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OI DIALOGOI puntata ventisette: Miracoli

Stasera, privi di citazioni e ancora scioccati dai noti recenti eventi si parla di…

Miracoli

“Beh, in base al ben noto principio di realtà pare si debba prendere atto della nuova situazione…”- inizia Santippo

“Nuova? Inaudita, direi” – fa Senona

“Foriera di speranza come di timore…” – aggiunge Sestilio

“In effetti l’ignoto è conturbante – spiega Sigmund – da un lato respinge e dall’altro attrae.

Personalmente mi auguro che la Casaleggio & Associati sia quella spectre che dicono, che abbia una struttura, un progetto ben definito, capacità di previsione. Che non siano apprendisti stregoni che evocano spiriti che poi sfuggono al controllo. Altrimenti quel 25% è friabile, evapora al primo incidente…”

“Di incidenti ce ne saranno – dice Sinfloriano – questo è poco ma sicuro. Incidenti fortuiti, inevitabilmente, e voluti. Appena due giorni dopo le elezioni il “Rapporto dei servizi segreti al Parlamento lancia l’allarme terrorismo legato alla crisi economica”. Mi sembra di tornare al ’93, quando gli equilibri rischiano di saltare, salta anche qualcos’altro…”

“Infatti si preannunciano attentati addirittura “spettacolari”, con annesso significativo lapsus freudiano – rileva Sigmund – La società dello spettacolo reclama il proscenio per ‘impallare’ la realtà. Questa società non deve disabituarsi alla prevalenza dell’immagine della realtà sulla realtà.

“Realtà… – obietta Serniana – che ne sappiamo in fondo noi delle vere motivazioni che spingono Grillo? Quelle di Berlusconi erano chiare, e bene o male siamo riusciti a difenderci, a non cascarci, parlo di una buona fetta del Paese. Ma ora non rischiamo di cascarci tutti quanti, destra e sinistra?”

“In effetti le analogie ci sono – spiega Sigmund – entrambi miliardari, entrambi seduttori, entrambi spregiudicati sfruttatori di un nuovo mezzo tecnologico (le tv commerciali trenta anni fa erano il web di adesso quanto a novità). La differenza potrebbe essere proprio la motivazione originaria che spinge a scendere in politica (non diciamo ‘salire’ che porta male…). Un conto è la necessità di salvarsi dai debiti e dalla magistratura una volta cadute le coperture craxiane, un conto (ma qui scendiamo nello psicologismo) è l’afflato di chi dalla vita ha avuto tutto: successo, fama, denaro, amore, salute ma pensa di poter essere vivo e felice solo se lo sono anche gli altri (cfr Gaber).”

“Non so quale siano le motivazioni che hanno spinto a intraprendere questa avventura – interviene Senona- ma se fosse tutta un’operazione di marketing, non so perché mi viene in mente un film di una trentina di anni fa “Cercasi Gesù”. La storia di una spregiudicata operazione commerciale che partendo dallo sfruttamento dell’icona cristiana, intrecciandosi con le tensioni sociali dell’epoca, alla fine determina un autentico miracolo. Quando si dice l’eterogenesi dei fini…”

“A proposito di realtà, stando coi piedi per terra –  chiede Santippo -mo come ne usciamo? Qualcuno dovrà pur governare, e ottenere la fiducia.”

Una via d’uscita ci sarebbe: governo tecnico – propone Simplicia

“Eh?!” – fanno tutti

Sì, governo tecnico ma opposto e speculare al precedente – tranquillizza Simplicia – chessò, Beppe Scienza al tesoro, Pallante alle attività produttive, Landini al lavoro…

Questi dunque i voli pindarci degli italiani ancora ubriacati dallo tsunami, interrotti prima di designare l’eventuale presidente del consiglio…

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata ventisei: Novità

Anche al bar c’è panico e sconforto. Poi però sembra che un accordo trovi strada…

“Secondo me – dice Agirrio – si sbaglia a valutare la nuova, inaudita situazione con i parametri vecchi.”

