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POSTE: IL CAMBIAMENTO NON HA ANCORA RICEVUTO AVVISO

avviso“Poste: il cambiamento siamo noi”. “Cambieremo insieme a voi per rendere l’Italia un posto più semplice, più veloce, più bello.”
E’ da settimane che la tv ci culla con questo slogan, ad ogni ora del giorno e, fors’anche, della notte.

Direi finalmente. Intendo il cambiamento, non lo spot.

In data 5 ottobre il Cambiamento muove il primo passo.
Mi fa trovare nella cassetta rossa della posta due “Avviso di Cortesia”, uno a nome mio, l’altro, di mia moglie, perché la consegna/notifica dell’“Atto” non è potuta avvenire “stante la Sua assenza”, assenza di tutti e due.
Il Cambiamento vuole che vada a ritirare i due “Atti” a Lecco alta, in via Lamarmora, a 2km da casa sebbene ho un ufficio postale a meno di 150 metri.
E chiamala cortesia.

Gli orari stampati sull’Avviso di cortesia non mi permettono di andare a ritirare l’”Atto” durante la settimana ma solo al sabato, ma siccome c’è uno Avviso anche per mia moglie delego Lei, firmandole una delega e dandole copia della mia carta d’identità.
Mia moglie si reca all’”Ufficio Lecco Recapito Lamarmora”, dove giacciono in realtà, ad essere precisi, i “non recapitati” e si sente rispondere che essendo un “Avviso di cortesia” può ritirare solo l’Atto a Lei intestato, quello a mio nome, invece, deve passare il destinatario indicato.
Io.

Il Cambiamento è cortese ma al momento non disponibile.Recarvisi sabato, dalle 8:30 alle 12:30.

Sabato 10 ottobre poco prima della chiusura mi reco quindi munito dell’“Avviso di Cortesia” al cospetto del Cambiamento che si palesa in una signora dietro un bancone grigio, uno schermo di computer grigio e sotto luci al neon, il tutto in stile Unione Sovietica, prima del cambiamento. Quello dell’Urss, ma anche delle Poste, direi.

Il cambiamento è cortese ma momentaneamente fuori servizio.

Me lo fa notare la signora dietro al bancone grigio, lo schermo di computer grigio e sotto luci al neon, indicandomi un foglio A4 appeso di lato al bancone con due pezzi di scotch “causa guasto tecnico sabato 10 ottobre non è possibile ritirare gli Atti, ci scusiamo con la clientela”.

Il Cambiamento delle Poste sembra copiato da Trenitalia. Un disastro.

Mi permetto di fare notare al cambiamento, proprio quello della tv: “Cambieremo insieme a voi per rendere l’Italia un posto più semplice, più veloce, più bello.” che l’Atto è tracciato e fisico, ho il codice dell’Atto, ho Avviso di Cortesia, ho il nome, la Carta d’Identità e pure, sebbene casualmente, la busta dell’Avviso di mia moglie che l’ha ritirato giorni prima e poi dai gli Atti sono quei 20-30 in quella cassetta gialla proprio lì dietro il suo cambiamento. Fisicamente.
Mi spiega, il Cambiamento, che il guasto tecnico non Le permette di registrare che mi ha consegnato l’Atto.
Prova a farle capire che potrebbe prendere nota e tenersi l’Avviso firmato come promemoria, questo sì potrebbe essere una soluzione che lo mette in moto questo cambiamento. Ma il cambiamento non ci sente, non è nemmeno ingolfato, di lavoro intendo, è, più inamovibile che ingolfato.

Il Cambiamento lo sta attendendo anche lei, non gli va incontro.

Però si illumina e mi dice di non preoccuparmi perché “decorsi 10 giorni dalla giacenza dal primo tentativo sarà dato corso ad un secondo tentativo di consegna”.
Mi permetto di consigliare al Cambiamento però di cambiare almeno gli orari del tentativo di consegna perché se passano sempre agli stessi è probabile che non cambi nulla.
La consegna/notifica dell’Atto non potrà avvenire, stante la mia assenza.

