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PROFUGHI e MIRACOLATI POLITICI

imageSarà che la Piazzetta di Portofino non è più come quella di 10-15 anni fa, dove ai tavolini del caffè Excelsior o nel giardino del castello Brown potevi trovare solo i veri signori e non i miracolati che li senti arrivare già da un chilometro, malgrado Portofino sia un nido con le sue alte case colorate disposte a semicerchio e davanti ti si apre solo il mare.

Un piccolo villaggio che si allarga come un arco di luna attorno a questo calmo bacino” per citare Guy de Maupassant.

Sarà per questo, o per qualcosa altro ancora, ma volendo ritardare la scesa in Piazzetta per il pranzo e la lettura dei giornali, ho avuto la sventurata idea di collegarmi a internet per leggere come andava il mondo sull’acqua di lago di casa mia.
Ci sono notizie, ci sono comportamenti, che son più piccoli di questa Piazzetta che vedo dal terrazzo ricco di limoni e profumi di casa mia. (mia e di mio marito, in realtà)
Mi accorgo così che non tutti i nuovi miracolati son venuti in vacanza.
La colpa, o la fortuna, a seconda della sponda di mare dove ti trovi è da attribuire a 15 migranti.
Dipinti da O’ miracolo Stefano Simonetti come possibili untori.
A cui sollecita controlli sanitari, controllo fedina penale e status di oppressi.
Rei di essere venuti, o mandati?, in questa terra di conquista e di cariche istituzionali a cui un lavoro bisogna inventare.
Come manco i cinesi dei bar o i futuri turisti dell’Expo.
Perché vengono qui?
Perché sono cattivi, cinici, egoisti e superficiali?
O’ miracolo se lo sta chiedendo ma non vuole risposte. Sta sorseggiando il suo thè.
Se avessero queste peculiarità però, gli andrebbe ricordato, sarebbero ben inseriti in questa società che non richiede altro che queste “qualità”.  Scriverebbero editoriali su Libero, dirigerebbero Il Giornale o Il Foglio.
Forse gli farebbero concorrenza.
Chissà se avrà chiaro che non possiamo sfuggire al tema fondamentale del nostro tempo, anzi di ogni tempo, da che mondo è mondo: la narrazione. Nella vita pubblica, come nella vita privata di ognuno, tutto dipende da come ce la raccontiamo.
E il racconto che leggo su internet è un racconto che dovrebbe indignare.
Qui in Piazzetta, come sui margini di una spiaggia, i marinai tirano le barche in secco.
Tutt’attorno e sotto i portici dagli archi a sesto acuto, lungo la Calata e il Molo, le boutique, le attività commerciali e i ristoranti fanno da cornice.
Il fatto che sia così facile per i detentori del potere far passare nelle mente di ognuno ilmeme, l’inoppugnabile validità della falsa dicotomia fra violenza/nonviolenza deriva (anche) dalla mancata indignazione davanti a richieste di solleciti di controlli sanitari, controllo fedina penale e status di oppressi.
Per cui si ha gioco facile nel dividere il mondo fra buoni e cattivi e spingere il grosso dell’opinione pubblica nella direzione voluta.
La vera dicotomia non è fra violenza e nonviolenza, ma fra vera violenza e violenza farlocca.

La vera violenza è ciò che i mezzi di comunicazione in mano ai detentori del potere non mostrano. È la violenza delle operazioni belliche in Afghanistan o Gaza, delle deportazioni nei CIE. Dell’informazione asservita e manipolata, della menzogna. Del clima costante e quotidiano di minaccia e intimidazione sui luoghi di lavoro. Dei pestaggi quotidiani (quotidiani) di fermati e detenuti (Cucchi, Aldrovandi, Uva non subirono un trattamento ‘eccezionale’) Delle lettere della Bce. Delle Slide di renzi, dei martellanti quanto suadenti spot televisivi. Delle vetrine di boutique e banche in centro non ancora infrante. Delle auto di lusso ancora intatte. Di Comunicati stampa di miracolati dell’istituzione locale. Quella è la vera violenza.

