“Tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non sapere restare tranquilli in una camera.” B. Pascal, Pensieri
“La disperazione c’è, non può abbandonare nessuno, se non interviene la forza a essa opposta: la distrazione.” G. Genna, Fine Impero
Gran finale e doppia citazione stasera datosi che nudi alla meta ed esausti per la lunga cavalcata si pensa e si agogna e si parla di viaggi, vacanze e…
Divertissement
“Partire è la più bella e coraggiosa di tutte le azioni. Una gioia egoistica forse, ma una gioia, per colui che sa dare valore alla libertà. Essere soli, senza bisogni, sconosciuti, stranieri e tuttavia sentirsi a casa ovunque, e partire alla conquista del mondo.” – cita Eberhardt Tirandola.
“La più bella e coraggiosa di tutte le azioni non è partire ma è restare quando potresti partire. La cosa più bella è restare soli. Per scelta. La solitudine se non imposta è la più bella e coraggiosa delle partenze degli altri senza che siano partiti. La più bella e coraggiosa di tutte le azioni è viaggiare. Con la mente. Ho visitato tanti di quei posti senza muovermi che non mi serve più partire per staccare, rigenerarmi. Le vacanze non possono essere 15 giorni di vita in un anno di rovina” – risponde Trezzo.
“Interessante questa visione filosofica dei viaggi, intrigante ma pericolosa – osserva Tenin – L’infelicità e l’insoddisfazione sono il motore del sistema. Chi è infelice e insoddisfatto cerca al di fuori si sé felicità e soddisfazione ed è disposto a pagarle, in soldi. Sono i soldi che fanno girare l’industria del turismo, come del resto l’intero sistema. Gli insoddisfatti cercano gratificazione nel consumo di merci e servizi, nell’abbigliamento griffato, nell’avveniristica telefonia, negli azzardi in borsa, nei videopoker, nello shopping in senso lato, in una bella strisciata… con la carta di credito. Insomma fanno girare l’economia. Rovesciamo dunque il paradigma di Pascal, la fortuna del sistema proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. Se prendesse piede una mentalità tipo quella di Trezzo gli esiti sarebbero potenzialmente eversivi. ‘Un anno di rovina’ (non dico per tutti, ma per una buona fetta della popolazione) è necessario e funzionale al sistema.”
“Troppe ‘seghe mentali’!. Quando ti fai tre mesi di fila con pioggia, nebbia e temperature che non superano i cinque gradi, oppure, come sta succedendo ora, ti becchi una primavera in cui tutti i giorni piove, diciamo che se hai qualche soldino che ti avanza, parti! Arrivare in un luogo con il cielo azzurro, la temperatura gradevole unito al bel far nulla o in alternativa girare per una città sconosciuta scoprendola giorno per giorno non ha prezzo. Fortunatamente la rete ed i voli low-cost hanno reso molto più agevole scovare prezzi per tutte le tasche e, viaggi che fino a ieri erano poco accessibili ai più, ora sono alla portata di molta più gente! Basta avere la pazienza di girare un po’ per i siti e prenotare i voli con largo anticipo ed il gioco è fatto!” – erudisce Trambi.
“Rìecchelo quello delle ‘seghe mentali’ – ribatte Tenin – guarda che in padaniac’è la pioggia, la nebbia, il gelo… è normale che faccia freddo. Se ti piace tanto il caldo vai ad abitare al sud…”
“Allora voi komunisti andatevene a Cuba!” – chiude Trambi da par suo i dialogoi.
Sono circa vent’anni che me lo sento ripetere.
“Eh, ragioni così perché ancora non hai la ragazza.” Ho avuto la ragazza e ho continuato a ragionare così.
“Eh, ragioni così perché ancora non lavori.” Ho cominciato a lavorare e ho continuato a ragionare così.
“Eh, ragioni così perché ancora non sei sposato.” Mi sono sposato e ho continuato a ragionare così.
“Eh, ragioni così perché ancora non hai figli…” Alt!
Lasciare il gelido inverno occidentale per una settimana di comunismo non potrà che farmi bene.
Sembra impossibile in questo mondo restare nonostante tutto se stessi, coltivare la propria ecceità. Tutto e tutti ti ripetono che prima o poi capitoli, ti allinei, ti imborghesisci. Mica come questi qua sotto, dove ora sto atterrando. Decenni di embargo, attentati, isolamento, ostracismo, ma loro niente, sempre fedeli alla Revolucion.
Subito fuori dall’aeroporto ci saluta un’enorme stella a cinque punte, volutamente asimmetrica, con i colori della bandiera, bianco rosso blu, stampata sul muro di una base militare.
Il bus ci scarica a Playa del este, la ‘nostra’ base. Un giovane ci viene incontro e si offre di portarci i bagagli. “Italiani?” Sì. “Que parte de Italia?” Milano. Il viso gli si illumina: “Milano! Proprio Milano!” Poveri noi – penso dentro di me – cosa c’è da invidiare…
Mentre aiuto mia moglie a disfare i bagagli realizzo che nonostante il fisico mi dica che è notte fonda, qua il sole splende ancora e si avvicina l’ora dell’aperitivo. Chiamiamo un taxi e, con un’emozione che avevo messo in conto, ma non così prepotente, ci avviamo per l’Avana.
Lungo la strada, sulla destra, lo spettacolo conturbante di Alamar, chilometri di edilizia popolare sovietica in riva ai Caraibi, un quartiere grande quanto Salerno, orrido e splendido.
I Cameli, bus rosa trainati da una motrice di camion, carichi fino all’inverosimile, fanno rotta come noi, sulla strada parallela, verso la capitale.
Scesi dal taxi, giusto dietro la Catedral, riesco solo a dire: “ma ti rende contodove siamo?” lei annuisce, sebbene ancora incredula. Certo che se avessimo dei bambini non faremmo tutti questi viaggi esotici, penso. Evito ormai di esternare certe considerazioni, nemmeno con tono scherzoso. So di toccare un punto dolente. Sapeva fin da fidanzati che non volevo figli, ma contava sul cambiamento, inevitabile, si matura, si cresce… e ci si omologa. Invece ancora nulla, dopo anni di matrimonio questo ormai quasi quarantenne sembra inespugnabile. In realtà è già un po’ che vacillo, ma non lo do a vedere, non voglio illudere. Vacillo, sento che prima o poi arriva la goccia che fa traboccare il vaso, che mi farà cedere alla tentazione del salto nel buio. Il mio rifiuto dei figli non si basa sull’egoismo, ma bensì sull’altruismo, sulla consapevolezza che venire al mondo, questo mondo, non sia un buon affare. Tuttavia qui si respira un’aria strana.
“Vistiamo la cattedrale” dice lei. “Ok” dico io, ma è chiusa, niente da fare. Propongo di ripiegare sulla Bodeguita del medio, proprio lì dietro l’angolo, dove andava a ‘meditare’ Hemingway.
Il locale è sovraffollato come quel Camelo, ma ci facciamo strada e conquistiamo un tavolino. Si ordina mojito, obvio. Il barista ci offre anche il pennarello per immortalare la nostra presenza sulla parete. “Fai tu” le dico. Scrive le nostre iniziali, e disegna due cuori. Chiedo un altro mojito mentre avverto che il primo già entra in circolo. Mi rigiro verso il muro e guardando meglio scorgo un terzo cuoricino, quasi impercettibile, disegnato fra le nostre iniziali. Mi volto di nuovo verso di lei e col gomito urto il bicchiere, facendone traboccare una goccia.
Questo dunque il destino (come sta scritto negli aeroporti sui tabelloni in lingua ispanica) di italiani e non.
Pococurante VM