli e sull’andamento delle economie, dovrebbero realizzare guadagni in conto capitale. All’elevata velocità di rotazione del patrimonio dovrebbe corrispondere un ammontare rilevante dei rischi assunti… tuttavia non si discostano in misura significativa da quelli di mercato. Nonostante il rilevante ammontare degli acquisti e delle vendite, la gestione delle risorse sembrerebbe risultare di tipo passivo ma con costi elevati caratteristici delle gestioni attive.

All’elevato turnover del patrimonio non sempre corrisponde un extra-rendimento, come ci si potrebbe attendere qualora i gestori fossero in grado di anticipare gli andamenti dei mercati. In un numero non irrilevante di casi all’attivismo della gestione finanziaria si associano risultati addirittura inferiori rispetto a quelli dei mercati di riferimento”

Com’è che si suol dire e sentire al mercato e nei bar, tra la gente che dice pane al pane e vino al vino quando i gestori, i sindacati, i piazzisti dei fondi pensione, ci dicono che bisogna guardare il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto?

“Ma se il bicchiere è mezzo pieno di merda, c’è differenza?”

Eppure nonostante tutto questo: rischio assunto per provare a raggiungere un rendimento; poca trasparenza; rotazione inutilmente e dannosamente vertiginosa; poco controllo dei controllori; inefficienza e perdita di valore; costi elevati… la Covip al posto di farli chiudere, rivolge al Governo ed al Parlamento un pressante invito per incentivare, aumentare gli iscritti a queste forme di pensione ad estrazione. (il matematico, prof. Beppe Scienza dell’Università di Torino, autore di libri e articoli di facile accesso anche sul web www.beppescienza.it) dovrebbe averci, a tutti, insegnato con chiarezza e incontrovertibilità qualcosa sul “Risparmio tradito”.

Noi da questa parte della riva quindi, proprio per questo,  invece non dobbiamo mai smettere, con i nostri strumenti, a mettere in guardia il lavoratore dalla roulette della pensione complementare. E nel continuare a sollecitare Istituzioni e sindacati a fare il loro dovere. Cioè promuovere una solida, sostenuta, adeguata pensione pubblica attraverso anche forme di sostegno fiscale ed una seria, e quindi inevitabilmente diversa, spesa all’interno del Bilancio statale. (vedasi Sbilanciamoci).

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