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OI DIALOGOI puntata nove: Numeri

Stasera, sconvolti dall’inopinata resurrezione del differenziale bund/btp, si parla di…
numeri

“Monti: lo spread sale ma… hey voi, chi vi ha detto di rilassarvi?” – scherza Teodolinda.

“Se lo spread sale – spiega Tristano – la colpa non è certo di Monti, ma di quegli italiani che vogliono solo diritti. E di diritti si muore! (Marchionne said)”

“Monti e Marchionne misurano tutto coi numeri. Fanno bene. – illustra Teseo – Come diceva S. Weil, l’algebra e il denaro sono essenzialmente livellatori; la prima intellettualmente, l’altro effettivamente. Anche noi dovremmo misurare tutto coi numeri; si tratta di adoperare le stesse armi del nemico per rivoltargliele contro. Misurare e licenziare. Come vanno le vendite, sig. Marchionne, lo sta facendo il budget? No? Allora, a chiacchiere stiamo a zero: via, a casa (per giustificato motivo economico, direi)”

“Sì, vabbé – ribatte Teodolinda – ma la gestione di uno Stato non si può ridurre solo a una dimensione economicista, c’è dell’altro. Ci sono le famiglie, la cultura, la coesione sociale, insomma ci sono i cittadini!”

“Anche qui – risponde Teseo – mutuando il lessico aziendalistico, possiamo misurare coi numeri. Anziché di ‘customer satisfaction’ valuteremo la ‘citizen satisfaction’ . Quanti sono ragionevolmente soddisfatti della loro condizione economica, sociale, politica, culturale? Quanti hanno un’occupazione stabile e un reddito adeguato? Quanti viceversa pensano al suicidio? Sig. Monti, lo sta facendo il budget?”

“Certo, tutto molto bello e giusto – interviene Tullio – ma non si può pretendere di ottenere tutto e subito, dobbiamo pensare al futuro. I sacrifici di oggi sono finalizzati…

l’intervento di Tullio non poté proseguire perché subissato da crasse risate e l’ilarità generale lo spinse ad allontanarsi scuotendo la testa

“La crisi – riporta l’ordine Teseo – che per definizione dovrebbe essere una fase transitoria, di rottura (a volte di crescita, se pensiamo anche alle crisi private, personali) in questa società dello spettacolo sta assumendo i connotati dell’ossimoro, della ‘contingenza permanente’ . Immersi nel mondo liquido delle immagini, non ci rendiamo conto che l’origine ‘ufficiale’ di questa crisi risale a cinque anni fa (mutui subprime). Da allora si perseguono gli stessi scopi, si ricorre alle stesse ricette, si dicono le stesse cose senza cavare un ragno dal buco. E da qui ai prossimi cinque anni niente lascia presagire un cambiamento (se non in peggio). Dunque, cosa se non l’evidenza dei numeri, che notoriamente hanno la testa dura, potrà scalfire la tragica ostinazione di questi cavalieri dell’Apocalisse?”

“Tu l’hai detto – risponde Teodolinda – c’è qualcosa di più forte dei numeri, dell’evidenza matematica. Perché hanno tanto successo le immagini (in tv ma anche sul web)? Perché hanno a che fare coi sogni. La gente preferisce sognare che pensare (chiamala scema: il solo pensare conduce dritti al suicidio). Il problema è chi specula sull’innato bisogno di sognare. Chi detiene i mezzi di produzione delle immagini, coloro che depistano i sogni altrui per livellare tutti quanti alla loro mercé (e mi piacerebbe sapere anche cosa pensano e soprattutto cosa sognano questi speculatori e perché non si ammazzano)”

Queste dunque le serene riflessioni degli italiani felici come una pasqua

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata otto: Weird

Stasera, (25 marzo) travolti da un insolito loop spaziotemporale determinato dall’inopinato spostamento delle lancette d’orologio, si parla di…

weird

“Perché dovremmo parlare di wierd – si chiede Agostino – che non so neanche cos’è?”

“Leggilo su ul vichipedia, gnurànt! – lo tramortisce Apollinare.

“Come disse Carver, che disse a Ford, che disse a Nesi, che io lessi – cita Ariele – l’economia soccomberà a un atto dell’immaginazione (cfr Storia della mia gente).

