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CASETTE DELL’ACQUA pubblica

casadellacquaNON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’

Si vedono finalmente anche nella nostra provincia.

Sono da poco a Merate e Mandello.

Di solito sono piccole costruzioni in muratura nelle piazze o in prossimità di parchi pubblici. Hanno tubature collegate direttamente all’acquedotto e i rubinetti in acciaio inox sono comandati da una fotocellula: basta mettere una mano davanti al sensore per attivare il flusso e bere. Ma sono sempre di più le persone che vanno alle Case dell’Acqua con le bottiglie vuote per farsi una piccola scorta di acqua gasata spendendo molto meno che quella del supermercato.  In questo modo è stato calcolato che il risparmio sulle spese di acqua minerale a famiglia è di circa 200/300 euro l’anno. In Provincia di Milano sono almeno 24 i comuni che hanno adottato questa soluzione. “Dai rubinetti delle Case dell’Acqua esce la stessa acqua che arriva nelle case, con la particolarità di essere arricchita dall’anidride carbonica che le dà una leggera gasatura. I controlli sulla qualità sono continui perché sono quelli effettuati sull’acquedotto”. L’obiettivo è incentivare il consumo d’acqua del rubinetto. Tra gli altri risultati, però, e Merate e  Mandello ne sono testimoni si aiuta a ridurre il consumo delle bottiglie di plastica portando un risparmio ambientale ed economico sensibile. E’ abbastanza evidente che queste casette sono complementari alla necessità di riattivare e individuare anche nuovi punti acqua con fontanelle naturale, gratis e sempre bella fresca, nei parchi, nelle zone popolari e nei luoghi di maggiore affluenza della nostra città.

 

Educazione al consumo nelle famiglie. Uso della brocca da parte dell’amministrazione. Non sponsorizzazione del consumo dell’acqua in bottiglia, pubblicità progresso per l’acqua del rubinetto.

CIMITERO SOSTENIBILE

cavriago_cimitero_napoleoni_NON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’ FARE.

Stessa luminosità di prima ma con un consumo di corrente elettrica di appena il 20% di quello precedente. Sono duemila, fra loculi e cappelle, i punti luce toccati dall’originale intervento del Comune di Camigliano (CE) che, per la particolare attenzione al rilancio ambientale, si è anche meritato una menzione nel corso della trasmissione televisiva «Geo & Geo».

Ma perché il led? Sistema affidabile e conveniente: mentre una lampadina ad incandescenza ha una durata media di circa un anno, quella a led dura più di dieci anni. E se con il led il risparmio tocca punte dell’80%, in bolletta i cittadini si ritroveranno (dopo che il Comune si è sostituito ai privati nella gestione dell’illuminazione cimiteriale) anche una riduzione dei costi non inferiore al 30%. Insomma, un bel traguardo di sostenibilità e di efficienza economica. Decine di migliaia di Euro   che potranno essere investiti altrove. Anche un comune grande come Lecco, San Benedetto del Tronto (AP) da sperimentato al strada del risparmio. Da alcuni anni è in funzione un impianto fotovoltaico al cimitero di San Benedetto del Tronto (AP), che permette di abbattere di 5 mila euro la bolletta pagata dal cimitero stesso (circa un decimo del totale) e di ottenere un ulteriore introito di 12 mila euro per l’energia prodotta, il tutto per 20 anni. 17.000 euro risparmiati riducendo al contempo le emissioni di Co2 in atmosfera! Un cimitero veramente sostenibile però deve anche oltre l’aspetto energetico sviluppato precedentemente tener conto anche di altri aspetti.Un Comune serio deve prevedere luoghi per il commiato per funerali civili. Anche in funzione di altre religioni oltre che per non credenti e spazi nei vari cimiteri per questa possibilità di sepoltura. Nonché la Creazione di un centro di cremazione al cimitero locale o in città.

CONSIGLIO DEL LAVORO

charlotIl mercato, contrariamente a quanto detto negli ultimi 30 anni non garantisce la piena occupazione. Ci vuole l’intervento compensativo del pubblico. Il mercato da solo non basta.

Questa è  la base da cui partire per riscoprire tutta la parte della costituzione legata ai rapporti economici. È compito della repubblica quindi garantire il diritto al lavoro. Come reddito e soprattutto come autorealizzazione della persona.

Ci sono le crisi. Questa crisi. Che sarà una crisi di lunga durata. Forse la crisi definitiva del capitalismo. Nel senso sempre attuale di o socialismo o barbarie. Se non ne usciamo c’è solo la ristrutturazione verso il degrado entropico: Un sussulto verso il peggio. Se non si esce dal capitalismo. Piccole riprese. Ristrutturazioni. Aumento di disoccupazione.

