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PIANO CASA E REG. EDILIZIO

bioediliziaNON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’ FARE

OBIETTIVO GENERALE che ogni Comune attento alle esigenze ed al benessere dei propri cittadini deve darsi è quello di promuovere che ognuno di essi abbia la possibilità di VIVERE (abitare, lavorare, spostarsi e ricrearsi) nel proprio territorio BENE.

Obiettivo specifico deve essere perciò relativamente all’abitare, quello di avere la possibilità di usufruire di uno spazio residenziale dignitoso possibilmente rapportato alle sue possibilità economiche e comunque garantito anche ai cittadini senza reddito oppure con basso reddito. 

Il diritto ad abitare deve avvenire senza ulteriore consumo di suolo.

Il diritto ad abitare deve essere accompagnato dalla qualità delle abitazioni e di tutti gli immobili costruiti o da sistemare.

Il diritto ad abitare deve essere sostenibile inteso come ciclo produttivo che prevede un equilibrio fra le risorse naturali usate e quelle prodotte.

Il diritto ad abitare può essere esercitato se i costi delle costruzioni da eseguire, da acquistare o da usare in affitto sono ridotti. Il diritto ad abitare deve essere esercitato usando immobili legali, con le relative autorizzazioni amministrative e certificati di abitabilità e o agibilità.

 

Il Piano casa di Lecco deve quindi perseguire il raggiungimento di questi obiettivi. Deve Richiedere, a prescindere dall’intervento, alla fine dei lavori, la messa in sicurezza sismica dell’edificio con relativa certificazione. Una prestazione energetica di qualità

Facilitando e premiando questo percorso inizialmente estendo la riduzione del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione al 100% per i seguenti immobili, anche prima casa:

Immobili autosufficienti dal punto di vista energetico (Producono da fonti rinnovabili tanta energia quanta quella richiesta per il funzionamento dell’immobile); e una riduzione degli oneri fiscali comunali per gli immobili in vendita o affittati a prezzo convenzionato.

 

Estendendo la riduzione del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione al 100% per la ristrutturazione di immobili in quelle aree, zone interamente dedicate alla costruzione di case a impatto ambientale zero. Autonome dal punto di vista dei consumi: impianto geotermico, pannelli solari, pozzo per l’acqua, e altro. Chi costruirà/ristrutturerà case in quest’area non pagherà oneri di urbanizzazione.

Per giungere in breve tempo all’ attuazione e modifica del regolamento edilizio, imponendo a tutte le ristrutturazioni l’installazione dei pannelli solari ove conveniente, mentre le nuove edificazioni l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione dell’energia elettrica. Intervenendo anche, preventivamente, sullo spreco.

Il settore civile, residenziale più terziario, infatti assorbono mediamente nell’UE più del 40% delle fonti energetiche. Intervenire sul contenimento dei consumi, riducendo da un lato la domanda attraverso la promozione del risparmio energetico e diffondendo l’uso delle fonti energetiche rinnovabili (in particolare l’energia solare) rappresenta l’unica strategia vincente.
La Direttiva comunitaria sull’efficienza energetica degli edifici, approvata dal Parlamento europeo, è lo strumento di riferimento per l’attuazione di politiche di riduzione dei consumi energetici negli edifici.

Il concetto di qualità energetica degli edifici, per non rimanere un’astrazione, deve essere attuato attraverso strumenti operativi. Nel contesto nazionale quello più efficace è appunto il Regolamento Edilizio Comunale.

E’ in questo contesto che deve nasce il nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Lecco, lo strumento più avanzato per indirizzare gli operatori verso un’edilizia sostenibile, ossia una edilizia finalizzata a soddisfare le esigenze attuali senza compromettere la possibilità per le future generazioni di soddisfare, negli stessi modi, le proprie. Il Regolamento Edilizio deve introdurre tre criteri noti da tempo ma scarsamente applicati: il risparmio energetico, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e l’impiego di tecnologie bioclimatiche.