“E’ vero – ribatte Cilone – il mondo cambia, la storia a volte procede per strappi e scossoni, ma il progresso è ineluttabile, tutta la storia dell’umanità è una storia di progresso.”

“Prendete lo schiavismo – dice Leostrato – sembrava indispensabile per l’economia, e il suffragio universale poi? un’utopia. Forse la nostra generazione ha la fortuna di vivere il tempo e il luogo (la terza economia dell’area euro) per vivere una delle brusche accelerazioni che cambieranno il mondo.”

“Vabbè – accenna Solone – intanto finché le borse calano significa che siamo sulla buona strada”.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata venticinque: Endorsement

Fra sei mesi si rivota e stravinco” B. Grillo, 2013

“Non sarai così ingenuo da credere di vivere in una democrazia?” M. Douglas a C. Sheen in Wall Street

Doppia citazione stasera e serrato dibattito fra compagni lombardi poiché, tacitati i sondaggi e risvegliati i più sofferti travagli interiori, si parla di…

endorsement

“Un’ultima chance – piagnucola Imelino – davvero l’ultima. Se deludono anche stavolta, basta. Basta per sempre. Per l’ultima volta, dai, almeno Sel al Senato…

“Ma de che, de che, de che…” – ripete sconsolato Iago

“Ci chiedono aiuto, il voto ‘utile’ – dice Isanna – utile a chi? A loro. Per anni, per intere legislature, ci mettono in difficoltà, non si rendono utili, non ci aiutano, anzi. E poi vengono a chiedere aiuto a noi. Ma perché dovremmo aiutarli? Siete in difficoltà, vi mancano voti? E’ perché non siete abbastanza credibili. Colpa vostra.”

“Parliamoci chiaro – chiarisce, appunto, Isidro – al cospetto dello spettacolo di questa classe politica per come si è fin qui palesata, complice anche la più deprimente campagna elettorale a memoria d’uomo, l’unica seria alternativa è fra astensione o scheda nulla…”

“A meno che non ci fosse un modo più costruttivo di nuocere al sistema…” – interviene Iolanda

“Cosa intendi?” – chiede Isidro

“No niente, pensavo alla novità del M5S…” – fa Iolanda

“Ma per favore…” – piagnucola di nuovo Imelino

“Cercherò di spiegare perché voterò M5S – attacca un pippone Iolanda – perché una persona avveduta, consapevole, lucida, di sinistra voterà M5S. Per chi è di sinistra votare M5S significare rischiare, giocare col fuoco. Ma a questo ci ridotto la sinistra degli ultimi trenta anni, alla necessità di giocare col fuoco e rischiare di bruciarsi per uscire dall’angolo. Innanzitutto lo voto perché andrà all’opposizione; se rischiasse di andare al governo il discorso sarebbe diverso. In una democrazia la funzione dell’opposizione è anche più utile di quella del governo. Una forte opposizione osserva, controlla, denuncia le magagne della maggioranza. Poi certo c’è la demagogia, per davvero, e anche il qualunquismo, il populismo, eccome. Senz’altro il fanatismo degli adepti, il settarismo, l’ambiguità sull’antifascismo, il manicheismo, ‘o con me o contro di me’, ‘o nella chiesa o fuori dalla chiesa’ : ripugnante. Non potrei mai essere iscritta a quel movimento, né esserne ‘attivista’. Lì secondo me è stato un azzardo da parte loro, hanno gettato la maschera: l’accesso tramite Fb per schedare i cittadini. Il web è una pericolosissima arma a doppio taglio: da una parte il più fascista dei sistemi di controllo, dall’altra i germi, i prodromi di un’autentica democrazia diretta.  Fb mi fa più paura dello stesso M5S. E’ in corso una guerra, ce lo dice lo stesso Grillo nei comizi (trasmessi guarda caso da Sky di Murdoch…). La guerra dei media, che condizionerà il mondo nei prossimi decenni. L’accesso tramite Fb per diventare ‘attivista’ prevede fra l’altro, oltre all’acquisizione dei dati sensibili, la trasfigurazione del proprio profilo nel brand M5S. Fb, e il mondo intero, saprà immediatamente, solo guardandoti, se sei dentro o fuori la chiesa. Una stella gialla appuntata sul petto, una stella gialla al contrario, al merito. Schedati come gli ebrei. Anni fa si tennero elezioni durante la pasqua ebraica e i cittadini di quella comunità  poterono uscire di casa per votare solo un’ora dopo il tramonto. Qualcuno (i radicali, mi pare) suggerì di non lasciarli soli, di andare a votare insieme a loro, la sera, affinché non si potesse distinguere fra chi era ebreo e chi no. Siete troppo ingenui per credere che il papa sia ateo. Cosa pensate, che Grillo voterà M5S? Lo scopo non è prendere voti, lo scopo è schedare, arruolare, imporre una divisa per riconoscere il nemico, per non spararsi addosso. Perché il commando di via Fani indossava una divisa da avieri? Cari Casaleggio e associati, prenderete il mio voto, ma non prenderete altro. E’ questo la sgarro più grave che possiamo fargli (Facebook, Sky… avete contro i poteri forti, eh!). Il voto è un pretesto, ciò che sta loro davvero a cuore è penetrare la nostra privacy, carpire ogni dato, leggerci nella mente. Non vogliono il nostro consenso, vogliono la nostra anima. Non è nemmeno politica, è marketing nel senso deteriore, bassamente consumistico del termine. Ebbene vi voterò, ma non saprete mai chi sono. Vi voterò proprio perché non volete il mio voto.”