Serve quindi. Per rispondere alle urgenze un fondo di solidarietà. Ma da solo non può bastare. Un fondo che si attiva con risorse private e comunali, con risparmi oculati di spesa, con la solidarietà cittadina.

 

Sappiamo che bisogna tendere a un reddito garantito. Un reddito di esistenza a prescindere dai lavori. Siccome non se ne uscirà subito dal capitalismo, siccome la flessibilità, intesa come precarietà, dal punto di vista dei lavoratori sarà la regola, è necessario che tutti possano disporre di un reddito decente per vivere, e studiare, per “stare nel mercato del lavoro” in modo, ahimè, competitivo,  ecc.

 

Ma un comune, adesso tantopiù che non può garantire un reddito che risponde a politiche più generali può e deve sicuramente garantire servizi reali nel maggior numero possibile.

E a più alta qualità.

Da quelli più fondamentali. Casa, istruzione e salute. Nonché alimentazione e vestiario.

Ma siccome il mercato  non è autosufficiente un comune deve diventare un atelier dei lavori possibili per dare risposte a bisogni concreti.

Il comune deve avere un piano del lavoro. Un consiglio del lavoro. Che è il consiglio dei consigli dei lavoratori occupati e disoccupati. E diventare il luogo dove si promuove, si programma la piena occupazione territoriale. Altro che camere di commercio.

Non è niente altro, o poco più dell’economia mista, con cui abbiamo convissuto per decenni, dal new deal in avanti. 

E per sostenere le imprese ed i lavoratori che ne danno gambe, forza e vita, insieme alle rappresentanze conosciute bisogna costruire reti di responsabilità, di solidarietà, di supporto.

Per le fiere, per la promozione del prodotto, per l’approvvigionamento della materia prima, con al costruzione di un marchio a hoc.

Bisogna produrre non imprenditori individuali. Ma imprenditori collettivi. Imprese grandi o piccole che si autogestiscono, si autogovernano. Consigli autogestiti di produttori e consumatori. Senza prendere il potere. Ma qui e adesso partendo dai bisogni reali. Nuova imprenditoria. O forse meglio è una imprenditoria dei bisogni concreti (valore d’uso) e non dei bisogni astratti (valore di scambio). E allora atelier municipali. (provinciali)

E allora i gas – gruppi di acquisto solidali –  come sostituti rimpiazzo di un piccolo commercio periferico autogestito. C’è un mercato dell’altra economia che può crescere, che deve crescere e togliere spazio all’economia del mercato capitalistico in tutti i settori. Altro che compagnia delle opere. Un altro mercato. Non capitalistico. Un mercato sociale 

Il Comune si fa imprenditore laddove il mercato non basta, non ce la fa non può farcela. Non con l’obiettivo del profitto e dello sfruttamento ma della piana occupazione dei propri cittadini che vi abitano  

Più tempo per il lavoro sociale. Attività di autoproduzione e soprattutto di relazione. Il benessere è dato dalla qualità delle relazioni più che dalla quantità di beni. Allora, pronti banca del tempo, gas, e tutto diventerà nel divenire, nel crescere un’altra sicurezza. Ovvero un curarsi dell’altro. E insieme un curarsi del sé. E della propria crescita spirituale. O semplicemente umana e culturale.

PANNOLINI LAVABILI, SPORTE, SFUSI E ALLA SPINA

alimentari_alla_spinaNON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’ FARE

Ormai diversi comuni anche periferici alla nostra provincia stanno adottando, in aiuto alle famiglie e all’ambiente il sostegno  volto alla riduzione dei rifiuti ed in particolare alla sensibilizzazione all’utilizzo dei pannolini lavabili. Il Comune di Camigliano (CE) per esempio ha avviato il Bando per l’Assegnazione di un Kit da 5 pannolini lavabili ai genitori di bambini e residenti nel comune.

L’uso di pannolini “usa e getta” si rivela fonte importante di rifiuti di origine urbana e sanitaria. I pannolini usa e getta sono altamente inquinanti. Non solo sono difficilmente smaltibili (in natura necessitano di circa 500 anni per decomporsi), ma hanno una grande impronta ecologica perché già all’atto della produzione consumano molte risorse naturali.

Nonostante le apparenze, i pannolini usa e getta usano oltre 1/3 in più d’acqua rispetto ai pannolini lavabili, inoltre, mentre l’acqua di scarto derivante dal lavaggio dei pannolini in stoffa è relativamente innocua, le acque di scarico provenienti dalla produzione di cellulosa, plastica e idrogel contengono solventi, metalli pesanti, polimeri e diossine.

Per queste ragioni sono da preferire i pannolini riutilizzabili che si comprano una sola volta, si riutilizzano per tutto il tempo necessario, eventualmente anche per un altro figlio, risparmiando alla mamma lo stress di dover sempre inseguire le offerte promozionali dei vari punti vendita.