“Weird, dadaismo, surrealismo, situazionismo – illustra Agostino – niente di nuovo sotto il sole. E tuttavia in quest’epoca reificata, alienata e spettacolarizzata basta davvero poco per spiazzare i detentori del potere, fossilizzati da 30 anni  su schemi a loro volta fossilizzati da 30 anni. Sono professori che applicano ricette studiate 30 anni fa su testi scritti a loro volta 30 anni prima. Sono magistrati che non si raccapezzano che stavolta non sia lo Stato a depistare, ma gli stessi eversori…”

“Povero Caselli – compatisce Apollinare – sta impazzendo, non ci capisce un cazzo… interista diventi pazzo perché … pare che ci sia stata una rivendicazione dei boys nerazzurri (cfr Carcajada profunda y negra). Ragiona ancora con i vecchi schemi: i due sicari, i pedinamenti, le rivendicazioni… Qualcuno disse: iniziate ad inquietarvi, non sarà come gli anni ’70.  Certo che per un paio di orette si sono cagati sotto tutti: un agguato sotto casa per colpire un esponente del c.d. 3° polo, quello che rivendica le proprie impronte digitali sul governo, proprio l’indomani della manomissione dell’art.18… Musy ce n’est qu’un debut. Ma preghiamo per lui (by twitter, p.f.c.)”

“La vita è fatta di carne e sangue – spiega Amos – non di pixel, tweet e comparsate in tv. Oggi più che mai è necessario un bagno di realtà. Per tutti.”

“O ingenui – chiosa Agapito – la realtà è più fantasiosa della fantasia. Non sottovalutiamo la funzione rivelatrice e beffarda del caso. Occhio a scherzare col fuoco (avete notato che fired significa sia licenziato che sparato?). Ricordo che anni fa un professore universitario, che dopo un litigio era stato abbandonato dalla giovane amante, per impedire che lei si allontanasse in aereo quella sera stessa, ebbe l’estemporanea trovata di telefonare all’areoporto per annunciare una bomba su quel volo. Per farla breve: gli artificeri bloccarono il velivolo appena prima del decollo, salirono a bordo e trovarono effettivamente un ordigno sotto un sedile. Sofri ci scrisse sopra un bel pezzo.”

“Sofri?” – chiede conferma Ariele.

“Sofri.” – conferma Agapito.

Queste dunque le preoccupanti alterazioni psicosensoriali degli italiani ormai avulsi dalla realtà.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata sette: Relax

Stasera, (17 marzo) festeggiando degnamente il 151° compleanno del Belpaese, i valenti patrioti parlano di…
relax

“Monti: lo spread scende, ma non rilassatevi – cita Cataldo dai titoli di ogni giornale – Dunque, ci invita a non rilassarci. A stare sempre all’erta, sempre concentrati, sempre ‘sul pezzo’. E’ un condottiero, ci guida, ci conduce, ci dice come dobbiamo comportarci; nel nostro interesse, ovviamente…”

“E se fosse quello il segreto? – si chiede Clotilde – Assodato che l’azione del governo è tutto fuorchè nel nostro interesse, se iniziassimo a fare e pensare proprio il contrario di quello che ci dicono? Ci dicono di non rilassarci, di preoccuparci per lo spread, per il default? Facciamo esattamente il contrario, e poi vediamo cosa succede…”

“Il relax, il distacco, l’atarassia – spiega Carponio – sono pericolosi. Per loro, ovviamente. Quando sei coinvolto, stressato, concentrato in un determinato contesto, non hai una visione di assieme. Hai una visuale limitata, circoscritta, con i soli dati che ti mettono sotto il naso. Se poi ti mettono anche fretta, addio… Sei in completa balìa degli eventi. Eventi costruiti dalla struttura e asseverati dalla sovrastruttura. Viceversa quando sei distaccato, rilassato, con calma hai il tempo di ragionare (esattamente ciò che non vogliono, ciò che ‘per loro’ è molto pericoloso). Il relax è nemico della sovrastruttura. Se ci pensiamo bene i momenti migliori nella vita di una persona si determinano durante l’estremo relax, l’abbandono. Per es. quell’istante di passaggio dalla veglia al sonno, oppure l’orgasmo. In quei momenti la sovrastruttura, i rapporti di produzione, le divisioni in classi, non possono nulla, non esistono proprio! Lì siamo tutti uguali, lì si realizza il comunismo.”

