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IL FLOP DI CAPODANNO E DELL’ASSESSORE

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L’arrampicata dell’Assessore Cattaneo per giustificare il flop senza precedenti del Capodanno è offensiva nei confronti dei cittadini

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Nell’articolo su la Provincia con l’intervista all’assessore gli ricordano che era stato lui stesso a segnalare lo spettacolo delle fontane danzanti – poi annullato – come “parte integrante della proposta del Comune” quando malamente si giustifica dicendo che non era nell’Appalto per gestire il Villaggio di Natale. Un tentativo, il suo, per prendersi i meriti se fosse andato tutto bene e un attimo per scaricarne le responsabilità, ora

Il dj set e musica altrove è stata comunque fatta, terminata la pioggia – ben due ore prima della mezzanotte – mica bisognava allestire spazi e strumenti per la Wiener Philharmoniker, suvvia

– Cercare poi di giustificarsi adducendo, come fa nell’intervista, che il Comune ha fatto un “comunicato stampa i giorni precedenti” appena saputo dell’annullamento è abbastanza infantile per più motivi, il più evidente perché non c’è nessun comunicato sul Sito istituzionale del Comune, tantomeno in evidenza, non c’è nulla nemmeno sulla pagina social, né sul portale Leccotourism.

Insomma lo sapeva solo l’Assessore.1705089932168

– Infine è altrettanto offensivo dire, come fa l’Assessore Cattaneo, che il Comune non organizza eventi estemporanei e che “deve valere la candela, il gioco”, come se lo spettacolo di Capodanno non valesse il gioco, detto poi da colui che ha organizzato, per una spesa di oltre 20.000€, un concerto di cornamuse elettriche in cima ai Piani d’Erna con quattro amici al bar come pubblico; dopo che ne ha spesi oltre 80.000€ per poche più persone facendo ancorare per una manciata di giorni una piattaforma galleggiante sul lungolago, e ancora un’altra valanga solo per pubblicizzare un fallimentare “Lecco Ama la Montagna” e il guaio è che possiamo continuare…

L’Assessore a proposito di candele e gioco dovrebbe smettere di giocare e farsi sostituire, anche con nessun altro

Qualcuno lunedì in Consiglio comunale dovrebbe prendersi l’impegno di presentare una mozione di sfiducia, per lasciare traccia e vedere, nel senso che dicevano Fo e Jannacci, l’effetto che fa

LO SPLENDIDO FRESU E GLI STONATI PIANGINA DELLA CODA

FRESUUn nuovo genere letterario rischia di imporsi a Lecco: i piangina della coda. Quella narrazione che confonde le code per un concerto di eccezionale qualità come quello di Paolo Fresu, offerto a gratis!!! dove altrove costa 30-50 euro, con le code per una mammografia.

Domenica causa previsioni di pioggia, il concerto di chiusura dello splendido LeccoJazzFestival, appunto con Fresu, è stato spostato per serietà e sicurezza alla Camera di Commercio.
Purtroppo 350 posti disponibili a fronte dei potenziali 1000 della Piazza Garibaldi.
Già per questo il piangina della coda ha indossato la casacca del io non l’avrei fatto per nulla allora” e sui social scatenati. E se poi non piove?” “scommetto che almeno 100 entrano perché sono raccomandati” “è una sala da 150 posti” ect.
Ovviamente sarebbero stati gli stessi che se non si fosse spostato e pioveva erano in prima fila per il mancato spostamento.
Domenica i piangina della coda hanno criticato perché c’era più coda che posti. Zero invece sul fatto che non c’è un luogo dove fare concerti da migliaia di persone, zero per la cafonaggine, la furbizia, di chi, indisturbato anche dai piangina, saltava avanti.
Tutte solo dirette a chi da Comune o Camera di Commercio non ha portato il rotolino dei numerini. Numerini per educare i cafoni.
L’autogestione della fila indiana, nel 2019, a un concerto jazz, richiede la maestra, manco fossimo all’asilo.
I piangina si sentono clienti anche quando non pagano. E padroni quando gli dicono che è pieno e nessuno li costringe a stare in coda.
Fan sei ore di coda per il padiglione Giapponese all’Expo e tutti muti. Fa Figo. Fanno la coda per il nuovo telefonino. È tendenza.
Alcune istituzioni come EuroDisney o Ryanair han risolto il problema alla vecchia maniera, cioè con la cara, intramontabile questione di classe: se paghi di più salti la fila (si chiama fast-pass o Capitalismo, il ricco passa davanti al povero).
Ma a Lecco alcuni non sopportano di farla, tutti alla stessa maniera, e si scambia il privilegio e dono (anche alla Città) di uno spettacolo eccezionale, a gratis!!!, per un disagio insopportabile.
C’era gente in coda che era la seicentesima e dopo avergli detto che c’erano solo 350 posti ha risposto che era in coda per veder la coda.
Verrebbe voglia di suggerire al Comune di non farli più a gratis gli spettacoli che ci invidiano ovunque e di metterli a 50 euro a biglietto. Zero coda. Exclusive.
Magari così i piangina iniziano finalmente a lamentarsi per le code davvero oscene, quelle per la mammografia che è lunga 16 mesi! O al nido che devi prenotare prima il posto che la copula.
Naturalmente anche lì c’è il fast-pass: se paghi la mammografia la fai domani. E dura molto meno di un concerto di Paolo Fresu, a gratis.