Torre Bordone (bg) fin dall’inizio del 1997, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, che continua tuttora, per incentivare l’abbandono del tradizionale pannolino “usa e getta” per i neonati e per promuoverne la sostituzione con un diverso tipo di pannolino lavabile e riutilizzabile.

Attraverso un incentivo economico alle famiglie. Per queste infatti il risparmio è notevole. Considerando infatti che la spesa complessiva per l’acquisto dei pannolini usa e getta si aggira, nell’arco di 30 mesi, su € 1000/1500, l’acquisto dei pannolini riutilizzabili può far risparmiare più del 50%. Considerando che un pannolino sporco pesa mediamente 3 hg. e che ogni bambino viene cambiato circa 6 volte al giorno, l’incidenza di 150 famiglie nella produzione di rifiuti è di circa 270 Kg. al giorno. Poiché le famiglie che attualmente fanno uso del pannolino riutilizzabile sono il 20%, si può stimare che la produzione di rifiuti è diminuita di 54 Kg. al giorno, vale a dire circa

20.000 Kg. all’anno, che rappresentano il 5% del totale dei rifiuti non riciclabili raccolti a domicilio nel nostro Comune.

 

Sui riduttori di flusso che da un paio d’anni l’amministrazione Provinciale ha messo a disposizione dei comuni insieme alle lampadine a basso consumo, basti pensare che è proposta di alcuni di noi, insistita, fino allo sfinimento, nostro, iniziata 10 anni fa con un ‘ordine del giorno e le orecchie e le teste tappate degli amministratori.

Le sporte della spesa, in sostituzione dei sacchetti di plastica, sono un’altro incentivo e percorso che un Comune rispettoso di ambiente e  cittadini deve sostenere. Di pari passo con l’uso dello sfuso e dei prodotti alla spina, alimentari in genere, latte, detersivi, pasta, farine, ecc.. facendo pressioni e cultura anche verso il canale dei supermercati e dei negozi del territorio   

I risultati di risparmio economico ed ambientale per i cittadini è ormai riconosciuto su tutto il territorio nazionale. Moltissimi sono i comuni, le proprio strutture pubbliche e le famiglie che l’hanno adottati.       

ECOFESTE E STOP PLASTICA MONOUSO

ecofesteNon è vero, quindi, che non si può fare.

 

Ecofeste, perché per divertirsi non occorre inquinare.

 

Un’amministrazione locale attenta alla qualità della vita dei propri cittadini non dovrebbe trovare difficoltoso mutuare, sull’esperienza di altri Enti ed altri Territori, Osnago, Mezzago (mi), Reggio Emilia, Parma per citarne solo alcuni, la metodologia e le buone pratiche che si possono attuare quando si promuovono e si organizzano le Feste di paese, le sagre e gli Happening. Questo per continuare a divertirsi pensando anche alla salvaguardia dell’ambiente nel quale viviamo.

Per arrivare, nel breve, ad allargare questo percorso a tutto il territorio della Città, rendendoci liberi dalla plastica monouso, ovviamente a iniziare dagli uffici pubblici, dai consigli comunali, dalle iniziative pubbliche di incontri, ai volantini pubblicitari, per giungere a eliminarli per ordinanza, se si può, o ancor meglio per condivisione, con gli esercizi pubblici e commerciali della Città. 

L’estate è il periodo principe delle Sagre e delle Feste e già a metà primavera si incominciano a progettarle.

Tutte ricche di sforzo organizzativi lodevole che – ci sembra – possano e debbano essere anche indirizzati ad una corretta riduzione degli sprechi ed alla promozione di pratiche coerenti con percorsi che ci caratterizzano

Non è complicato e comunque è auspicabile che per queste sagre e Fiere –che L’Ente Comunale promuove o Patrocina o semplicemente autorizza- si possa in maniera sistematica prevedere un’attenta raccolta differenziata di plastica, vetro, carta e lattine, la separazione degli oli di frittura, una riduzione dei rifiuti (la vera salvezza) attraverso l’accorgimento di prevedere le bottiglie d’acqua con vuoto a rendere o ancora meglio l’uso esclusivo dell’acqua pubblica di rubinetto con caraffe e bottiglie di vetro, nonchè l’invio ai canili degli avanzi di pranzo (che si spera comunque pochissimi)

L’utilizzo, per il reparto mensa per esempio, di materiali usa e getta ed una scarsa attenzione agli sprechi rischiano facilmente, è già successo, di lasciare dietro a queste sempre piacevoli giornate e feste una montagna impensabile di rifiuti.

Quindi l’amministrazione deve regolamentare e incentivare la sostituzione dell’usa e getta con stoviglie e posate riutilizzabili, o in cui i piatti sono in materiale biodegradabile.