“Oppure – aggiunge Clateo – quando ci svegliamo alle prime ore dell’alba, con la mente fresca e sgombra, e vediamo e capiamo nitidamente le cose che invece nel corso tumultuoso della giornata ci sfuggono. Oppure ancora, la sera, nell’abbandono in balìa di un martini dry. Certo, se tutti, o almeno molti, la maggioranza, avesse il tempo, l’agio e il relax per pensare e vedere certe cose, sarebbero guai per il potere… Per carità, non rilassatevi! State concentrati sulla concretezza, sull’economia!”

“E’ la stessa logica che guida la ‘riforma’ del lavoro – chiosa Clotilde – Ci vogliono sempre sulla corda, sotto stress, in ansia. Occhio che se sgarri, se non ti adegui alle direttive, se non ti mostri abbastanza accondiscendente, puoi perdere molto più facilmente posto e salario. Occhio! Ci vogliono sempre concentarti, col pensiero fisso, aggrappati al lavoro. Facciamo il contrario: freghiamocene. Ci volete licenziare? E licenziateci, cazzo ce ne frega… Pensate se tutti, o almeno molti, la maggioranza iniziasse a ragionare così. Tanto di fame non moriamo. Bivaccheremmo a milioni per le strade, bighellonando tutto il giorno, godendoci lo spettacolo dei magazzini colmi di merci invendute e la disperazione dei produttori del nostro benessere perduto…”

“Io ci sto – chiude convinto Cataldo – Meglio perdere il salario che la dignità. Meglio essere disoccupato che sfruttato e ricattato.”

“O ingenui – interviene a gamba tesa Ciro – la sovrastruttura si adegua e si plasma facilmente, e già lo sta facendo. Si tratta di neo neorealismo. Le fiction, i film, persino i video musicali narreranno di nuovi proletari, di nobili decaduti. I ricchi e gli arricchiti, tanto frequenti e ostentati per es. nei cinepanettoni, scompariranno (i ricchi dovranno restare nascosti. Nascosti. Nascosti). Il conte Mascetti prenderà il posto dello yuppie. La nostalgia per il tempo andato, quando si stava bene tutti (?), diventerà leitmotiv e motivo di consolazione per tutti, affinché lo spettacolo inneschi il meccanismo dell’immedesimazione piuttosto che dell’indignazione. Affinché ognuno veda riflessa la propria vita sullo schermo e si riconosca nelle ombre proiettate sulle pareti della caverna. Affinchè si mantenga lo statu quo e si eviti che ai depredati salti il ticchio di andare a riprendersi il maltolto.”

Questi dunque i deliri e i guasti nella mente degli italiani determinati dalla gravissima congiuntura economica.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata sei: Paura

Stasera sotto un primaverile cielo stellato, gli italiani che albergano la legge morale parlano di…

paura

“Siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Siamo tutt…”

“E piantala Clodoveo!” – esclama Cornelia.

“Stavo solo ripassando la lezione…” fa sapido Clodoveo.

“In effetti è così – precisa Claudiano – siamo tutti sulla stessa barca e abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ma non nel senso che intendono loro. Siamo tutti sulla stessa barca dal punto di vista di culturale; sia ricchi che poveri, oppressi e oppressori, sono stati educati e si sono auto educati a dare un senso alla propria esistenza attraverso il consumo e l’intrattenimento. Consumo e intrattenimento costano, e se non ce li si può più permettere sono guai: la vita (del ricco come del povero) perde senso.

Nel mondo occidentale la paura, sia per il ricco che per il povero, non è per la fame, la sete, il freddo, ma per la perdita di senso della vita sociale e, soprattutto, privata fin qui costruita. Infatti, e ora vengo al secondo corno della lezione, come mondo occidentale abbiamo davvero vissuto al di sopra delle nostre possibilità; una stretta minoranza cento, mille volte al di sopra. La stragrande maggioranza una, una volta e mezza al di sopra.”

