FESTA DI POLIZIA: RIFIUTO IL DETTAGLIO

C’erano nuovamente anche i bimbi delle scuole alla Festa della Polizia di Stato a Lecco sabato scorso. Ed erano felici perché invasi dai dettagli: dai premi, dai cappellini, dalle divise luccicanti, dalle moto in parata, dai purosangue equini tutti ben spazzolati, dalle autorità in prima fila con la fascia tricolore, gli abiti color porpora e i fazzoletti verdi nel taschino. Ma anche l’adulto è sembrato inebetito dal circo imbanditoQuesta riflessione non è un far politica è semplice coscienza ed etica. E’ capacità di discernimento che come sempre, tutti in platea dimenticano. E me ne dispiaccio e lo denuncio. La Polizia, a tutti i suoi livelli, nazionali e locali, fino ad una ammissione di colpa, responsabilità e conseguente pronunciamento pubblico di scuse per i fatti di Genova G8 e Bolzaneto, non può e non deve trovare sponde di consenso e di applausi, di claque, tantomeno usando uomini e donne di domani, cittadini di uno Stato democratico.

E sentire il Questore parlare di sicurezza che viene prima della libertà, e la sua necessità (tutti i reati però sono in calo a Lecco) a me fa venire in mente Genova e tutto quanto accaduto otto anni fa, lungo strade di moltitudine quando si mischiava tragedia privata e collettiva. Un ragazzo veniva ammazzato e migliaia di singoli, lì fatti popolo, venivano umiliati, violentati e soffocati sulla pelle e dentro il petto.

Impunemente e scientemente rapiti e nascosti alle famiglie. Anche cittadini di Lecco

Nelle strade di Genova avevamo affidato il nostro Diritto alla democrazia, alla libertà e anche sì alla nostra sicurezza, nelle mani sbagliate, mani della finanza occupate da lacrimogeni, da manganelli gocciolanti di carabinieri, da mani chiuse su bottiglie molotov della polizia.

E malgrado oggi la tela del ragno si sia squarciata anche con sentenze che hanno dimostrato veri i racconti, è palese l’omertà.

Genova è stato qualcosa di terribile, uno squarcio nella democrazia, un pugno alla Verità e alla Giustizia. Forse nulla può salvarli, senz’altro non le parate e le feste.

Non bastano e non servono premi per farcelo dimenticare.

Fino ad allora, cioè una piena ammissione di colpevolezza, di complicità, il poliziotto non è un amico in più. Perché resta debole con i forti e forte con i deboli e questo fa rivoltare lo stomaco. Perché sono metodi e percorsi che non dovrebbero, che non devono, trovare cittadinanza e sponda nella società e nemmeno nelle scuole.

Non siamo un paese civile perché la Polizia saluta, scorta, ossequia ed esegue silenziosamente ordini – senza mai fiatare nemmeno in occasioni che lo richiedono: fazzoletto verde nel taschino rimpatria migranti disperati in mezzo al mare.

Una polizia, un questore, che invoca sicurezza, e con così tanto zelo anche davanti a cittadini incensurati mostra il pugno duro, arresta e diffida ragazzi con “avvisi orali” ed eseguono a piacere ordinanze sugli accattoni e somministratori di bibite in piazza

Vuole un aiuto alla sicurezza?

Visto che c’è una certa capacità e predisposizione da parte di questo Stato a prendere ultimamente dati per censimenti e rimpatri coatti, non sarà per loro, anche a livello locale, un problema passare all’anagrafe comunale e far visita a tutte le famiglie con anziani potenzialmente in balia di badanti clandestine e irregolari. Questa tutela della collettività darebbe maggiori frutti che appostarsi fuori dai sagrati delle chiese a rincorrere le pubblicazioni di matrimonio, o dietro i bicchieri fuori dai bar di Lecco. Non siamo un Paese civile ed il grave è che non proviamo nemmeno a diventarlo.

E di questo facciamo Festa, in pompa magna.

Ma io, io non ci sto. Nemmeno questa volta.

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