Tutto esaurito ieri sera alla taverna dei cattivi presenti, dove il solito tizio forse stavolta aveva davvero esagerato col bere, dato che si è prodotto in una filippica ai limiti della blasfemia nei confronti della dea del nostro tempo: la merce.
Adesso vi spiego io come stanno le cose. Tralasciando le fuorvianti elaborazioni marxiane, sono giunto alla conclusione che la differenza fra il valore d’uso e il valore di scambio risiede nell’investimento emotivo che ciascuno di noi fa intorno a determinati oggetti. Per es. il valore d’uso di un orologio dipende dalla sua precisione: serve per vedere che ora è. Il suo valore di scambio dipende da qualcosa di misterioso, come il brand (un rolex non è più preciso di un comune orologio, ma vale di più).
Se ci pensiamo bene, è questa la molla che spinge i volenterosi soldati del sistema capitalistico a condurre un’esistenza reificata. Sbattersi, scendere a compromessi, accantonare l’etica, sfruttare il prossimo (o farsi sfruttare dal prossimo), stressarsi … per che cosa?
Per sfoggiare un rolex al polso (e l’orologio è solo un esempio, la punta dell’iceberg, a seguire: cellulare, auto, abbigliamento, arredamento, ecc.)
Il capitalismo, questo cancro che sta uccidendo il pianeta e l’umanità, si fonda su un impulso infantile, bambinesco. Necessita di un esercito di bambini malcresciuti che anelano a giocattoli sempre nuovi, saltando come scimmiette ammaestrate gratificate dalle noccioline come premio.
I nostri figli vanno educati fin da piccoli a distinguere fra valore d’uso e valore di scambio. Pertanto occorre eliminare l’investimento emotivo sugli oggetti (in effetti grottesco) per dirottarlo sulle persone. Si tratta di elaborare una strategia educativa che vada in questa direzione. Il mestiere di genitori è difficile e spesso si procede per tentativi ed errori. Io mi comporto così, ditemi se sbaglio. Non appena i miei bimbi, passando davanti ad una vetrina, mi dicono “papà, vorrei …” “papà, mi compri …” non gli faccio nemmeno finire la frase che subito gli compro quel giocattolo.
Ciò che è deleterio è il desiderio, il coinvolgimento emotivo che afferisce alla merce. Il desiderio è la distanza fra il pensare e l’ottenere la merce. Una volta annullata la distanza, si annulla il desiderio. Infatti, ottenuto il giocattolo così velocemente, non solo non ci giocano, ma manco lo guardano, non lo considerano proprio! e si dedicano spontaneamente a divertimenti come girotondo, nascondino, disegni e altri giochi che non necessitano di alcun elaborato supporto mercificato. Col risultato che mi ritrovo la casa, benché sia molto grande, sempre strapiena di giocatoli inutilizzati, tanto che almeno una volta al mese mi tocca riempire il mio pick up di quintali di giochi per portarli in discarica (mica li regalo ai bambini poveri: che se li comprino, quei pezzenti! ah ah ah).
Sconcerto e apprensione da parte dell’ala moderata della platea.
Apprezzamento da parte dell’ala militarista.
Dalla lucidità inscalfibile del nostro POCOCURANTE
Leggevo l’altro giorno sul Corriere della Sera di un certo Platone il quale sostiene o sosteneva, non so se sia morto, che si può educare in modo giusto un figlio solo in una società giusta. Non ho capito cosa intenda dire, magari se torni in taverna e trovi il tizio, mi fai il piacere di chiedergli una spiegazione? Aspetta che sia alticcio, mi raccomando, mi pare che gli diano tanta lucidità i fumi dell’alcool.
Francesco, il vostro ex khorakhaneker