Il Cambiamento si illumina e come un neon che sfarfalla prima di spegnersi per sempre, prova a fare un passo di lato e illuminare quel punto che pur avendolo sotto il naso come uno scolaro disattento non aveva visto, tenuto in considerazione.

“Scusi signore, ma sua moglie non è a casa la mattina quando passano gli incaricati così la ritira lei?”
Il Cambiamento si è avvitato e forse si è spento nell’attimo esatto in cui strabuzzo gli occhi per fargli notare che era passata di qui mia moglie per ritirare il suo di Atto e pure con il mio ’“Avviso di cortesia”, la mia delega scritta e il mio documento ma non le era stato comunque consegnato, adducendo che doveva passare solo il destinatario. “quello è solo un avviso di cortesia”.

Il Cambiamento a tale osservazione cambia di nuovo.
Ora è da capire se due cambiamenti riportano tutto a pre primo cambiamento, ma è ben l’oltre l’ora di pranzo ormai e non mi va di mettere il cambiamento sotto sforzo.

Il Cambiamento mi illustra il cambiamento. Nuovo.

Se non c’è Lei a casa le lasciamo un secondo avviso di cortesia che le comunica che c’è qui da noi una Lettera che le comunica che l’Atto è stato portato in Comune, che è vicino casa sua”.
Errando, ingenuamente lo so, chiedo se con questo “secondo Avviso di Cortesia” posso recarmi direttamente in Comune o devo passare lo stesso da loro.
“E’ meglio che passi da noi, Lei, non la moglie, per ritirare la busta che Le dice che l’Atto è in Comune, e quali sono gli orari”.
Non le pare, al Cambiamento, che è un giro dell’Oca? Un cane che si morde la coda? Un Cambiamento che non pare un cambiamento, ma un gambero?
“E’ solo una cortesia, signore”.
E chiamala cortesia.

Mercoledì ricevo invece, in busta non affrancata, direttamente la comunicazione del Messo Ordinario che mi annuncia che l’Atto a mio nome è ora disponibile presso gli Uffici del Comune, non si sa bene quale non essndo riportato, e che gli orari sono, leggendoli, peggio di quelli del Cambiamento di via Lamarmora.
Solo infrasettimanali. No sabato.
Che se uno lavora la vedo dura, ma forse nella busta, al posto di un bollettino postale da 82 euro da pagare – come quello ricevuto da mia moglie – c’è dentro una lettera di assunzione per disoccupati che, loro malgrado, hanno tempo libero e la mattina sono liberi di seguire l’Avviso.

La lettera che mi invita a passare in Comune a ritirare l’Atto però contiene una sorpresa, in fondo a tutto il testo e agli orari capestro ha una linea tratteggiata in orizzontale, sotto c’è scritto “Da compilare per l’eventuale Delega al ritiro”.
La leggo mentre sono in poltrona, è ormai sera tardi, è ora di andare a letto, l’unica luce è quella blu sfocata del televisore del vicino che tiene anche il volume alto, sento una musichetta e una voce calda, avvolgente:
“Poste: il cambiamento siamo noi”. “Cambieremo insieme a voi per rendere l’Italia un posto più semplice, più veloce, più bello.”
E non so perché ma penso che abbiano delegato a qualcun altro questo Cambiamento.
Che, però, non ha ancora ricevuto avviso.

