IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

NON E’ VERO CHE NON SI PUO’ FARE

IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

impronta( misurazione impatto ambientale pubblico e  privato)

Michele Serra, L’amaca, da “la Repubblica” domenica 20 settembre 2009: “Chi la dura la vince. Fino a pochissimi anni fa mettere in dubbio la sacralità del Pil equivaleva a dimettersi dal dibattito politico. Cose da fricchettoni, da estremisti, da frange utopiste. Oggi sono gli economisti (perlomeno: alcuni economisti) a negare che il Pil basti a valutare il benessere. Repubblica di ieri presentava uno studio davvero rivoluzionario sulle regioni italiane. Lombardia e Veneto, ricchissime ma inquinate e meno vivibili delle regioni del Centro, scendono in classifica: “inutile guadagnare più degli altri se poi ci si ammala di asma bronchiale”, scriveva giustamente Roberto Petrini a commento dello studio. Regioni meno ricche ma più vivibili, come Marche Umbria e Toscana, salgono in graduatoria. Vent’anni di pensiero unico avevano quasi azzerato ogni valutazione eccentrica dello stato delle cose. Perfino una ovvietà, che la quantità non necessariamente sia qualità, suonava stravagante. Produrre di più, a qualunque costo, guadagnare di più, a qualunque costo, questa era la sola legge. I pochi che hanno tenuto accesa la fiammella del pensiero critico oggi possono essere fieri di se stessi. I pazzi sembravano loro. Pazzesco, oggi, sembra l’avere vissuto per produrre anziché produrre per vivere.”

 

L’impronta ecologica è un indicatore ideato nel 1990 da William Rees e Mathis Wackernagel e continuamente perfezionato.

L’impronta è utilizzata per correlare lo stile di vita ed i consumi di una popolazione con “la quantità di natura” che serve per sostenerli a tempo indeterminato. Questa “quantità di natura” – espressa in ettari di territorio pro capite – comprende sia le risorse naturali necessarie per mantenere quel tipo di vita e di consumi (es. campi per produrre grano, alberi per la carta, spazio per il costruito ecc.), sia gli spazi ambientali necessari per smaltire i rifiuti generati (es. ettari di foreste per assorbire l’anidride carbonica prodotta dalle auto); in pratica l’impronta rappresenta “il peso” (espresso in ettari) che ogni popolazione ha sull’ambiente.E’ molto interessante confrontare l’impronta con la “produttività pro capite” o “biocapacità” del territorio abitato dalla popolazione presa in esame. Dal punto di vista dell’equilibrio ecologico se l’ impronta è minore della biocapacità tutto va bene, se è maggiore c’è da preoccuparsi perché significa che la popolazione esaminata preleva risorse dai territori esterni ai suoi confini. E’ interessante notare che il benessere non corrisponde necessariamente al valore definito dall’impronta di una popolazione: un americano, un olandese o un italiano, infatti hanno raggiunto un livello di benessere paragonabile, ma ottengono valori comunque dissimili nell’”impronta”. Questo fa pensare che si possa operare per ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.

I sistemi e le tecnologie per rispettare i valori di equità ecologica sono molteplici: vanno dal risparmio energetico alla condivisione dei mezzi di mobilità (ad esempio, con il car sharing), dal consumo di alimenti prodotti locali, alla produzione di prodotti riparabili, senza i costi dell’”usa e getta”.

L’impronta ecologica é quindi un indicatore molto utile per far cogliere ai cittadini e ai decisori politici – in maniera rigorosa, ma facilmente intuibile – la relazione tra lo stile di vita di una popolazione e la “quantità di natura” necessaria per sostenerlo.

Si può quindi ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.E’ necessario anche per la città di Lecco quindi conoscere e monitorare questo valore per addirittura aumentarne il benessere e la qualità della vita e del territorio, anche in termini economici, diminuendo verosimilmente nel contempo oltre gli sprechi anche le malattie. Questo permette di scegliere come e dove andare con oculatezza per un’amministrazione seria al passo ed al servizio dei cittadini.

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