STASERA VADO A TEATRO. (Perchè non è un telecomando, è un’Enciclopedia)

Domani, martedì, inizia teatrofinalmente la nuova stagione teatrale di Lecco. (“Il ritorno di Casanova” regia del grande Federico Tiezzi; Palladium ore 21).

Anche per questa stagione il palco va in Città, al Palladium, per la temporanea chiusura del Teatro della Società per ristrutturazione.

Siccome non si giudica uno spettacolo dal colore del sipario, io e la mia famiglia, abbiamo rinnovato l’abbonamento.

Federico Tiezzi, Paolo Rossi, Elio de Capitani; Serena Sinigalia, Marina Massironi, Debora Villa, Elio delle Storie tese, per citarne solo alcuni protagonisti dei 10 spettacoli in cartellone, sono la passione e la qualità che con questa Stagione, possiamo fortunatamente condividere senza dover andare a Milano o Como.

Ci può capitare spesso di leggere o incontrare – qui e altrove – chi ci domanda: Perché dovrei andare a Teatro?palladiumi

Siccome non si può dire che cosa sia il Teatro; nel ricco e qualitativo cartellone di Lecco – davvero importante – per esempio troviamo commedie, risate, drammi, ironia, classici, rivisitazioni, sentimenti e musica, possiamo rispondere in più modi.

Innanzitutto proprio perché, in un unico posto, su un unico palco, possiamo trovare tutte queste “forme del Teatro”. Non è però come avere in mano un anonimo telecomando è più come sfogliare una sontuosa enciclopedia.

Con gli occhi, il cuore e i pensieri.

E’ aprire finestre nella casa che abbiamo dentro.

E’ far entrare il fresco, che può essere spensieratezza, riflessione, stimolo, condivisione.

Le forme di teatro che, da domani, sono in cartellone a Lecco, possono essere, sono, la fiammella che porta con sé già il pretesto alla miccia per bruciare fino a raggiungere a volte, la roboante e portentosa diffusione sonora del tuono, ed è davvero un peccato fermarsi dentro punti ciechi, elettroni impazziti che ci fanno sfuggire alla curiosità, al bello, per giunta ad un passo da casa, di una delle più antiche forme d’arte che ha attraversato con protervia e decisione secoli e millenni.

Un’arte che mettendo in scena il falso ha sempre trovato la cometa, nel buio della sala, per raccontare il reale, la realtà. A volte, anticipandola.

Dove si può tornare bambini ma restare svegli fino a tardi

Dove ognuno, contempla e non solo guarda, riconosce e non solo scopre. Partecipa e non solo assiste.

Lecco e ovunque ci sia un palco, ci dà la possibilità di essere come nell’antica Grecia dove non era l’elite a recarsi a teatro, i ricchi, bensì ogni strato della popolazione.

Perché dove c’è teatro c’è popolo. Comunità

Andare a teatro, a Lecco, è anche un modo fisico per dire che lo ri-vogliamo aperto il Teatro della Società. A prescindere dal colore del sipario.

