In questo week end radioso ho letto (non è vero: l’ho fatto in orario d’ufficio mentre facevo finta di lavorare) un agile saggio scritto a due mani (A. Pascale e L. Rastello) Democrazia: cosa può fare uno scrittore? BD, 2011.
La prima parte, infarcita di citazioni che vanno da Socrate a Celentano al grande fratello (non quello di Orwell), mi trova concorde circa la critica del ricordo nostalgico, spesso inquinato dallo struggimento superficiale (già stroncato dall’incipit di Aden Arabia: ho avuto vent’anni …).
Meno concorde riguardo l’irrisione dell’imminente apocalisse, smentita secondo l’autore dai ripetuti ‘al lupo al lupo’ degli ultimi decenni (per colmo di sfortuna, sua, l’autore perora la causa del nucleare poco prima di Fukushima).
Il fatto che non siano ancora avvenuti i flagelli intuiti da certi intellettuali (collassi ambientali, economico-finanziari) non esclude che siano prossimi a verificarsi. Del resto anche i ‘tecnici’ assicurano che prima o poi il Vesuvio si risveglierà (e mi risulta che si sia molto costruito sulle sue pendici) e il Big One si verificherà (e mi risulta che la California ospiti due centrali atomiche).
Ancora meno concorde mi vede la tesi che di determinati argomenti siano titolati a discorrere solo gli ‘esperti’ del ramo. Fermo restando un minimo di preparazione, di infarinatura, non possiamo accettare che di nucleare parlino solo gli ingegneri, di aborto e biotestamento solo i medici (o i preti?), di riforma della giustizia solo i giureconsulti, di guerra i militari. D’accordo l’approccio laico, l’approfondimento scientifico, la ricerca di ‘prove’, ma giudico sbagliato rinunciare ad una delle prerogative più preziose degli intellettuali: l’intuito (io so, ma non ho le prove). Quanto alla necessità di disporre di bravi filologi, dipende …. ricordo a Pascale che Alfonso Signorini è filologo.
E qui mi riallaccio alla seconda parte, a cura di Rastello, che secondo me centra il problema. L’attività intellettuale, giornalistica, divulgativa non può prescindere dal condizionamento del mercato: pare che in questa società liberale decidano gli inserzionisti cosa va pubblicato. Lo scopo, necessitato, di ogni iniziativa editoriale è di individuare, coltivare e blandire un determinato target.
Occorre capire che l’abuso di retorica, l’induzione alla commozione kitsch a scapito della precisione, della vivisezione, risponde ad un’esigenza di marketing, di segmentazione dei consumatori, gli utilizzatori (o meglio, gli utilizzati) finali.
Sono convinto che compito degli intellettuali in questa fase storica sia, propedeutico ad ogni altro, denunciare sistematicamente (come fanno certi scrittori cattolici che alla fin fine, gira gira, parlano sempre di redenzione) che il capitale si è fatto carne: è dentro di noi. Denunciare che condizione, non sufficiente, ma necessaria per l’affermazione della democrazia è l’espulsione della logica di mercato dall’economia, dall’informazione, dalla cultura, dai nostri corpi e (distorcendo i codici del testo testé recensito con un cedimento alla retorica …) dai nostri cuori e dalle nostre anime.
(recensione dell’ex Khorakhaneker Kraus Davi)