AVVISO DI INSURREZIONE parte XXV: Game Over

Dotta serata ieri alla taverna delle cattive citazioni, dove sempre lo stesso tizio aveva decisamente esagerato col vov

Così vanno le cose, così devono andare … cantava quel tale prima della conversione (cfr cccp). Il capitalismo non poteva che finire così. Il sistema ad economia di mercato è terminato, anche perché non è mai iniziato. Abbiamo vissuto finora all’interno di un sistema spacciato per libero mercato, quando era chiaro che si trattava di economia pianificata. Pianificata non dal pubblico, dallo stato (cccp alias urss) ma dalle multinazionali che facevano cartello, dalle banche internazionali che si scambiavano svanziche in pixel 24/7/365, insomma da chiunque purché bello grosso e, soprattutto, privato.

Spieghiamo subito perché il sistema è finito: perché non poteva fare altrimenti.

Perché non può durare a lungo un sistema dove i controllori (politici, agenzie di rating, banche centrali) sono pagati dai controllati (soggetti economici, lobbies). Quis custodiet ipsos custodes? (cfr Giovenale)

Perché si finisce male quando si sottovaluta il fattore umano. E’ inumano, asociale, assurdo un sistema che prevede un solo dogma, un’unica norma aurea: massimizzare il profitto. Un dogma al quale piegarsi senza se e senza ma, pena l’esclusione. Quand’anche un imprenditore volesse ‘fare il buono’, comportarsi eticamente (coi dipendenti, coi clienti, coi fornitori, col fisco) verrebbe gradualmente marginalizzato e poi espulso dal mercato, poiché l’unico metro di giudizio per valutare l’abilità imprenditoriale consta della capacità di obbedire a quel dogma.

Perché lo schema elementare sul quale è basato l’intero assetto finanziario mondiale (lo schema Ponzi, se ancora non lo avete capito) inevitabilmente, prima o poi, e oggi ci siamo arrivati, si scontra con la legge della impenetrabilità dei corpi; i mercati hanno dei limiti fisici, e quando un mercato è saturo è saturo.

Perché l’impressionante accelerazione impressa dalla globalizzazione ha svelato l’arcano: i cicli di distruzione delle risorse per superare le crisi di sovrapproduzione non sono infiniti, e alla fine qualcuno resta col cerino in mano. Con una montagna di carta inutilizzabile: non puoi goderti i soldi se l’unico che ancora ne ha sei tu, come il protagonista di portfolio (cfr pococurante).

Dunque, è finita. Perché non ce lo dicono? Ma ce lo stanno dicendo, per chi ha orecchie per intendere … In Urss ciò che trapelava era molto meno grave di ciò che era in realtà; quando le fonti ufficiali comunicavano che il compagno segretario generale del Pcus aveva il raffreddore, potevi scommettere che era moribondo. Nell’attuale sistema di economia pianificata occidentale addirittura ci dicono che la crisi del capitalismo è grave! Significa che il paziente è bello stecchito. A questo punto risulta anche mal riposto il timore dei complottisti circa l’imminente discesa dei vulture funds (cfr Barnard), queste ss del terzo millennio che si appresterebbero a spolparci dopo il default, appropriandosi dei nostri ‘averi’ (?).

Avessero ammazzato gli ebrei con l’idea di mangiarseli avrebbero pensato prima a ingrassarli, scrivo dunque un elogio del cannibalismo (cfr Di Ruscio). Ma dove vanno con i nostri ‘averi’? Probabilmente il programma è di rinchiudersi nel bunker mentre il resto del mondo agonizza. Ma vivendo così non passerebbe anche a loro la voglia di vivere? (cfr Dr. Stranamore).

Sottolineo che lo scenario tinteggiato non è affatto apocalittico, se non per quell’esigua minoranza che detiene le ‘vere ricchezze’; noialtri proletari (il 99% della popolazione, per intenderci) non abbiamo altro da perdere che le nostre catene (cfr K.M.). In questo caso il mal comune non è mezzo, ma doppio gaudio.

Immagino un finale alla fight club (cfr Palahniuk). Ci sarà un reset, azzerato tutto, tutti i debiti: rimetti a noi i nostri debiti (cfr …).

Il nostro ex Khorakaneker Pococurante è un genio. La dimostrazione, per prendere a prestito anche noi una citazione, è quanto disse Ezra Pound: “Il genio è la capacità di vedere dieci cose là dove l’uomo comune ne vede solo una, e dove l’uomo di talento ne vede due o tre”

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