“Ok, ok mi hai convinto – interrompe Inneo – farò altrettanto (forse). Non so perché mi viene in mente un episodio di tanti anni fa, quando ero giovane e figlio di papà. Come premio per avere superato un difficile esame mi fu regalata una moto. Una bella moto, enduro, di grossa cilindrata. Non dirò che avevo sostenuto l’esame con il prof. Monti, sarebbe troppo romanzato. Comunque il corso era il suo, avevo seguito le sue lezioni e già allora in aula si poteva apprezzare la sua ‘empatia’ (empty come battezzerà il suo cagnolino). In realtà fui interrogato da un suo assistente. Non dirò che presi 30, sarebbe troppo romanzato, in realtà non ho mai preso più di 28. Bene, con la mia nuova moto fiammante e potente presi a scorrazzare lungo i rettilinei dietro a Malpensa. Traffico scarso, camion più che altro, grossi tir. Aprendo il gas a tutta velocità mi mettevo nella corsia di sorpasso puntando i camion che mi venivano incontro. I camionisti rallentavano, tentavano di accostare, lampeggiavano con gli abbaglianti temendo di avere incrociato un maledetto aspirante suicida. Ma il brivido era solo da parte loro. Da parte mia ero tranquillissimo, ero sicurissimo che all’ultimo istante avrei sterzato mettendomi in salvo. Infatti mi è sempre andata bene, me la sono sempre cavata.”

Queste dunque le amare considerazioni dei cittadini residenti nel più fortunato pezzo d’Italia; figuriamoci gli altri.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata ventiquattro: Carceri

“Giudice allora che vogliamo fare, verrò a casa sua per mangiare?” R. Zero, 1981

Stasera, pateticamente appagati per la cattura del pericoloso latitante Robin Hood che estorceva ai ricchi per donare a se stesso, si parla di…

carceri

“Grande soddisfazione – esclama Tiago – finalmente l’hanno preso! Che buttino la chiave adesso, sbruffone e arrogante che non è altro…”

“Concordo – concorda, appunto, Trifilo – sono piccole cose ma che danno grande conforto, sapere che noi stiamo fuori e lui sta dentro…”

“Vabbè, ma per due foto…” – cerca di minimizzare Trasea.

“Non me ne frega niente delle foto – si inalbera Tiago – è una questione di giustizia totale, globale, sociale! Uno così non deve cavarsela sempre e poi ghignarsela alla faccia del resto del mondo, convinto che sono tutti fessi tranne lui. E’ giusto che sbatta il muso, e che sia da lezione per tutti i palloni gonfiati come lui!”

