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OI DIALOGOI puntata ventuno: Primarie

“Siamo qui per difendere la democrazia, non per praticarla” G. Hackman a D.  Washington in Allarme rosso

Stasera, appassionati e divisi come nella peggiore tradizione guelfa e ghibellina, si parla di…

primarie

“Grande partecipazione! – esulta Vitaliano – Grande Politica con la P maiuscola! Addio antipolitica, addio Grillo! Il grande popolo della sinistra alla riscossa!”

“Come ha ben detto Freccero – cita Vauro – chi è di sinistra non è certo andato a votare a queste primarie…”

“Chi è davvero di sinistra – spiega in poche parole Viliana – mira alla trasformazione della società, non alla sua manutenzione…”

“In effetti- concorda Verenzio – sia che vinca Renzi o Bersani, il modello socio-economico varierà di poco. Se vince le primarie Renzi però, come scrive Flores D’Arcais, l’implosione del Pd è assicurata e il quadro politico potrebbe giovarne. Se poi le secondarie le vince Grillo, sciambola! E’ fatta. La decomposizione della terza economia della zona euro determinerebbe il crollo dei mercati, il collasso dell’intero sistema mondiale, la fine del capitalismo. Una favola”

“Può essere – dice Virgilio – tuttavia da vecchio materialista credo che più delle dinamiche elettorali peserà l’esplodere delle contraddizioni del sistema (l’Ilva è solo l’esempio più recente). Il capitalismo non può tenere assieme a lungo profitto con tutela ambientale, sussistenza e dignità dei lavoratori. Prima o poi i nodi vengono al pettine e si evidenzia la grottesca pretesa della ‘finta sinistra’ di tenere il piede in due scarpe.”

“Casca male il nostro Renzino – aggiunge Verenzio – se insiste a spacciarsi  “di sinistra”, non sono più quelli i tempi. La drammaticità della crisi chiarifica la situazione, non è più tempo di centro-sinistra, con o senza trattino, di unione coi moderati, di “ma anche”. Il precipitare della crisi lungo una china sempre più ripida impone radicali scelte di campo: o destra (conservazione, arroccamento nelle posizioni acquisite) o sinistra (rivoluzione).”

“Il nemico non è dentro di noi – opina Viliana – ma fuori. I nostri politici sono meri esecutori di progetti elaborati fuori (non dite che non vi eravate accorti di essere stati commissariati). Si tratta solo scegliere l’uomo di paglia più adatto alla bisogna. Perciò i poteri forti puntano su questo giovanotto ‘finto nuovo’, sulla sua furberia, il suo arrivismo, esemplare epigono perfettamente inserito nel filone culturale del berlusconismo, figlio dei sciagurati anni ’80”

“L’ha detto lo stesso commissario, pardon, premier Monti – concorda Virgilio –l’importante non è il leader, la crosta, ma i programmi, i contenuti. La crosta di Renzi sarà pure  diminuire il numero dei parlamentari, così il popolino è contento, ma i contenuti dovranno restare i medesimi dell’ultimo anno: tagliare, tagliare, tagliare pensioni, sanità, istruzione per reperire fondi per pagare le cedole dei btp. Per non inquietare i rentiers, insomma.”

Queste dunque le doléances di quegli italiani che non detengono in portafoglio titoli di stato.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata venti: Politica

“E’ una verità elementare che le vetrine sono state inventate per essere rotte” Il Contagio, W. Siti, 2008

Stasera, spaventati più dal crescente astensionismo che dall’occultismo di Halloween, si parla di…

politica

“Grande è la confusione sotto il cielo – cita Ildebrando – dunque la situazione è eccellente, ma bisogna vedere per chi…”

“Non importa se il gatto è bianco o nero – cita a sua volta Indio – purché acchiappi i topi…”

“Da qui a 6 mesi può davvero succedere di tutto – spiega Ikarus – nel bene o nel male. Quel che è certo è che nulla sarà più come prima. Chissà, magari rimpiangeremo questa 2° repubblica. Vent’anni fa eravamo felici di sbarazzarci della ‘partitocrazia’, del pentapartito i cui segretari rubavano e quando ricevevano un avviso di garanzia si dimettevano. Poi sono arrivati quelli che rubano e quando ricevono un avviso di garanzia vanno in tv col loro ghigno migliore a dire beh, allora?”

“Questa disaffezione – lamenta Inge – questo crescente astensionismo fa paura (al potere). E’ come quando qualcuno subisce in silenzio, resta muto e cova rancore: lascia presagire che prima o poi esploderà… Ma se non esplode mai l’astensionismo in sé è inutile, è protesta sterile. Finché si assegnano seggi anche sotto il 50% di partecipazione (come negli Usa, detto per inciso) Serra (Michele) non ha torto: il non voto porta acqua al mulino dei nostri oppressori.”

