OI DIALOGOI puntata trentuno: Soldi

“caro amico, io ti do quel che ti è necessario, ma tu conosci la conditio sine qua non, tu sai con quale inchiostro devi scrivere l’impegno che assumi con me; nel momento stesso in cui ti procuro un godimento, ti scortico.” K. Marx, 1844
Stasera, e non solo stasera ma sempre, sempre, sempre si parla di… soldi

“Una volta erano solo i poveri a pensare sempre ai soldi – ricorda Eliconide – perché era ciò che mancava, come gli adolescenti che parlano sempre di sesso perché non lo fanno mai… Ora senti parlare dappertutto di soldi  da parte di tutti (e anche di sesso, da parte di adulti…) e il motivo è sempre lo stesso: un’idea fissa, un’ossessione è generata da un deficit, tutto è relativo; a certa gente (quasi tutta) i soldi non bastano mai…”

“Provate a frequentare i tavolini dei bar nelle pause pranzo – conferma Empirio – origliate i discorsi: gira gira si finisce sempre lì, quanto costa, quanto si guadagna…”

“Vabbè, quelli saranno bancari – ipotizza Epafrodita – c’avranno na deformazione professionale…”

“No, tutti, proprio tutti – ribatte Empirio – se non ci sono di mezzo i soldi c’è il tecnicismo: ognuno parla di ciò che sa fare, di lavoro. Anche nel tempo libero, nel week end, in vacanza ognuno parla di ciò che fa nella settimana: di lavoro, lavoro per soldi of course.”

“Sembrerebbe un ottimo argomento per cementare amicizie, dato che è un interesse così comune – dice Eglatina – invece i soldi, insieme al potere, sono il terzo incomodo che ostacola un’autentica amicizia fra maschi adulti perché introducono il ferale elemento della competitività (chi ce l’ha più lungo, chi fa/ha più soldi?).”

“In realtà i soldi sono un problema soprattutto dei ricchi, soprattutto oggi – medita con preoccupazione Epitteto – c’è il grosso problema di dove metterli, non affinché rendano qualcosa, quello è un problema del passato, ma affinché stiano al sicuro. Dove? Sul conto corrente di una banca che può fallire da un mese all’altro? In titoli di uno stato che può fallire da un mese all’altro? Non avete idea di quanti ricchi tengano sì i soldi in banca, ma in cassette di sicurezza, in contanti.”

“Così almeno ogni tanto li possono toccare, annusare, ascoltarne il fruscio… non sono solo gelidi pixel sul computer che scompaiono con un clic…- si intenerisce Eliane.

“Quando si parla di soldi non si scherza, si parla seriamente – ammonisce Ezra – c’è della gente che ai soldi ha dedicato e dedica la propria vita. Gente che si è veramente fatta un ‘mazzo così’, ha lavorato sempre, duramente, ha sacrificato la giovinezza, ha ingoiato rospi, è scesa a compromessi, ha trascurato gli affetti, la famiglia, e alla fine ce l’ha fatta: è diventata ricca. Magari gli affetti li ha conservati, oppure sono solo ‘di facciata’, ma i soldi sono lì, concreti, tanti. Ora ha soldi, e quindi potere. Poi si guarda intorno e vede qualcosa di stonato. Vede, nota, avverte che esiste qualcuno che vive sereno anche senza tanti soldi. Ma come, dice, mi sono fatto un ‘mazzo così’ per i soldi, e quello? Vive sereno senza? Io che ho sempre invidiato, ora che è il mio turno, non vengo invidiato? Non è giusto, ora ho soldi, e quindi potere: posso, devo modellare la società affinché non esistano simili ingiustizie. Tu puoi anche passeggiare spensierato mano nella mano con i tuoi figli, puoi anche uscire dalla biblioteca con il sorriso ebete perché hai trovato i libri che cercavi, ma io che ti guardo dall’alto, dal terrazzo del mio sudato attico, dall’alto del mio capitale incommensurabilmente superiore al tuo, non posso tollerare quel sorriso; contribuirò a informare la società affinché tu impari a stare ‘dentro il recinto’, affinché tu sbatta il muso e capisca che qui e ora e per sempre è solo e soltanto una questione di soldi, che tutto, ma proprio tutto è negoziabile…
Credete che la mentalità della nostra classe dirigente sia meno infantile, bambinesca, nonnista di questa? Allora gli ingenui siete voi…”
Questi dunque i discorsi degli italiani in questo senso ancora renitenti a una pretta integrazione in quel listino prezzi che è l’Occidente.

Pococurante VM

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