LETTI PER VOI (recensioni a perdere) 4

In questo week end ferragostano ho letto La fabbrica dell’obbedienza (E. Rea, Feltrinelli, 2011) . Testo difficilmente classificabile , in quanto non è un romanzo né un saggio, ma piuttosto un lungo sfogo, come ammesso dallo stesso autore, dove si individuano le origini del carattere e della mentalità diffusa fra gli italiani nel nefasto influsso della chiesa cattolica dai tempi del concilio tridentino in poi. Obbedienza ipocrita, timore reverenziale, certezza di impunità, e altri tratti distintivi facilmente riscontrabili nell’italiano medio sarebbero determinati dall’influenza della controriforma che ha soffocato l’umanesimo e il rinascimento italiano a partire dal XVI secolo. La lettura non risente del metodo di argomentazione, volutamente disordinato. Si viaggia nel tempo con excursus nel periodo prebellico (fascismo), nel risorgimento, il ‘700 illuminista, per tornare ai mesti giorni nostri.

A sostegno delle sue tesi Rea ricorre agli studi del filosofo Spaventa (a me finora sconosciuto, ma spesso citato) e rivela sconcertanti lettere, come quella di Leopardi a un vescovo per piatire una raccomandazione e quella incredibile di Marrazzo che chiede pubblicamente perdono al papa per ciò che ha fatto (!).

Nel finale l’autore si produce in un’improbabile, onirica, proposta di soluzione ai nostri mali che prefigura una secessione del sud e in una più convincente rappresentazione di un processo a Caravaggio, ricorrendo all’espediente letterario del grande inquisitore di Dostoevskij, accusando messer Merisi in qualche modo di imitare Giordano Bruno.

Di assecondare le sue tendenze eretiche ritraendo il volto della sofferenza umana, dei reietti, degli ultimi, mirando a collocare l’uomo al centro dell’universo a scapito della devozione per santi e madonne, che dovrebbero occupare sempre il centro della scena.
Insomma, per Rea la causa che sta a monte dei mali e dell’arretratezza italiana è da ricercarsi nell’oppressione tuttora operante della chiesa cattolica sulla vita sociale.

Indubbiamente una tesi condivisibile.

Tuttavia vorrei far notare che questa chiesa non fabbrica un’obbedienza cieca, sincera, ma bensì un’obbedienza ipocrita, di convenienza.

La peculiarità della chiesa cattolica consiste nell’accogliere tutti (lo vediamo anche all’interno delle sue manovalanze che includono un Don Gallo come un Don Verzè) purché si ‘mostri’ di credere, non purché si creda davvero. L’importante è non dar scandalo, allora un eretico appare peggiore di un assassino pentito.

Se da un lato questa mentalità corrente è nemica del pensiero libero e dell’esercizio critico, dall’altro vorrei sottolineare quanto questo modo ipocrita di rapportarsi col potere possa giovare a un popolo. Personalmente considero ogni religione un imbroglio, e come tale da rifiutare in quanto è di ostacolo al dispiegarsi di una democrazia compiuta, con cittadini maturi e responsabili che sanno rapportarsi con l’autorità costituita senza timori reverenziali, devozione, fiducia.

Un popolo maturo non deve temere né fidarsi del potere, ma criticarlo e controllarlo costantemente.

In questo senso, il cattolicesimo italiano, nelle sue forme di influenza qui analizzate, non è quanto di peggio poteva capitarci, in quanto non genera una fede cieca, acritica, sincera in chi incarna il potere. Penso alla pericolosità della politica dettata dalla destra cristiana americana, per non parlare dell’integralismo islamico. Voglio sperare che in questa contingenza difficile che ci aspetta, ci salveranno proprio il nostro scarso rigore, l’autoindulgenza, la furberia , l’elasticità quando il Sant’Uffizio dello strozzinaggio finanziario internazionale ci chiederà di mostrare autentica fede e obbedienza alle sue ricette. Mai come in questo caso si imporrebbe un’obbedienza di facciata …

(recensione dell’ex Khorakhaneker Pococurante)

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