“Più che indagare sulle cause dell’astensionismo, fin troppo ovvie – osserva Ivo – gli analisti dovrebbero cercare di capire chi sono quelli che ancora vanno a votare. A mio parere appartengono a un duplice ordine di categorie: le clientele e i cretini.”

“E’ un’antica verità che i rivoluzionari sono dei cretini – risponde Ivan – che oggi acquisisce valore soltanto nel suo rovesciamento: poiché oggi solo i cretini sono rivoluzionari e soltanto gli idioti praticano una corretta resistenza. Qui ormai se vuoi stare nel gregge devi astenerti. Arriva un momento nella Storia, come nella vita privata di ognuno, in cui è opportuno fare i cretini; nel paradosso chiamato Italia oggi è un fatto rivoluzionario andare a votare…”

“E se Serra (Davide, intendo) non avesse torto? – si chiede Ippolito – L’ho visto dalla Annunziata e mi ha fatto un’ottima impressione. Questo mondo della finanza non è così brutto come lo si dipinge, è fatto anche di giovani simpatici, puliti, dagli occhi sinceri… Mi ha convinto, voterò Renzi!”

“E’ in corso la rapina del secolo – illustra Ikarus – non si può continuare a mandare avanti brutti ceffi alla Marchionne: il pubblico si spaventa. Servono facce nuove, pulite, convincenti…L’incognita per la buona riuscita della rapina è rappresentata da quel passante imprevisto, che si viene a trovare nel posto sbagliato nel momento sbagliato, che può ostacolare la fuga e mandare in vacca l’operazione così ben congegnata. Renzi è stato avvertito, è d’accordo. Grillo no. La Storia a volta devia dal percorso stabilito altrove a causa di eventi casuali, gettati lì da un destino capriccioso a intralciare la corsa…”

“Sono occasioni che non si ripetono – conclude Inge – Grillo non mi piace, ma lo userò. Grillo non è il fine ma il mezzo, è il martello che infrange la vetrina. E poi la democrazia è anche la libertà di scegliersi l’avversario, il nuovo antagonista: datemi Grillo e Casaleggio che li faccio a fettine sottili sottili…”

Queste dunque le ingenuità degli italiani convinti che esista una via democratica di uscita dalla crisi.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata diciannove: Narrazione

“A chi tocca non s’ingrugna” motto popolare

Stasera, datosi che coi primi freddi si va a letto presto (per risparmiare sul riscaldamento), si parla di…

narrazione

“Umanamente dispiace – esordisce Didone – mettetevi nei suoi panni: tutta una vita, e fino a pochi giorni fa, passata all’ombra del potere, sotto l’ombrello protettivo della Dc, di Cl, del Pdl. Poi all’improvviso resti solo: deve essere difficile da sopportare…”

“Il suo problema, e di tanti altri rottamati e rottamandi – spiega Deograzia – è la fede. Non in una religione, ma nella propria narrazione. Formigoni ci ha creduto. Si è raccontato che sarebbe sempre andata così, sempre meglio, sempre più in alto, come trasportato da un ascensore celestiale in grattacielo. Finché si trattava di raccontarsela, niente di male. La cosa grave è che ci ha creduto! Vanitas vanitatum..”

“Lo spettacolo miete molte vittime – aggiunge Dulcinea – non fa distinzioni; i carnefici divengono facilmente vittime, gli apprendisti stregoni si meravigliano se gli spiriti da essi stessi evocati sfuggono loro di mano…”

“A proposito di apprendisti e narrazione – interviene Dolores – è molto istruttivo il programma televisivo The apprentice. Mi ricorda quei soldati giapponesi che nella giungla continuavano a combattere senza nessuno che gli spiegasse che la guerra era finita (e persa). Quel sistema di ‘valori’ riaffermato nel programma, asseverato dalle intemerate del boss, è defunto quattro anni fa sotto le macerie della Lehman Brothers. Tuttavia si insiste a spacciare per virtù la capacità di vendere fuffa, si persevera nel raccontare la medesima favola ai giovani meno avveduti. Se invece che alle favole si fosse minimamente interessati alla realtà, si dovrebbe  piuttosto dare un’occhiata alla sorte di altri ‘apprendisti’, quelli di Intesanpaolo…”