E perché su questa linea non promuovere e introdurre la cucina con prodotti locali e biologici dove non sono stati necessari ne concimi chimici ne migliaia di kilometri per trasportarlo, il cibo?

Perchè non prevedere l’uso esclusivo del materiale informativo e pubblicitario stampato su Carta Ecologica?

Iniziando come Amministrazione fin da subito  promuovere incontri con gli organizzatori delle varie sagre e feste cittadini e di quartiere, per cercare, assieme, supporto, consenso ed economie di scala. Creando un tavolo di lavoro che porti alla costruzione, condivisa, di un Regolamento, vincolante (o incentivante), per la concessione dell’autorizzazione alle (sole) Feste che rispondono a questi criteri eco-sostenibili?

verso RIFIUTI ZERO

rifiuti-zeroNON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’ FARE Capannori (LU) è il primo comune in Italia ad aver aderito alla “teoria-rifiuti-zero”. Attraverso una delibera consiliare l’amministrazione ha voluto cioè impegnarsi in una sfida totalmente controcorrente e per questo rivoluzionaria. Infatti se oggi aprissimo a caso una qualsiasi pagina di giornale o ci collegassimo con un telegiornale nazionale, le uniche parole legate al tema dei rifiuti sarebbero sporcizia, emergenza, termovalorizzatori… In questa cittadina toscana, al contrario, le parole (e i fatti) raccontano di un modo nuovo e diverso di amministrare un territorio: buon senso, inventiva, concretezza.

In questi anni il Comune di Capannori ha dimostrato che l’aumento dei rifiuti non è più un dato immodificabile, ma solo un fattore che può essere governato con il coraggio di una politica che guarda alla sostenibilità e alla necessità di scelte coraggiose e concrete per un comune futuro possibile. A Capannori si è costruita cioè una politica ambientale i cui punti fondamentali sono essenzialmente due: sostenibilità e partecipazione.

Il Comune ed ASCIT (l’azienda locale che si occupa della raccolta dei rifiuti) hanno dunque avviato una completa riorganizzazione del servizio andando ad eliminare dal territorio tutti i cassonetti ed attivando la raccolta domiciliare “porta a porta”, con la consegna a tutte le famiglie degli strumenti per la raccolta differenziata.

Qui il “Porta a porta” è un sistema ormai consolidato: su oltre 26 mila dei 45 mila cittadini del comune, con una raccolta differenziata che supera l’80%. Lecco, ritenuta non totalmente a torto “virtuosa”, è da anni ormai che sia come Obiettivi del Piano Rifiuti della Provincia sia coem risultati è ancorata ad una percentuale del 55-56%.  

Dall’avvio del “Porta a porta”, grazie all’aumento della raccolta differenziata c’è stata una riduzione dei rifiuti indifferenziati di oltre 10.000 tonnellate.

Grazie alla sola raccolta differenziata della carta nel 2007 si è risparmiato l’abbattimento di 100.000 alberi, il consumo di 2.85 milioni di litri di acqua, l’emissione di 9.100 tonnellate di CO2. Per un termine di paragone 2,85 milioni di litri di acqua risparmiati equivalgono al risparmio idrico del consumo annuo di ben 31.647 cittadini.

Grazie al riciclo del vetro e della plastica, la mancata emissione in atmosfera di CO2 è stata pari a ben 821.200 kg. Grazie all’utilizzo di sfalci e potature si è ottenuto un risparmio di 1.074.500 kg di CO2.

Risparmiando centinaia e centinaia di migliaia di euro, tutti gli anni.

Un ulteriore elemento positivo dell’esperienza di raccolta domiciliare a Capannori è l’aspetto del lavoro. Il “porta a porta” necessita infatti di un numero più elevato di operatori. Dall’inizio del sistema di raccolta “Porta a porta” ad oggi ci sono state circa 30 nuove assunzioni. Questo non ha significato però maggiori costi perché questi sono stati compensati dai risparmi ottenuti dal mancato smaltimento dei rifiuti indifferenziati. Questi risparmi sono stati investiti non solo in mezzi più piccoli ed ecologici ed in nuovo personale ma anche garantendo un risparmio sulla tariffa al cittadino.

Con i risparmi ottenuti dal non dover smaltire i rifiuti indifferenziati, oltre a coprire i costi delle nuove assunzioni, il Comune ha riconosciuto una riduzione della tariffa ai cittadini, pari al 20% sulla parte variabile.

IL COMUNE DI CAPANNORI E’ GRANDE QUANTO LECCO, può servire?

Un progetto ambizioso, quello di Capannori, frutto dell’impegno e della passione di amministratori intelligenti e virtuosi che hanno scelto di interpretare il proprio ruolo in modo diverso e originale: al servizio dei suoi abitanti.  

A Lecco è solo l’incapacità amministrativa a far credere nell’impossibilità di incidere sulle attuali tendenze di Ente impotente.