I biglietti si possono, ho visto, acquistare anche online. Per essere protagonisti

 

LJF: IMPARARE IL BELLO, SE NON SIAMO GIA’ IRRIMEDIABILMENTE ABBRUTTITI

Investire tempo ed energie per coltivare il bello e il buono della Vita, è in fondo una Storia che possiamo ascrivere nello spartito sotto il titolo rigenerazione urbana e civica.

Grazie al Festival Jazz di Lecco inaugurato ieri sera sono tornato a casa, insieme a una fiumana di gente di ogni età che svuotava a poco a poco Piazza Garibaldi, con un fluido di positività che è energia pura. Che ho ancora addosso.

Energia che ha percorso, ne sono certo, ognuno dei presenti, rafforzandosi a ogni condivisione, a ogni contatto.

Se avessi una stanza dove scrivere le pagine che anche hanno riempito il cuore, i passi, gli occhi, i sensi, fin a posarsi sull’anima, aprirei la porta che dà sulla strada per appendere un cartello: c’è bisogno di bello. Dobbiamo coltivare il bello. Dare priorità al bello.

E questo cartello lo potrebbe leggere chi avesse voglia di avvicinarsi, come chi ieri ha scelto di essere in Piazza Garibaldi.

Un cartello come un’insegna.

In Piazza Garibaldi, il bene immateriale che genera benessere e alfabeti nuovi, che è la Cultura, ci ha permesso, come fossimo stati a New York, di coltivare il bello, disseminato, tracimato, condiviso dalla musica toccata da dio, del The Quintet di Kenny Garrett

Lecco ha vissuto ancora una pagina, molto più di una pagina, di cosa vuol dire, nella concretezza del viverla, che la bellezza e qualità di una Città non si misura solo o prioritariamente dai metri di asfalto, dei parcheggi o dalle strisce per terra.

Il dono che il Comune ha fatto a tutti noi (cittadini e turisti) diventati fiume, cellule, note, elettricità, conduttori di tanta bellezza perché questo è stato il concerto di Kenny Garrett che ha aperto il Lecco Jazz Festival, è un tesoro che dobbiamo moltiplicare, diffondendolo, non per nascondere le strisce in centro, un parcheggio più caro, i cinema promessi e mai mantenuti, una Piazza Affari umiliata nelle sue potenzialità, ma per farne tesoro e nuovo sguardo.

Perché in Comune qualcuno per primo ha scelto di scegliere. Di credere, crederci. Ha scelto che non serve aspettare la paziente costruzione delle condizioni adatte, né un’infinita transizione che non è mai arrivata e non ci condurrebbe in alcun luogo.

Le serate come questa – è stata il top, ma non è stata l’unica a Lecco in questi mesi, anni – ci insegnano a vedere il bello e la grazia, virtù nobili che si è sempre in tempo ad imparare quando, beninteso, non si sia già irrimediabilmente abbruttiti.

E sono la prova provata che Lecco – ancora una volta, ancora di più – è molto meglio di quanto qualcuno la vuole descrivere o si augura che diventi, che affondi, solo per poter dire, io ve l’avevo detto.

btrhdr

IL PONZIO PILATO DI AUGIAS ERA UN INETTO. MA NON E’ VERO

ecce_homoDissento, sebbene solo parzialmente, dalla recensione del critico culturale de La Provincia di Lecco, Claudio Scaccabarozzi, in merito alla conferenza spettacolo di Corrado Augias, sulle ultime ore di Gesù: “Ecce Homo, anatomia di una condanna”,  andata in scena mercoledì scorso nell’ambito della bella stagione di Prosa del Comune.

Sono convinto che uno dei diversi meriti di questo cartellone sia proprio, permettere e stimolare differenti punti di vista al termine delle rappresentazioni per altro sempre di qualità.

 A me, per venire al punto, lo spettacolo seppur volutamente in bilico tra divulgazione storica e romanzo, ha lasciato una sensazione mal stirata di precaria soddisfazione.

Uno spettacolo che certamente è stato buona cosa proporre e vedere – la sala era pressoché tutta esaurita – ma che a me è parso, in diversi quadri, davvero troppo sbrigativo nel racconto, non così coinvolgenti, stimolanti nell’invito ad approfondire.