“Realtà, finzione – dice Diogene – chi ormai può distinguerli più? Viviamo immersi in una telenovela perpetua, illuminata dai bagliori di strabilianti colpi di scena (“non mi candido più!”). Una telenovela da gustarsi da spettatori, senza immedesimarsi nel ruolo che loro vogliono assegnarci: quello di elettori abbindolati.” Continua la lettura di OI DIALOGOI puntata diciannove: Narrazione

OI DIALOGOI puntata diciotto: Giustizia

“Dove c’è una sentenza, c’è un’ingiustizia, sussurrò il piccolo uomo” Guerra e pace, L. Tolstoj

Stasera, preoccupati per le continue interferenze giudiziarie nella vita civile, politica, giornalistica, si parla di…

Giustizia

“E’ il colmo – tuona Oronzo – che si debba andare in carcere per aver espresso le proprie idee. Che poi non le ha neanche scritte lui quelle idee (quali idee? Boh, non si riesce a trovare l’articolo incriminato). Vabbè, comunque, a prescindere, Sallusti libero!”

“Certo – ribatte Otmaro – con tutto quello che ha da fare un direttore di quotidiano, non ha mica tempo di leggere tutto quello che pubblica il suo giornale…”

“Scusate – chiede Oriavo – ma la legge non è uguale per tutti? Art. 595 c.p. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516. Un conto è esprimere opinioni e criticare, un conto è diffamare, e spetta ai giudici decidere, con tutte le garanzie per l’imputato. Questa vicenda puzza troppo di autodifesa della casta; i giornalisti sono cittadini come tutti gli altri.”

“Tutto giusto – precisa  Odin – ma è una questione di principio. D’accordo il risarcimento, ma la galera proprio no. Sono contrario per principio che un essere umano vada in galera per aver espresso un’opinione, per quanto diffamante.”

“Anche se quell’essere è Sallusti? – domanda maliziosa Odetta.

“Beh – risponde Odin – come diceva Gide, detesto le persone che hanno principi…”

“Intanto se non c’erano i magistrati che indagavano – dice Otmaro – a quest’ora Er Batman era ancora lì che s’abbuffava …Se aspettiamo che siano i cittadini-elettori a svegliarsi…”

“Se era per loro – aggiunge Onesimo – a quest’ora avremmo ancora Berlusconi a Palazzo Chigi e in testa in tutti i sondaggi… La verità è che questo Paese non è mai stato maturo per la democrazia.  Lasciato di libero di scegliere, sceglie sempre i peggiori (es. Formigoni presidente da 17 anni…)”

“La cosa che fa più incazzare – spiega Otmaro – è che tutti, ma proprio tutti, al bar, in tram, in coda alle poste, si lamentano dei politici, ma poi mi chiedo: chi li ha votati?”

“La sconfitta che dovremmo imparare ad accettare – illustra Odetta – è che la democrazia per come l’abbiamo imparata, con i suoi principi liberali, lo stato di diritto, una testa un voto, presenta più svantaggi che vantaggi per la collettività. Almeno ad oggi, almeno in Italia (ma forse non solo). Forse, come dice Latouche, dovremmo interrogarci, in attesa di realizzare una democrazia davvero diretta, su alternative di potere anche dittatoriali, di un dispotismo illuminato, che perseguano politiche corrispondenti al bene comune”

“Sono d’accordo circa la guida di un’elite illuminata non necessariamente eletta a suffragio universale – dice Onesimo – purché, come precisa lo stesso Latouche, con un contropotere forte: Un sistema è democratico – non è la democrazia, attenzione, ma è democratico – quando il popolo ha la possibilità di fare pressione sul governo, qualunque esso sia, in modo da far pesare le proprie esigenze e idee”

“O ingenui – li bacchetta Omero – vi dibattete fra mille equilibrismi, nel timore di cadere nel politicamente scorretto, di mancare di rispetto all’avversario. Mentre di avversari non ve ne sono. Ci sono solo nemici, che giocano tutt’altra partita, con tutt’altre regole. Pensate che abbiamo a che fare con ladri, corrotti, che sia solo tutto un magna magna…passibile di essere spazzato via da inchieste giudiziarie. Er Batman è solo sottobosco, un sottoprodotto di un sistema che ricorre a ben altre modalità di risoluzione dei problemi. Ricordatevi come è nata la giunta Polverini, quel bel contesto di sesso e ricatti (non solo a livello regionale, ma nazionale). Chiedetevi che fine hanno fatto le inchieste sugli omicidi di Brenda, di Cafasso e perché questi nomi non vi dicono niente, perché non ne parla più nessuno. Poi leggetevi Resistere non serve a niente di W. Siti, e capirete che i milioni sottratti alla collettività dai vari Batman sono quisquilie; capirete che non abbiamo a che fare (solo) con un sistema ladro e corrotto, ma con un sistema assassino”.