“Magari fosse così – interviene Teopempio – in realtà i palloni gonfiati più pericolosi non si espongono ai riflettori della ribalta, non ostentano i tatuaggi, non si fanno odiare per come in effetti sono; essi sono furbi per davvero, e in carcere non ci finiranno mai.”

“E dai con il solito ‘benaltrismo’ – contesta Trifilo – intanto Corona non è una vittima del sistema, ma un personaggio pubblico con un suo rilevante ruolo e rilevantissima funzione sociale: perpetuare ed alimentare la sovrastruttura al servizio della religione dominante della struttura, ovvero servire mammona. Egli ha preso alla lettera il vangelo del sistema che prevede il dogma della massimizzazione del profitto, un precetto che prevale su ogni altra considerazione morale, sociale, umana. Rovino la gente per fare soldi, disse.”

“Tutto vero, tutto giusto – precisa Teseo – fino a ieri. Oggi è diverso, oggi Corona è al gabbio. E’ arruolato d’ufficio fra gli ultimi. Non è più il figo di corso Como: è un perdente incarcerato. E’ dei nostri, volente o nolente. Nessuno tocchi Caino.”

“Vabbé, non esageriamo – dice Trasea – è lì solo da due giorni, facciamo che fra un po’ di tempo…”

“Il tempo! – risponde Teseo – Già, il tempo… Il tempo lì dentro non è come qua fuori. Tortora disse che lì un minuto è un’ora, un’ora un giorno, un giorno un mese… Sofri disse che gli anni passano in fretta, sono certi pomeriggi che non passano mai.”

“Il carcere deve essere così – opina Tolomeo – inumano, invivibile, una fogna. E che si sappia! Ecco perché Pannella sbaglia, e infatti non gli dà retta nessuno, quando lotta per migliorare le condizioni dei detenuti. Tanto più con la fase più acuta della crisi economica (che è in arrivo). Sempre più gente farà un pensierino ad attività illecite per sbarcare il lunario, e quale deterrente migliore della consapevolezza che il rischio è di finire in un inferno?”

“E’ bene che si sappia che l’inferno esiste, ma esso deve essere vuoto. – spiega Tiburzio, il sagrista – Se l’inferno è pieno, sovraffollato addirittura, significa che il male assoluto (assoluto) esiste. E se esiste il male assoluto la vita non è degna di essere vissuta, né per chi sta dentro né per chi sta fuori.”

“Mah, la butto lì – dice Teseo –  magari un deterrente più efficace sarebbe non aver bisogno di rubare perché  si dispone di un minimo di sussistenza, chessò con un reddito minimo garantito… Costerebbe forse meno che mantenere e costruire nuove carceri…”

“Mi sembra di sentire Berlusconi che dava soldi a Ruby perché non si prostituisse. – risponde Tolomeo-  Che vadano a lavorare piuttosto, che chi ha voglia il lavoro lo trova eccome! E i ladri, tutti dentro! E’ una questione culturale.”

“Certo che è una questione culturale – puntualizza Tussio – ma bisogna vedere chi ruba a chi. Per come è strutturato l’attuale sistema, rubare a chi è più ricco di te non è un furto, è un atto di giustizia sociale. E’ rubare a chi è più povero di te che è imperdonabile. E non sarà perdonato.”

Queste dunque le amene discussioni fra gli italiani ancora e sempre a piede (e cervello?) libero.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata ventitre: Irreality


“Chi si prende l’Ohio si prende l’America” R. Gosling a G. Clooney in Le idi di marzo

Stasera, attoniti e stupiti (?) per la piega che stanno prendendo gli eventi, si parla di…

irreality

“Non so voi – esordisce Rainaldo – ma io ne ho già piene le balle di questa campagna elettorale.”