LEUCI: quanta aria fritta sta in un teatro?

imageNon ci sono imprenditori.
Non ci sono abbastanza soldi per iniziare.
Non ci sono nemmeno idee concrete per far impresa e non volontariato.
C’è solo l’area (in realtà manco quella) come in Provincia ce ne sono da tirartele dietro.
Non è quindi forse il caso di dire che non tutto é oro quello che luccica, figuriamoci quello che ti fan credere che sberluccica a più non posso?
Prendiamo l’incontro in pompa magna di martedì al Palladium organizzato da 3 ex lavoratori della Leuci.
Possiamo dire che è stato tutto meno credibile addirittura del Progetto del figlio dei Pooh per Consonno?
Un incontro dove mio marito mi ha invitato ad andarci con lui per assistere ad una lezione di chimica: Quanta aria fritta sta in un teatro?
La serata sberluccicava di stampa, sindacalisti, partiti che non esistono più e altri che fa lo stesso. Quelli cioè alla Ecce Bombo.
Tolti veramente 6 o 7 cittadini incuriositi o forse dispersi sul Gerenzone, la città era assente. 100 persone di addetti ai lavori, parenti, associazioni, militanti e una bella fetta di millantatori quasi tutti tra quelli che han preso la parola, ma la città, per l’ennesima volta, era assente. Come da anni a questa parte.
Annunciata come la Bibba della nuova economia e dei nuovi piani quinquennali mancava però, ancor più della città, più gravemente, la realtà.
Un Piano industriale, un Progetto concreto economico e finanziario, un reale orizzonte di concretezza e verità.
Per oltre due ore si sono alternati “si potrebbe” “la città merita” “sistema Lecco” “Paradigmaticità della nostra vicenda” “laboratorio di idee”, “vedrei bene”
Ma di fatti, di mattoni concreti, di passi avanti nemmeno il profumo.
Si va bene ripetevo a mio marito, i lavoratori poverini, lasciagli almeno i sogni dato che non gli rimane altro…
Ma lui provava a spiegarmi: È aria fritta, cara.
Lo è perché non han capito che c’è un problema.
Il non vedere che c’è un problema.
Preoccuparsi del testo e non vedere il contesto.
 La serata al Palladium doveva essere l’aquila che spicca il volo, al termine di tre ore che manco dal parrucchiere o in spiaggia riesco a stare così a lungo, si è dimostrata la pietra che chiude la tomba.
 Più che aumentare i fans, aggregare persone, quest’esperienza tenderà a perderle.
Oggi non si può far finta di non vedere che le istanze di Leuci son precipitate.
E non basta un consigliere regionale del Pd, che forse sbeffeggiando salutava chiamando tutti compagni, compagne.
I progetti veri, concreti, si sciolgono, uno dopo l’altro, come neve al sole.
Da anni si sta parlando di Lampioni autopulenti ma ho fatto a tempo a fare tre bimbe e non c’è nemmeno l’embrione di un progetto sull’area.
Se è un progetto innovativo, in 6anni non lo è più se rimane sulla carta e si aspettano risposte che non arrivano.
Ora pare ci sia il taglio laser che tutto risolve, tutto risparmia. Tutte o quasi solo le aziende a cui servirebbe. Rivoluzionario. Però siam qui.
Dovrebbe esserci la coda ad accaparrarsi il brevetto.
Dovrebbe esserci l’urgenza a metterlo in produzione su scala per non perdere tempo e, invece …
Nessuno che vuole i soldi della Regione, nemmeno a fondo perduto. Strano, vero?
E Siamo ancora qui. Soli. Dentro capannoni dismessi della Leuci di 80 anni fa che paion l’unica area dismessa di tutta la Padania ed invece così non è.
Ma se non partono lì dentro i progetti, questi non possano partire altrove?
Io credo però, parlandone di ritorno in macchina con mio marito, che si è capito benissimo che la ricetta, quella vera, non c’è mai stata.
E in quel posto, lasciato svuotare dai macchinari, si è persa ogni possibilità di lotta. 
Di salvezza.
Ora al rilancio dobbiamo crederci sulla parola?
Mio marito, che non ha mai tutti i torti, mi diceva quasi sotto casa:
a questi non resta che occupare tutta l’area, e farla rivivere come un quartiere.
Chi non ce la fa più con l’affitto, con le spese, chi non ha luoghi dove ritrovarsi, gli studenti che verranno al Politecnico, chi non sa dove andare a dormire, a vivere, a giocare a pallone. Chi vuole coltivare un orto, insegnare e condividere le proprie competenze e i propri saperi, deve andare lì, ma in tanti, e occupare il posto.
Viverci per farlo rivivere. Ad iniziare dalle famiglie degli operai.
Superando l’idea di un posto mecantile, di una fabbrica che dà lavoro.
Ma germogliando un villaggio, un luogo di solidarietà e socialità, di resistenza e sperimentazione civica, il resto, poi, verrà da sé, argine forte, partigiano, alla celere dei padroni