“Questa percezione nel sentire comune c’è – concorda Ciro – e questo governo, che oltre ad essere filo banchieri è filo cattolico, sfrutta bene l’antico cavallo di battaglia del senso di colpa. Prima per decenni ci catechizzano, ci indottrinano (con i film, le fiction, milioni di spot, con l’esempio dall’alto) che si sta bene solo se si consuma molto, anche a costo di indebitarsi. Anche a costo di imbarbarire il dibattito pubblico, lasciando dilagare il cinismo per cui un pieno di benzina val bene una guerra. Poi d’improvviso, quando i nodi vengono al pettine, quando ci si accorge che d’ora in poi ce ne sarà sempre per meno, ci redarguiscono e ci fanno sentire in colpa. Anche l’art. 18 è un lusso: fatevi l’esamino di coscienza, non ve ne sarete approfittati qualche volta, magari per alzare la crestina col capo? Siete sicuri di meritarvelo, l’art.18?”

“La paura accomuna tutti – aggiunge Cornelia – Il terrore di perdere il posto di lavoro è psicologicamente paragonabile al terrore del rentier di perdere cedole e valore nominale dei titoli che costituiscono la sua ricchezza. Il default di uno Stato viene vissuto come default personale. Si ha il terrore di diventare dei falliti. A fronte di questa paura tuttavia si reagisce diversamente. Il rentier agisce da lobbista senza scupoli manovrando i governi per escludere, precarizzare e spaventare vieppiù il resto della società e per erigere le mura del bunker entro il quale spera di continuare, lui solo, a vivere al di sopra delle umani possibilità. Nel frattempo irride, o al più compatisce, ma certo non teme le reazioni altrui. Il precario, il cassintegrato , lo sfruttato ricorre infatti a forme nonviolente (o meglio, violente contro se stesso) tanto eroiche quanto alla fin fine inutili: la salita su una torre nell’inverno più rigido di Milano, su un traliccio dell’alta tensione, fino a casi estremi come quello dell’infermiera Terracciano morta perché col suo sangue voleva rendere visibile l’ingiustizia inferta nella carne delle persone. Nulla da dire sull’efficacia del sangue versato, il rosso del sangue è sempre spettacolare, ma sempre e solo il nostro di sangue deve scorrere ed essere visibile?”

“Dipende – risponde Ciro – Dipende da come si riesce a far passare il messaggio, affinché non sia controproducente, sul circuito massmediatico. Quest’ultimo è molto cambiato rispetto a dieci anni fa. Il contagio, l’osmosi, la contaminazione fra web, tv e giornali ha già determinato importanti novità politiche nell’estate scorsa. È vero che sul web leggono e scrivono soprattutto i giovani e a votare vanno anche molti anziani, ma quest’ultimi sono maggiormente influenzabili dai nipoti che dalla tv e giornali. E una volta ‘influenzati’ diffondono poi il germe fra altri anziani, in panetteria, al circolo, alle bocce… così si spiegano i risultati delle comunali di Milano e Napoli e dei referendum di giugno. Quindi non saprei come reagirebbe oggi l’opinione pubblica al versamento di sangue altrui. Non saprei, bisognerebbe provare.”

Questi dunque, in un contesto di disgelo e uscita dal letargo, gli insani pensieri e propositi degli italiani dai quali fermamente dissociarsi.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata cinque: LAVORO

Stasera sotto il palco sanremese l’intiera comunità italiana lì convenuta, richiamandosi al fondamento della nostra Repubblica, parla di…

lavoro

“Auspicavo che la faccenda del torcicollo della valletta dal nome impronunciabile fosse tutta una scusa – si rammarica Everardo – Speravo che desse l’esempio di una clamorosa diserzione, che alla fine si rifiutasse di salire sul palco, invece già alla seconda serata è ‘rinsavita’…Anche lei contaminata, infetta, corrotta, ormai persa a soli 19 anni…”

“Invece è proprio da ammirare – si compiace Eufronio – proprio perché a quella giovane età ha dimostrato carattere, ha tirato fuori le palle e ha trovato il coraggio di affrontare quella prova!”

“Tirare fuori le palle? – si turba Esedra – Prova?!? Sanremo è una prova? Apparire in televisione?”

“E’ pur sempre un lavoro – afferma convinto Eufronio – e dei più remunerati…”

“Eh già – interviene Esichio – la monetizzazione della prestazione è la misura per valutare il valore del lavoro. In questo senso Sanremo è il perfetto apologo dell’attuale sistema economico: se guadagni tanto significa che vali, che il tuo lavoro serve…”

“Infatti i broker di Wall Street guadagnano molto perché svolgono un lavoro utilissimo…” – fa del sarcasmo Everardo.