“A chi lo dici – concorda Reverenzio – tanto più che ho già deciso per chi votare e ascoltare e riascoltare questi guitti del ‘teatrino della politica’ non fa che rafforzare la mia convinzione…”

“Penso di capire a cosa ti riferisci – dice Reinberta – tuttavia, nonostante tutti gli sforzi che sta facendo Grillo per perdere voti (un po’ come faceva la Lega Lombarda a cavallo degli anni 80/90 quando era esplosa troppo velocemente e non aveva ancora pronta un’adeguata classe dirigente, non che poi quella successiva fosse risultata adeguata…) voterò il simbolo M5S, ma quello clonato!”

“Compagni – ammonisce Robustiniano – d’accordo su tutto, però consideriamo che qui siamo il Lombardia: l’Ohio! Almeno al senato adoperiamo un po’ di sano realismo; quei seggi saranno decisivi per non dipendere da Monti, e dall’Udc! Turiamoci il naso e votiamo al senato Pd, e se proprio non ce la fate, almeno Sel…”

“Ma de che?! – sbotta Rainaldo – Ma se Bersani stesso ha detto che il 49% o il 51% non fa differenza: comunque governerà con Monti, e con l’Udc!”

“Vabbè lo so – risponde intimidito Robustiniano – ma si tratta di rapporti di forza; un conto è avere bisogno per forza al senato dei loro numeri, un conto è proporre dall’alto della propria maggioranza un’alleanza per…” (risata soffocata dello stesso Robustiniano)

“Vedi te ne rendi conto da solo delle cazzate che dici? – fa notare Rainaldo – Ai fini pratici che differenze vuoi che ci siano riguardo le politiche adottate? Saranno le medesime dell’ultimo anno, per noi non cambierà niente, è già tutto deciso.”

“Dite quello che volete – interviene Rebecca – ma trovo molto istruttivo lo ‘spettacolo’ di questa campagna elettorale, l’ultima (?) finzione democratica. A parte le solite sparate, le promesse fatte da chi per decenni ha dimostrato di non sapere mantenere, le grottesche contraddizioni di chi contesta provvedimenti iniqui votati da lui stesso, è apprezzabile lo sforzo da parte di tutti di rendere sempre più incredibile la fiction. Sono grandi attori, recitano molto bene, tutti, politici e conduttori televisivi. Lo scopo è coinvolgere gli spettatori/elettori nel gioco delle parti convincendoli che è tutta una fiction, irreale come un reality, della quale anche loro sono protagonisti. Il messaggio più importante da far passare nella mente degli spettatori/elettori è che comunque tutto è già deciso come da copione, dicendo esattamente il contrario, facendo finta di ingannare gli spettatori/elettori che così apprezzeranno la recita e perdoneranno volentieri gli attori e se stessi, sentendosi gratificati per non essere stati fatti passare per fessi. Il problema è che, a differenza di un film, una volta usciti dal cinema e pagato il biglietto col voto in cabina, le decisioni che prenderanno gli attori tanto applauditi incideranno nella carne e nel sangue dei cittadini (non più spettatori/elettori), condizionandone concretamente la vita quotidiana.”

“L’unico fesso che sembra prendere sul serio il reality è Bersani. – aggiunge Rainaldo – Si comporta proprio come lo stereotipo del vincente al Grande Fratello che mette sinceramente a nudo se stesso, dice la verità, rutta, scoreggia perché il pubblico lo deve vedere come realmente è, senza atteggiarsi: bello spettacolo. Non racconta favole, vuole essere creduto, e gli crediamo. Dice: un po’ più di giustizia, un po’ di equità, un pochino…Un pochino de che?! Perché dovremmo convincerci di avere diritto solo a un pochino di più del pochissimo o niente che abbiamo? Non è questa una forma ancora più subdola di inganno?”

“Ci prendono per il culo? Facciamo altrettanto – propone Rufus – L’unico atto di onestà rispetto a questa situazione irreale è scegliere l’irrealtà: voterò Partito comunista dei lavoratori.”