DIRITTI E DOVERI della Carsana E GLI ABITI di Appello

imageWow. Lezione di democrazia alla rovescia oggi dagli scranni di Appello per Lecco. 

Tu hai diritto a fare ricorso al Tar perché ritieni che la tua azienda è stata danneggiata ma se lo fai devi vergognarti, davanti a tuttla la città e a tutti i lecchesi  perché questo fa rallentare i lavori di un’opera pubblica della tua città. Te lo dico con le buone maniere però resti un ingrato.

Il succo è questo della lectio magistralis di Appello per Lecco verso la ditta Carsana di Lecco che ha ritenuto di ricorrere al Tar per il mancato invito alla Gara d’Appalto per i lavori del Tribunale. 

La ditta potrà aver ragione o torto, lo stabilirà il Tar e poi, eventualmente, il Consiglio di Stato, certo è, malgrado la claque, che invece Appello per Lecco abbia torto.  Torto marcio.

I diritti non si barattano. Tantopiù i diritti degli altri. 

Per uno come il Portavoce di Appello per Lecco, il manager Corrado Valsecchi, che ha un passato da sindacalista, è micidiale e paradossale. Ma si sa, ad ogni stagione un abito nuovo.

Inoltre si sottovalutano almeno due aspetti che non dovrebbero essere nascosti,  Come fa, invece, Appello per Lecco per sua pura convenienza.
Innanzitutto nulla escludeva, e in caso di vittoria del ricorso, nulla esclude, che la partecipazione al Bando di gara della ditta Carsana comporti un minor costo dei lavori.
Questo significherebbe un vantaggio economico per lo Stato e per il Comune di Lecco, e quindi dei cittadini.
Ce la mette Appello per Lecco ed il suo manager l’eventuale differenza?
Un secondo aspetto è quello che oltre ad un vantaggio economico collettivo si darebbe lavoro ad una ditta locale e – scusate se ad Appello fa schifo – ai lavoratori lecchesi.
In questi anni di crisi, in primis dell’edilizia, non è cosa di poco conto.

Chiedere di non fare ricorso, come non solo è diritto della Carsana ma anche suo dovere per tutelare i propri lavoratori e non solo i suoi interessi, è vergognoso e pericoloso.
Pericoloso perché si mina un diritto e domani lo si potrebbe pretendere per qualsiasi cosa.
Basta aver un po’ di claque e una miopia politica conclamata.

Per esempio perché gli ex lavoratori della Leuci continuano a far casino? Se non rompessero lì si costruirebbe un supermercato e tante case dando lavoro a un sacco di gente.  E vale anche per la vicenda Vismara di Casatenovo o la Trafileria Brambilla di Calolziocorte. 
Ma non ditelo ad Appello per Lecco o meglio ad Appello per sè stesso. Lei dei diritti degli altri (aziende o cittadini che siano) se ne frega.

IL LAVORO NOBILITA L’UOMO ANCHE SE LO SFRUTTA PARECCHIO?

altan crisi fine meseNon capisco, veramente, il perché ci si indigna come faine quando a Calolziocorte qualcuno popone di ridurre lo stipendio del 30% ai lavoratori considerandolo (giustamente) non dignitoso della persona e del lavoratore ed invece si battono le mani e si fa festa, quando qui a Lecco altri, più presentabili (e quindi in realtà maggiormente colpevoli) “pagano” due dita in un occhio dei ragazzi solo perché questi non hanno un lavoro e sono in panchina?