Ma un Comune serio, rispettoso delle sforzi e impegni richiesti ai propri concittadini deve innanzitutto dare il buon esempio e facilitare l’adozione di buone pratiche di buonsenso.

Per questo gli impegni e le direttive richieste per l’edilizia privata devono essere comandamento soprattutto e prioritariamente nell’edilizia pubblica con importanti, celeri e adeguati percorsi similari appunto a quelli richiesti ai cittadini, alle famiglie.

Un percorso premiante che è già stato attuato con successo da diversi Comuni come per esempio Carugate (Mi), Morazzone (Va), Morbegno (So); Colorno (Pr), Varese Ligure (Sp), Bagnolo in Piano (Re), Avigliana (To). Non è vero quindi che non si può fare!  

IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

NON E’ VERO CHE NON SI PUO’ FARE

IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

impronta( misurazione impatto ambientale pubblico e  privato)

Michele Serra, L’amaca, da “la Repubblica” domenica 20 settembre 2009: “Chi la dura la vince. Fino a pochissimi anni fa mettere in dubbio la sacralità del Pil equivaleva a dimettersi dal dibattito politico. Cose da fricchettoni, da estremisti, da frange utopiste. Oggi sono gli economisti (perlomeno: alcuni economisti) a negare che il Pil basti a valutare il benessere. Repubblica di ieri presentava uno studio davvero rivoluzionario sulle regioni italiane. Lombardia e Veneto, ricchissime ma inquinate e meno vivibili delle regioni del Centro, scendono in classifica: “inutile guadagnare più degli altri se poi ci si ammala di asma bronchiale”, scriveva giustamente Roberto Petrini a commento dello studio. Regioni meno ricche ma più vivibili, come Marche Umbria e Toscana, salgono in graduatoria. Vent’anni di pensiero unico avevano quasi azzerato ogni valutazione eccentrica dello stato delle cose. Perfino una ovvietà, che la quantità non necessariamente sia qualità, suonava stravagante. Produrre di più, a qualunque costo, guadagnare di più, a qualunque costo, questa era la sola legge. I pochi che hanno tenuto accesa la fiammella del pensiero critico oggi possono essere fieri di se stessi. I pazzi sembravano loro. Pazzesco, oggi, sembra l’avere vissuto per produrre anziché produrre per vivere.”

 

L’impronta ecologica è un indicatore ideato nel 1990 da William Rees e Mathis Wackernagel e continuamente perfezionato.

L’impronta è utilizzata per correlare lo stile di vita ed i consumi di una popolazione con “la quantità di natura” che serve per sostenerli a tempo indeterminato. Questa “quantità di natura” – espressa in ettari di territorio pro capite – comprende sia le risorse naturali necessarie per mantenere quel tipo di vita e di consumi (es. campi per produrre grano, alberi per la carta, spazio per il costruito ecc.), sia gli spazi ambientali necessari per smaltire i rifiuti generati (es. ettari di foreste per assorbire l’anidride carbonica prodotta dalle auto); in pratica l’impronta rappresenta “il peso” (espresso in ettari) che ogni popolazione ha sull’ambiente.E’ molto interessante confrontare l’impronta con la “produttività pro capite” o “biocapacità” del territorio abitato dalla popolazione presa in esame. Dal punto di vista dell’equilibrio ecologico se l’ impronta è minore della biocapacità tutto va bene, se è maggiore c’è da preoccuparsi perché significa che la popolazione esaminata preleva risorse dai territori esterni ai suoi confini. E’ interessante notare che il benessere non corrisponde necessariamente al valore definito dall’impronta di una popolazione: un americano, un olandese o un italiano, infatti hanno raggiunto un livello di benessere paragonabile, ma ottengono valori comunque dissimili nell’”impronta”. Questo fa pensare che si possa operare per ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.

I sistemi e le tecnologie per rispettare i valori di equità ecologica sono molteplici: vanno dal risparmio energetico alla condivisione dei mezzi di mobilità (ad esempio, con il car sharing), dal consumo di alimenti prodotti locali, alla produzione di prodotti riparabili, senza i costi dell’”usa e getta”.