Le riflessioni più irradianti di tutto questo le ho infatti personalmente ricevute e raccolte, da parte di Augias,  quasi fuori racconto: la forza soverchiante e intensa del Calvario e della croce e il Valore della Resurrezione come elaborazione e moto intimo della coscienza, personale e per nulla simbolico, teologico e tribuno.

Totalmente deludente invece, a mio parere, il modo e la rappresentazione che ha scelto di dare di Ponzio Pilato. Mostratoci, e rimarcandolo, come un inetto, un ignorante, un mediocre, una figura incolore

Perplime che una persona con la storia, la militanza, il percorso di Corrado Augias non abbia letto o più probabilmente tratto forza e ragioni per una diversa valutazione di Ponzio Pilato, dalle argomentazioni di Antonio Gramsci e il suo “Elogio al Giudice, il procuratore romano Pilato”.

Ove con più forza, fascino e credibilità mi sia permesso, lo evidenzia come giudice eroico. Seppur persuaso della innocenza di Gesù la qualità giuridica di cui era investito ha fatto tacere la coscienza dell’individuo, del privato cittadino. Eseguendo la sentenza per il rispetto delle autonomie locali che la legge romana imponeva ai magistrati romani.

Dovremmo esaltare Ponzio Pilato. L’indipendenza del potere giudiziario è stata una delle più grandi garanzie di giustizia che l’uomo moderno, grazie ai Romani,  sia riuscito a conquistare.

(la stagione del) TEATRO A LECCO:un abbonamento per la qualità e per non finire come con i cinema

KanHo fatto tre  abbonamenti a Teatro.

Alla nuova stagione teatrale di Lecco.
Quella dove ‘il Teatro della Società è in città’, per citare l’efficace slogan scelto dal Comune a presentazione del cartellone degli spettacoli diffusi nei teatri di quartiere, ora che IL Teatro di Piazza Garibaldi è chiuso per restauri.

Restauri che, ce lo si dimentica troppe volte, servono per salvarlo. Per poterlo rivedere aperto e non demolito o abbandonato.

Ho fatto tre abbonamenti a Teatro, li ho rinnovati, perché credo sia intelligente beneficiare dell’opportunità che è stata data alla Città. A me e a tutti.
Ossia una nuova stagione importante, nonostante la chiusura della sede ‘storica’, ‘naturale’, come lo era il Teatro della Società e a un prezzo addirittura più vantaggioso.
Poteva finire come con i Cinema degli imprenditori privati. Chiuso e stop. Telefona fra cent’anni.

Ho fatto tre abbonamenti a Teatro perché diversi spettacoli e appuntamenti sono gli stessi che altrimenti, per vederli, dovrei, dovremmo, andare fino Milano, che non è sulla luna ma nemmeno proprio dietro l’angolo.

Ho fatto tre abbonamenti a Teatro, due online, uno recandomi ieri al botteghino, perché certo il luogo ha il suo fascino, il teatro di Taormina o quello greco di Siracusa, la magnificenza della Scala di Milano o dell’Arena di Verona e anche il nostro Teatro della Società, generano emozioni impagabili, ma il teatro è non solo ambientazione, è rito collettivo, curiosità e bellezza.
Il teatro, ovunque vada in scena, è patrimonio comune e culturale di una Comunità, è divertimento, svago, conoscenza e crescita.
Lecco non può perdere tutto questo, ma soprattutto non possiamo perderlo noi.
Uno spettacolo teatrale non si giudica dal colore del sipario, figuriamoci se da quello di una Giunta o di un abito talare.

Ho fatto tre abbonamenti a teatro per la bellezza della proposta del Cartellone sia del Cenacolo sia del Palladium, (Silvio Orlando, Preziosi, Augias, i lavori di Manfredi, Ferrini e, soprattutto, Accabadora dal libro di Michela Murgia) oltre al fatto che credo sia intelligente beneficiare dell’opportunità che ci è stata data di un’altra stagione di qualità, nonostante la chiusura per restauro del Teatro della Società.
Quelle porte, ora chiuse per restauri, sono state riaperte in Città. Poteva finire come con i cinema.

 
È un promemoria, un ringraziamento e anche un afflato di monito. Dipende, insomma, anche da noi.