“Ma scusate – si scalda Eufronio – chi siete voi per giudicare se un lavoro, anche intellettuale, è utile o meno? È il mercato che decide!”

“Kant diceva – cita Everardo – che l’intellettuale è colui che porta la lampada, non chi segue il re. L’intellettuale non cerca di ‘stare sul mercato’, ma lo combatte, il mercato. La diserzione (di Sanremo, del sistema capitalistico obbligatorio, di ‘questo’ lavoro) è doverosa, e perciò per un attimo avevo sperato che disertasse, quella modella… come si chiama?”

“Il lavoro è per sua natura l’attività asservita, inumana, asociale, che dipende dalla proprietà privata e la crea” – cita a sua volta Esichio.

“Ma vi rendete conto – si scalda Eufronio – che se tutti disertassero il lavoro si finirebbe in vacca? Il lavoro, il fare, l’homo faber sono imprescindibili. Senza lavoro non c’e vita; è la natura che ha deciso così. Se ci pensate bene, il bene deriva sempre e solo dal fare. Mentre il male arriva subito e facilmente se non si fa. Se non ti procuri cibo non mangi. Lo stesso lattante al primo giorno di vita ‘lavora’, fatica per imparare a suggere la mammella. Se non mangi muori. Da vecchio se non ti muovi arriva la noia, il rincoglionimento, per non parlare delle piaghe da decubito. L’inedia porta solo morte. Ed è giusto così: si chiama meritocrazia”

“Certo che è così, ma è il lemma stesso di lavoro che è stato corrotto – precisa Esedra – Si intende lavoro solo quello meritevole di monetizzazione, mentre esiste un’infinita varietà di lavori non spendibili sul mercato, ma molto più utili di quelli salariati o comunque remunerati. La diserzione per es. esige un precedente lavoro di meditazione molto più duro e difficile rispetto all’obbedienza bovina ai dettami del mercato. La meritocrazia poi … in sé sarebbe anche una bella cosa, ma anche qui occorrerebbe intendersi sul significato della voce. Qui vige la pretesa che il merito si premi con i soldi in più, non con il prestigio, la stima e la considerazione conquistati per saper svolgere un lavoro utile (es. se sei un bravo medico devi farti pagare tanto, altrimenti non sei un bravo medico). Il sistema corrompe e rende meschini: la soddisfazione del proprio merito consiste nella difesa dei privilegi (materiali), nel ‘piacere’ di perpetuare le disuguaglianze (es. i miei figli potranno studiare, i tuoi no poiché non sei ‘meritevole’)

Queste dunque le bislacche elucubrazioni degli italiani, fra una canzonetta e l’altra.

Pococurante VM

OI DIALOGOI puntata quattro: Monotonia

Stasera fra sfigati ultraventottenni non ancora laureati si parla di…                         monotonia

Cita Bibiano, laureando in storia antica: “Sunzi disse: maltrattare gli uomini e poi temerne le reazioni è il massimo della stupidità. Tuttavia – aggiunge Bibiano – nemmeno maltrattarli e poi stupirsi della reazione mi sembra il massimo della perspicacia…”

“Sono solipsisti: misurano tutto col loro metro – illustra Bercario, laureando in sociologia escatologica – Martone (forse da piccolo lo prendevano in giro perché era un secchione. Secchione è, giustamente, uno stigma) ora si prende la sua rivincita davanti alle telecamere… I secchioni, i saputelli, i lecchini, i primi della classe a scuola sono gli ultimi nella vita. Ambiziosetti, rotolano per inerzia verso quegli obiettivi che gli stati impartiti da piccoli, noncuranti delle dinamiche e dei cambiamenti dell’ambiente circostante, e quando arrivano si sentono ‘arrivati’ (come Benvenuto alla segreteria del Psi, ah chissà se un giorno riuscirò a prendere il posto di Craxi…). Si finisce a dire cazzate a nome di in un governo tecnico, senza nemmeno rendersi conto della figura che si fa. Anzi, pensando di fare bella figura…” Continua la lettura di OI DIALOGOI puntata quattro: Monotonia