L’impronta ecologica é quindi un indicatore molto utile per far cogliere ai cittadini e ai decisori politici – in maniera rigorosa, ma facilmente intuibile – la relazione tra lo stile di vita di una popolazione e la “quantità di natura” necessaria per sostenerlo.

Si può quindi ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.E’ necessario anche per la città di Lecco quindi conoscere e monitorare questo valore per addirittura aumentarne il benessere e la qualità della vita e del territorio, anche in termini economici, diminuendo verosimilmente nel contempo oltre gli sprechi anche le malattie. Questo permette di scegliere come e dove andare con oculatezza per un’amministrazione seria al passo ed al servizio dei cittadini.

IL PRINCIPIO DI COMPENSAZIONE ECOLOGICA

stopalconsumoditerritorioNON E’ VERO CHE NO SI PUO’ FARE

Il suolo è una risorsa, limitata – come l’acqua e l’aria – e non rinnovabile. Un bene comune dunque, da tutelare e preservare.

Il suolo ha un valore ambientale, sociale, culturale ed economico, fondamentale per tutta la collettività. Un valore che viene quotidianamente eroso dall’inarrestabile attività edificatoria e dalla dissennata cementificazione dei nostri territori.Ci stanno togliendo il terreno da sotto i piedi La Lombardia è una delle regioni più urbanizzate e cementificate d’Europa. Negli ultimi anni il suolo è stato consumato al ritmo di 140.000 metri quadrati (l’equivalente di circa 20 campi di calcio) al giorno, per un totale di quasi 5.000 ettari l’anno coperti da cemento ed asfalto, distrutti dall’edilizia residenziale e commerciale, da strade, impianti industriali, centri commerciali e capannoni: terra che non tornerà più, poiché è quasi impossibile che un terreno edificato possa tornare fertile. Ognuno di noi ha bisogno di un po’ di suolo. Il suolo su cui si produce la nostra dose giornaliera di alimenti, quello su cui crescono i boschi delle nostre escursioni, il suolo che è parte del nostro paesaggio. Ma anche il suolo distrutto per costruirci la nostra casa, o la strada che ci permette di muoverci a piedi, in bicicletta o in automobile. Da sempre l’essere umano ha consumato un po’ di suolo per i propri villaggi e città. Ma da alcuni anni la situazione è cambiata: il consumo di suolo cresce molto più del fabbisogno abitativo. Anzi, si costruisce moltissimo senza nemmeno porsi il problema di dare una casa a chi ne ha bisogno.

Il consumo di suolo negli ultimi decenni ha significato:

                      speculazione edilizia a vantaggio di pochi operatori immobiliari e a scapito dell’intera comunità

                       uno stato di ‘dipendenza’ per i comuni, che hanno lottizzato per ottenere entrate economiche tramite gli oneri di urbanizzazione

 

Tutto questo ha un costo è infatti risaputo che la speculazione immobiliare non produce sviluppo durevole, ma solo accaparramento di rendite. Negli anni in cui a Lecco e in Lombardia si è costruito di più non è cresciuto il benessere dei lecchesi e dei lombardi. Se poi guardiamo un altro aspetto economico la speculazione finanziaria, legata al mercato immobiliare gonfiato, è stata una delle principali cause dell’attuale crisi economica globale!.

E nel frattempo sono andati perduti preziosi terreni, a danno dell’agricoltura, delle attività economiche produttive che hanno invece da sempre generato un grande valore nel nostro Paese. Si deve raggiungere quindi l’obiettivo di rendere obbligatorio, dovunque possibile, il riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate che devono anche essere individuate e quantificate con la mappatura comunale, per far fronte ad ogni nuovo bisogno insediativo. Solo quando si dimostra che è inevitabile usare suolo libero, viene imposto l’obbligo di compensare la perdita di valore ambientale, ‘costruendo natura’ su una superficie doppia a quella consumata, rendendola fruibile alla comunità locale. E devono essere realizzate prima di ottenere il permesso di costruire e prevedere il vincolo a finalità di uso pubblico di carattere ecologico-ambientale sulla corrispondente porzione di territorio comunale.