150 euro in buoni spesa per 80 ore di lavoro, ed in generale un Progetto che paga (meno di) un paio di euro all’ora i lavoratori. Stando alle motivazioni dichiarate, il “Progetto” consentirebbe a questi ragazzi di dimostrare che non sono “demotivati e svogliati” come vengono dipinti dai media.

Gli si dà l’occasione di un riscatto sociale, quindi, e stai a vedere che alla fine devono pure ringraziare. Se poi ti domandi se un lavoratore non andrebbe pagato il giusto…

Forse no, perché il “progetto” è educativo e vuole dare l’occasione ai giovani di “misurarsi con le regole base del mondo del lavoro: puntualità, impegno, autonomia, lavoro di gruppo, rispetto dell’autorità”. E sfruttamento.

Ma un lavoro ed un lavoratore, una persona, non andrebbe pagato il giusto?

A prescindere intendo dalla mano che tiene in mano il portafoglio?

COME MAI COME MAI SEMPRE IN CULO AGLI OPERAI?

treno francescoIl patriottico 2 giugno si è espresso sotto forma di parata militare perché la Repubblica sarà pure fondata sul lavoro ma se il lavoro manca è meglio tener ben visibili i militari.

Guardiamo la realtà delle nostre imprese locali che chiudono baracca e burattini lasciando con tante preoccupazioni un mucchio di lavoratori.

Va bene cadere anche noi, che non c’entriamo nulla, nei loro buchi. Ma in cambio potrebbero farci salire, quando le cose vanno bene, sulle loro montagne di quattrini. Ci basterebbe raccogliere qualche spicciolo per sentirci coinvolti. Ma vacca boia questo non capita mai.

Abbiamo fatto caso a questo, che non capita mai?

Se il gruppo dirigente e proprietario di un’impresa locale colleziona sconfitte, che cosa suggerisce la famosa “etica del capitalismo”? Licenziare tutti i dipendenti e assumerli, sotto altro padrone, con una decurtazione del 30% della paga.

Prendere o lasciare.

La nave affonda senza capitano

Le aziende – vedasi qui sul territorio la Brambilla, la Leuci, la Velluti Redaelli, ecc – restano le uniche navi al mondo sulle quali il capitano non affonda mai insieme alla ciurma.

Pensiamoci.

Se è vero che gli esseri umani, nella logica aziendale, sono solo pezzi di una fabbrica, perché non dovrebbero esserlo, a maggior ragione, dirigenti, manager e padroni?

Pensate che splendida figura, davanti ai sindacati ed a quello che resta della morale pubblica, sarebbe auto-licenziarsi, svendere i beni di famiglia, le diverse case che si hanno, le ville che si vogliono ingrandire, gli immobili aziendali che si vogliono trasformare in multi appartamenti.

Ed invece la vita è dura e ingenerosa. Tra le eleganti macerie del mito della fabbricchetta brianzola, a dispetto di PGT, Consigli Comunali, cittadini, può ancora echeggiare solo il vecchio, volgarissimo ma lucido slogan dell’operaismo sessantottino: “come mai, come mai, sempre in culo agli operai?”

A guardare bene la realtà, infatti, la convinzione è quella che il mondo è ancor pieno di questi capitani d’industria, di questi padroni che ci fanno la morale, ci dettano le ricette e poi alla chetichella mandano a remengo la loro fabbrica, con dentro però centinaia di lavoratori.

Alcuni la morale l’han fatta pure dalla cattedra di un ministero.

Di questi miliardari che buttano il conto in banca oltre l’ostacolo e puntano “solo” (tutti) i loro operai sulle più scombiccherate roulotte della finanza, che investono in appartamenti, in ministeri, nel mercato della borsa, in oriente, su qualche associazione multiculturale, non ne dovremmo avere piene le tasche, avendone piena la provincia?