Queste dunque le serene riflessioni degli italiani sull’utilità del potere giudiziario (per non parlare di quello legislativo ed esecutivo).

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata diciassette: Disordine

“La vittoria sarà di coloro che avranno saputo provocare il disordine senza amarlo” G. Debord

Stasera, consapevoli che le citazioni sono utili in periodi di ignoranza o di oscure credenze, si parla di…

Disordine

“Fervet opus – dice Tesifonte – c’è grande fermento nelle redazioni dei grandi quotidiani, delle all news, nei pensatoi degli ‘intellettuali’ pennivendoli, tutti molto allarmati dall’imminente suffragio universale che rischia di tramutarsi in diluvio universale. È palpabile la sensazione di una svolta epocale, della fine della 2° repubblica, e si cerca di correre ai ripari; è comprensibile…”

“Sarà una bella prova – pregusta Tigrio – dovranno tirare fuori il meglio (peggio) di loro per occultare, depistare, denigrare, travisare, dissimulare, per terrorizzare (e poi rassicurare) l’elettorato ‘moderato’ (che si è ridotto a loro stessi, peraltro) circa il rischio caos, il salto nel buio, perché “la posta in gioco è la democrazia!” (appunto, dico).Tuttavia sarà dura. Sarà dura perché la battaglia si giocherà su un terreno nuovo, infido: la giungla del web. Lì dove si annida la guerriglia…”

“Peggio – gli fa eco Trifina – lì dove si annidano gratuità e verità. Come diceva O. Wilde, ogni uomo mente, ma dategli una maschera e dirà la verità. Il web, nato come strumento di guerra e successivamente come strumento di controllo sociale (basta pensare alla funzione di fb che scheda e incasella gusti e attitudini della popolazione) se opportunamente sfruttato può e deve divenire strumento di guerriglia in mano a virtuali viet cong che gratuitamente e sinceramente, perché dietro anonimato (per quanto imperfetto, come sappiamo), dicono come stanno le cose, cosa davvero pensano, sentono e vogliono. Ciò è estremamente rischioso per il potere, che ben conosce i pericolosi incroci fra virtuale e reale; perciò tende a riportare la lotta sul campo di battaglia tradizionale (vedi battuta rivelatrice di Bersani “vengano qui a dircelo!”) “

“Già – ribatte Tarek – andiamo a dirglielo in faccia che son già morti, che puzzano, che vanno seppelliti al più presto. Magari in un talk show, magari da Vespa, dove è il loro habitat naturale…. Eh no bellini, la guerriglia non si fa così. La guerriglia è vincente proprio perché fa virtù dello squilibrio delle forze in campo, non offre il petto al nemico più armato, ricco e potente, ma ‘fiacca il nemico con mille punture di spillo’ (M.T.T.). Invece di lamentarsi del linguaggio, invocando un confronto pacato, sereno, scevro da aspre critiche, senza problemi, senza sussulti (la pace eterna, insomma) se fossi in loro mi preparerei alla fuga da Saigon…”

“Anche nel segreto dell’urna ci si esprime coperti dall’anonimato – puntualizza Tindara – non tema On. Bersani, anche in quell’occasione non mancheremo di dirLe alle spalle ciò che pensiamo di Lei, del Suo partito e dei Suoi attuali alleati…”

“Dicevo – continua Trifina – che oltre alla verità, è la gratuità , nell’accezione esistenzialista, l’elemento destabilizzante per questo sistema. La gratuità, lungi dall’essere irresponsabilità, anzi, è follia salvifica in una società mercificata che ha elevato la legge dello scambio a dogma sempiterno. Il disinteresse è eversivo. Ciò che si fa gratis scardina i binari della normalità, fa deragliare la routine, crea ‘situazioni’; e sappiamo quanto il potere tema le ‘situazioni’…Ultimo esempio, l’incresciosa vicenda Pussy Riot: risulta insopportabile l’affermazione di verità indossando passamontagna. Se ognuno si sente in diritto di ballare dove vuole e cantare cosa vuole, di mettere in discussione la religione, poi lo stato, poi ogni potere, dove si andrà a finire?”

“In una società senza classi. – risponde Tigrio – La storia dell’umanità procede inesorabilmente verso il progresso attraverso progressive sottrazioni di potere.”

Queste dunque le conversazioni fra italiani che non temono salti nel buio non avendo da perdere che le loro catene (mentali).