La compensazione ecologica preventiva si va ad aggiungere agli altri oneri già previsti dalle normative vigenti, allo scopo di scoraggiare il consumo di suolo libero.

La compensazione non avrà ripercussioni negative sulle entrate dei Comuni perché non sostituisce gli oneri di urbanizzazione, ma anzi si aggiunge ad essi.

La Crescita zero del cemento a Lecco è un atto d’amore per i suoi abitanti e per la città. Lecco è un paese meraviglioso. Viviamo seduti su una miniera d’oro. Ma la stiamo usando come latrina. Lo stop alla predazione del Territorio vuole essere quel tale che arriva e dice: “Scusi, può evitare. Mi da fastidio…” Principio compensazione ecologica del territorio è appunto questo signore. Siamo onguno di noi. Fermare il consumo di suolo agricolo e la cementificazione non richiede particolari preparazioni tecniche, ma una fortissima volontà politica.

 

FILIERA CORTA – lecco bene comune da preservare –

proseguiamo oggi e proseguiremo nei prossimi giorni con maggior cadenza la pubblicazione di BOZZA DI UN PROGRAMMA AMMINISTRATIVO: FILIERA CORTA E IL MERCATO CONTADINO

e giovedi 18 febbraio Domenico Finiguerra a Lecco, i dettagli QUI

km0NON E’ VERO CHE NON SI PUO’

La filiera corta non solo è una salvezza per l’ambiente ma lo è anche per l’economia locale e la ricchezza del territorio. I benefici di promozione delle eccellenze possono, se ben sviluppati e promossi essere anche un volano per il Turismo sostenibile che tratteremo in un altro punto di questo programma

Innanzitutto è di urgente e necessaria programmazione la nascita e l’inaugurazione del Mercato contadino di Lecco e del suo territorio. La nostra provincia ha tanti prodotti di qualità a “chilometro zero” in vetrina. Prodotti e consumati in pochi chilometri con risparmi notevoli.

EFFECORTA DOC Qualità, genuinità, tipicità e convenienza. Sono alcune delle principali qualità che un “Mercato Contadino” con regolarità ed intinerante per i quartieri e il centro deve essere sostenuto, finanziato e promosso da un serio ed efficace comune. Continua la lettura di FILIERA CORTA – lecco bene comune da preservare –

NEGOZI DI VICINATO – lecco bene pubblico da preservare –

BOZZA DI UN PROGRAMMA AMMINISTRATIVO: LA TUTELA DEI NEGOZI DI VICINATO E I G.A.S. NEI QUARTIERI

d6775-1E’ evidente la crisi dei piccoli negozi “di prossimità” che da tempo sta colpendo la periferia dell’agglomerato urbano cittadino – pensiamo ai quartieri di Lecco, ma anche ai piccoli comuni valsassinesi e della valle san martino – e che quindi merita oltre appunto ad una denuncia anche delle possibili soluzioni. Non ci sottraiamo quindi insieme a una necessaria premessa la GDO. La grande distribuzione, con la sua voracità territoriale e l’impatto omologante sugli stili di vita è il modello principe – insieme alle banche – nel rappresentare bene l’ingordigia e le distorsioni del nostro mondo opulento. La GDO non consente, infatti, grandi risparmi, ma comunica una sensazione: si sta facendo un affare. Si sta fregando qualcuno. Nei supermercati si ha poi la sensazione di disporre di una miriade di oggetti, che nei fatti, mai compreremo. Ma l’obiettivo è raggiunto. Il “senso critico” del consumatore va a farsi benedire paralizzato dalla proposta di “un’occasione eccezionale”.  Imperdibile. Ecco è qui che dovrebbe intervenire la nostra forza di cittadini consapevoli.  E’ da qui, quindi, secondo noi che dobbiamo partire per salvare i quartieri, la vita delle periferie e dei piccoli comuni che rischiano altrimenti di spopolarsi e cioè che chi vi ci abita – e chi li amministra – faccia la propria parte. Continua la lettura di NEGOZI DI VICINATO – lecco bene pubblico da preservare –