Eppure questi non li vedi mai, in nessun bar, dove è pieno, di aspiranti al lastrico.

Chissà perché non ce né mai uno al tavolino di fianco, nessuno di quelli che qui ha chiuso baracca e burattini.

Del resto, se il denaro diventa un valore assoluto (non più quantificabile, cioè, in rapporto a ciò che serve a comperare, ma stimabile e venerabile in sé) che cosa può valere una vecchia fabbrica, un vecchio stabile neogotico di fronte alla bellezza definitiva di qualche milione di euro?

Non si può nemmeno appiccarci il fuoco a quelle fabbriche, piene come sono di amianto.

Il conto anche questa volta lo paga qualcun altro.

I soliti.

Famiglie e (ex)lavoratori.

LE DOMANDE A CUI NON HA RISPOSTO ANCHE PERCHE NESSUNO GLIELE HA FATTE

 

PD LEGALITAE così, Nando Dalla Chiesa mercoledì è andato alla Festa democratica del PD di Lecco sulla legalità. Dico subito che ha fatto benissimo e che gliene sono personalmente grato: parte non secondaria del suo durissimo mestiere è sobbarcarsi situazioni ingrate o imbarazzanti alle quali (per esempio) quelli come me non si sottoporrebbero nemmeno sotto tortura. Pure, mi è piaciuto intuire in certi suoi sguardi insofferenti e quasi smarriti, che tv e stampa locale han portato in molte nostre case, quella punta di disagio che gli permetteva di rappresentarmi meglio.

Di solito raggelante per i temi che narra, Dalla Chiesa mi è apparso in più occasioni l’altra sera raggelato: e in una istantanea a tu per tu con la platea piddina e il Sindaco dagli sms e intercettazioni allarmanti in prima fila, far trasparire bene, sotto il sorriso da uomo di mondo, il muto pensiero che lo attraversava: “Ma guarda che cacchio mi tocca fare”.

E’ così raro provare solidarietà umana con un leader di quell’importanza, che mi sono sentito sollevato.

In fondo “Ma guarda che cacchio ci tocca fare” è un po’ lo slogan di questa Festa democratica del Pd di Lecco che parla di legalità ma si guarda bene dal parlare di Metastasi.

Non avrebbe nessuna voglia, infatti, di parlare di ‘ndrangheta ma se non lo fa lei lo fa la città e sarebbe un guaio.

Non per la città, s’intende.

Deve essere stato per questo che Nando Dalla Chiesa per parlare di Lecco si è educatamente limitato a segnalare indignato un episodio gravissimo di 20 anni fa.

Il regalo, da parte dei commercianti di Lecco, tramite Giuseppe Crippa, di un’onorificenza alla famiglia ‘ndranghetista di Franco Coco Trovato.

OOOhhhh che vergogna!!! E’ stata subito l’esclamazione che si è levata dalla platea piddina.

Nessun accenno da parte di Nando Dalla Chiesa invece sul regalo dell’intero Lido di Parè a Valmadrera, ad opera – stando ai magistrati – del Sindaco Pd, avvenuto 20 anni dopo di allora, cioè oggi, e sempre alla famiglia ‘ndranghetista Coco Trovato.

OOOhhhh che vergogna!!! E’ l’esclamazione che NON si è levata dalla platea piddina.

Intenta ipocritamente a parlare in astratto di legalità ma guardandosi bene dal parlare della sua Metastasi.

Nando Dalla Chiesa, infine, non ha risposto alla domanda di quanto fosse grave che un sindaco abbia dato rocambolesche versioni diverse tra loro su fatti così gravi, abbia intrattenuto rapporti via sms, telefonate, visite di prestanomi così allarmanti ed ancora tutt’oggi eviti di renderne conto politicamente ai cittadini.

Nando Dalla Chiesa a tutto questo non ha risposto anche perché dalla platea piddina nessuno gliel’ha domandato.