“Non vale, questa l’hai sentita alla televisione” – accusa Rebecca

“Quale televisione?” – chiede Robustiniano

“Teledurruti” – risponde Rebecca

“Sono almeno dieci anni che ho preso la sana abitudine di votare chi è più a sinistra sulla scheda – si difende Rufus – non mi faccio certo condizionare dalle trasmissioni televisive”

“Non fa per me – chiude Rappo – i trotskisti non sono abbastanza a sinistra per me. Anzi per noi, proletariato. Ricordo a tutti che la rivolta di Kronstadt fu soffocata nel sangue dall’armata rossa di Trotsky su ordine di Lenin. Voterò la solita scheda nulla, che verrà ‘attenzionata’ dalla digos…”

Questi dunque i propositi elettorali degli italiani fortunatamente avulsi dalla realtà

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata ventidue: Agende

“Aria un po’ viziata, quella finestra andrebbe spalancata.” E. Ruggeri, 1983

Stasera, riuniti a tavola come attori di uno spot durante uno dei penosissimi cenoni natalizi, si parla di…

agende

“Enrico, caro – domanda con voce melliflua Ermengarda al cognato – hai chiesto poi in banca la consueta agenda in omaggio? Alla mia banca non ne danno più…”

“Macché – risponde sinceramente dispiaciuto Enrico – le avevano finite; quest’anno ne sono arrivate così poche… almeno, così mi hanno spiegato gli impiegati…”

“Secondo me quelli se le imboscano!” – taglia corto Egle.

“Ma vi mancano dieci euro per comprarvela, un agenda? – si sente chiamato in causa Eriberto, bancario precario – Allo sportello è una continua processione di clienti che questuano, si umiliano a chiedere, richiedere, e tornano tre, cinque, sette volte se è rimasta un’agendina… Ma dov’è la dignità?”

“Con tutto quello che ci pelano le banche – si infervora Enrico – un’agenda da regalarci è il minimo! ”

“Guarda Monti – interviene Evasio – dopo fantozziane insistenze e pressioni alla fine ha acconsentito a farcene omaggio: è gratis! Basta che lo votiamo…

“Gratis… – dice Eriberto – certo, certo. Ma davvero abbiamo bisogno di un’agenda? Davvero hanno così paura di quella finta (finta) sinistra dei Fassina, dei Vendola, della Cgil? Eh già, il fronte progressista va sparigliato, diviso perché i poteri forti di questo Paese non sopportano nemmeno l’ombra di un’ipotesi di una sinistra morbida, ‘moderata’ al governo. E quale migliore strumento di divisione dell’agenda Monti scritta da Ichino? Ichino è l’optimum, il nome che ci vuole per dividere la ‘sinistra’ (serve spiegare il perché?)”

“In effetti fanno ridere se temono questa ‘sinistra’ – concorda Ezio – Cosa temono, una patrimoniale? Di subire un peggioramento nel loro tenore di vita? Ma davvero? Suvvia…”

“Bisogna capirli – spiega Egle – si tratta di figli di papà, bambini malcresciuti, viziati, ben rappresentati dalla patetica figura di Montezemolo. E’ gentina che non tollera un mancato abbinamento di colori nell’abbigliamento. Li manda in paranoia la remota eventualità che una sinistra farlocca possa combinare qualcosa di buono, aprendo lo spiraglio, sull’abbrivio del successivo consenso, a politiche più incisive, a immettere una ventata di aria nuova in un ambiente malsano. Quello spiraglio deve restare chiuso.”

“Mi chiedo a questo punto che si inventeranno quando la sinistra vera, quella dura, verrà. Inevitabilmente verrà: la crisi vera, quella dura, è solo all’inizio. Verrà la sinistra vera, e avrà i tuoi occhi… – chiude Eriberto parafrasando Pavese.

“La sinistra vera è quella che sovverte le classi, i primi saranno gli ultimi… – chiosa Evasio – allora altro che patrimoniale… se si girano gli eserciti e spariscono gli eroi… Non c’entra niente, e non voglio allarmare nessuno, ma pare che Gheddafi sia stato sodomizzato con le baionette prima di morire linciato.”

Questi dunque gli innocenti pensieri degli italiani ispirati dalla gioia e serenità propri del periodo natalizio di questo fine 2012

Pococurante VM