BIKE SHARING bici a noleggio

bikeLecco non ha tutta una morfologia che al primo colpo possa far pensare fattibile un progetto di trasporto, spostamento, con biciclette. I rioni alti in effetti sono ben in alto. Belli sotto le altrettanto belle montagne.

Però è fuori di dubbio che un Progetto articolato per la fascia soprattutto pianeggiante della città può dimostrasi un buon modo per trovare soluzioni salubri ed efficaci per la mobilità urbana.

Per le zone un poco più impervie, per un’utenza adulta e solo in parte atletica le biciclette a pedalata assistita o elettriche possono ampliare il bacino di coinvolgimento.

Affiancato ad incentivi ai residenti per l’acquisto di biciclette tradizionali e elettriche una seria e attenta Amministrazione, con poco sforzo economico e finalmente una più elevata capacità organizzativa deve pensare ad introdurre il Bike Sharing, – la bici a noleggio – con la creazione di parcheggi automatici, dislocati nei punti strategici della città, dove, tramite una card con i dati personali, è possibile prelevare una bici per i propri spostamenti e poi riconsegnarla allo stesso parcheggio o in un altro punto.

Questo è un servizio che sta prendendo sempre più piede in Italia dopo averlo mutuato dall’estero, ove sono stati previsti, man mano la diffusione del servizio cresceva e  trovava consenso, corsie privilegiate, possibilità di caricare le bici gratuitamente su autobus, convenzioni con esercenti.

Il BIKE SHARING è, infatti, un mezzo di trasporto alternativo, non inquinante e che non provoca problemi di parcheggio. E’ un sistema innovativo di noleggio gratuito di biciclette che consente di spostarsi da un punto all’altro con la bicicletta, in modo agevole ed economico. Per gli spostamenti sulle piccole e medie distanze nell’ambito cittadino, il Bike Sharing è una concreta alternativa all’utilizzo dell’automobile, con conseguenze positive in termini di traffico e ambiente. Che va sostenuto, incentivato e premiato.

Insieme ad un consiglio dei pendolari e dei viaggiatori, che dovrà essere una struttura stabile e di supporto all’evoluzione delle scelte sulla mobilità urbana, in modo che la costruzione delle scelte strategiche vengano avanzate, raccolte, condivise dal maggior numero di cittadini andranno scelte prioritariamente le aree dei primi parcheggi per questo nuovo servizio pubblico ora assente in città.

Ovviamente quelle della biblioteca, della stazione, delle scuole, dei centri sportivi, solo per fare alcuni esempi, sono zona scambio/noleggio indispensabili.

Interessante a margine di questo servizio, che potrebbe essere anche gestito da cooperative informali di soggetti individuati dall’amministrazione stessa, da imprenditoria giovanile, da cittadini in difficoltà lavorativa sostenuti quindi dal comune, è quello di incentivare la nascita di piste ciclabili, urbane e di turismo.

In sinergia con la Provincia e quelle limitrofe si potrebbe, con convinzione e sostegno politico/economico affiancarsi al progetto della “Grande Gronda” la pista cicloturistica che toccando 30 comuni, di 5 province diverse, in un percorso ciclabile unico integrato nel contesto ambientale, paesaggistico, storico, agricolo e urbano dei tratti attraversati. Il percorso, di 170 km, si sviluppa infatti su percorsi ciclabili già tracciati lungo fiumi e canali lombardi (Ticino, Naviglio Grande, Canale Scolmatore, Martesana e Adda), ma attualmente risulta interrotto solo in brevi tratti.

http://www.piste-ciclabili.com/future/grande-gronda