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata sedici: Redde rationem

Non aspettare il giorno del giudizio: esso si celebra ogni giorno” A. Camus

In quest’ultimo deprimente ferragosto dell’èra paleocapitalistica,  gli italiani sfigati che ancora vanno in vacanza parlano di…

Redde rationem

“Temo un autunno complicato – confida Severiano – non tanto per la sentenza della Consulta tedesca sull’Esm (i mercati dovrebbero aver già scontato l’evento) quanto per l’economia ‘reale’. Se i clienti non pagano, i fornitori non possono essere pagati, e in presenza di credit crunch ciò non può che determinare il collasso di ogni impresa…”

“Non si può rimproverare le banche di erogare scarso credito – spiega Sindolfo – basta guardare le trimestrali delle aziende e chiunque si metterebbe le mani nei capelli, altro che prestare soldi!

Qui si tratta solo di decidere chi sarà l’ultimo a restare col cerino in mano, e le banche giustamente non vogliono interpretare quel ruolo…. Le banche sono aziende come le altre, che devono badare al proprio bilancio e stare sul mercato!”

“Quando fa comodo le banche sono aziende come le altre – puntualizza Svenja – quando non fa comodo sono istituti che tutelano il risparmio, garantiscono la tenuta del sistema e dunque vanno salvate con denaro pubblico e rifinanziate a tassi irrisori, già proprio come tutte le altre aziende…”

“Vabbè – predice Selica  – ma non si potrà andare avanti così all’infinito, giorno verrà…”

“In questa società alienata (alienazione determinata dallo spettacolo del capitale e della religione) è facile suscitare l’aspettativa del redde rationem – illustra Stratonico – del giorno del giudizio, quello dove tutti i nodi vengono al pettine. Ebbene, io vi dico che quel giorno non verrà. Quale giorno è già oggi, era ieri, sarà domani.”

“In questa società falsificata – aggiunge  Sigmund – è facile scambiare il mezzo col fine. Si sta male oggi con la promessa di un domani migliore, coronato dall’ingresso nel club esclusivo dei meritevoli (dei ricchi, o quantomeno dei ‘senza-problemi economici’ – e questa è la promessa dello spettacolo del capitale – oppure addirittura nel club della ‘vita eterna’ – ed ecco la spettacolare promessa della religione). L’importante è sopportare pazientemente ogni disagio, materiale e morale, finché lo decidono loro, i detentori del monopolio delle promesse. Lo sfruttamento, l’alienazione, la reificazione sono i mezzi per perseguire il fine, solo che il fine non è quello che loro promettono, ma l’inconfessabile loro fine: il mantenimento del potere. Tuttavia persino essi stessi scambiano il mezzo col fine : il denaro diviene fine e cessa la sua funzione di mezzo per perseguire il benessere, mentre il malessere diviene mezzo per conseguire il fine del denaro.”

“Aggiungiamo – aggiunge, appunto, Serapia – che il peccato più grande, quello proprio imperdonabile in questa società,  è l’ingenuità. Nessuno vuole passare per ingenuo, pertanto piuttosto che mostrare di volere tutto subito, si decide di far bella mostra di sé accettando il niente mai. Così si appare maturi, responsabili…”

“Siamo troppo ingenui per credere – riprende Sigmund – che loro, i ricchi, i potenti, gli sfruttatori, stanno male, vivono nel malessere. Li vediamo inarrivabili, là nel loro lusso e nella loro opulenza, e non riusciamo ad immaginare quanto soffrono. Quanto alcol  e droga e psicofarmaci siano necessari per sopportare quelle lunghe ore in villa, in attico, sullo yacht: le dimore della depressione vera. Sono dimore che possono allietare gli ingenui, i parvenu, ma una volta che ci hai fatto l’abitudine, è finita; scendi nel gorgo del dolore più terribile, quello psichico. La mente, il corpo si fa merce, quella più micidiale, quella sibaritica. Ecco allora che il giorno del giudizio si celebra proprio lì, ora per ora, minuto per minuto. La giustiziera autenticamente democratica, interclassista,  è lei : la depressione. E tuttavia, non potendo negarla,  i registi della società dello spettacolo tendono a darci a bere quanto essa sia fonte di ispirazione per i vincenti (vedi pietose interviste a star come V. Rossi o Springsteen) spiegandoci che per avere successo vale bene la pena di soffrire il peggiore dei dolori psichici, poiché il fine ultimo è il successo mentre il benessere personale, la serenità, è una subordinata, invertendo ancora una volta il mezzo col fine.”

Queste dunque le consolazioni degli italiani che la prendono con filosofia anziché organizzare quantomeno jacqueries…

Pococurante VM