In una Democrazia, non c’è libertà senza uguaglianza.
Solo l’uguaglianza evita la prevaricazione di una libertà sull’altra; quella del più forte sul debole.
Chi lo spiega al Presidente Simonetti?
Si sottoponga, lui per primo, con la stessa baldanza, per dare il buon esempio,a  controlli sanitari, al controllo della fedina penale e al suo status di oppressore.
Peccato, mi suggerisce da qui il mio vicino torinese di tavolino, non ci sia più il porfessor Giorgio Coda.
Glielo farebbe a gratis.
Mi sappia dire il Prefetto….i referti li leggerò quando torno.
Qui c’è una brezza che nemmeno a esino domani.
Venga giù qui il presidente, non è più come 10/15 anni fa.
Ci son più miracolati che signori.
Si troverá bene. Come al lavoro.

 

METASTASI? MECCHE’, CANILE…

protesta canile comune leccoNon si parla d’altro in città. Al mercato del mercoledì è un continuo rincorrersi e parlottare. Nelle sale da thè dei bar in centro è argomento primario di discussione e rimodulazioni di voci quando si avvicinano i camerieri. Nemmeno tra noi mamme in pausa dai figli, opportunamente a scuola, si parla d’altro. No, non è l’Inchiesta Metastasi e l’ndrangheta, cosa avete capito… E’ il tema canile. La chiusura del canile al vecchio macello. Ne parlan tutti.

L’opposizione comunale con il Consigliere “minaretoachiuso” Siani, il Presidente “volevofareilsindaco” Marelli, il consigliere Idv “almenounaapprovatemela” Ezio Venturini, nonché l’Assessore alla sicurezza “sempreduro” Volontè, fin ad arrivare su al Sindaco “unatelefonataancora” Brivio. Tutti e loquaci. Che nemmeno 10 inchieste d’ndrangheta li farebbero parlar così tanto. Davanti ai falsi problemi riescono sempre ad alzare un sacco di parole e movimento. Chiude il canile? Si. Sopprimono i cani? No. Li lasciano abbandonati in mezzo ad una strada? NO, son mica uomini e donne senzatetto. Li portano in Brianza e costa di più che aprire un canile nuovo in città? No.

E allora di cosa stanno parlando?

E’ di questo che si discute al mercato, tra un biscotto e l’altro nei bar del centro o davanti ad un fresco e profumato Trebbiano d’Abruzzo del 2011 di Popoli. Ma questi han preso mai in mano un ferro da stiro e piegato una camicia? Dice con convinzione la mia amica Oriana. Questi non sanno nemmeno fare la O con il bicchiere, incalza la commessa del banco frutta al mercato. Mariuccia, che ha un trascorso nelle scuole come professoressa, fa subito un’analisi. E’ per forza una disperata strategia difensiva. Enfatizzare sui media ciò che si ritiene possano essere degli sfiatatoi, delle valvole di sfogo. Delle distrazioni di massa. Va bene tutto, pur di scongiurare la presa di coscienza definitiva, fatale (per loro) circa ciò che i Fatti di Metastasi contengono ma anche solo l’immobilismo amministrativo. Come un Razzi qualsiasi, la politica locale non la mia amica, sia chiaro. Preferiscono, sperano, che ci si concentri, appassioni di un falso problema. Qui ora dalla panchina del lungolago, tra un scorcio di Svizzera e un vento tra i capelli ho come l’impressione però che sempre meno gente però se la beva. La cosa grave (per loro) è che la credulità popolare (in netto ribasso ultimamente) costituisce l’unico appoggio, l’unico puntello che ancora tiene in piedi il simulacro, il cartonato dell’amministrazione comunale. Ormai basta davvero poco, un paio di colpetti, forse nemmeno ben assestati, per far crollare miseramente la baracca… come un PGT qualsiasi arenato sulla soglia in una Commissione Capigruppo congiunta che è un Commissariamento di fatto di Appello per Lecco. E allora perdono la trebisonda.

E’ notizia di ieri sussurratami come un’agente segreto nella toilette mentre mi sistemavo un poco il trucco, della Virata di Appello per Lecco. Provare a salvare i cani ed affossare il Sindaco. Senza darlo a vedere. Tutta di fretta la mia amica del cuore, la mia compagna di shopping, mi allunga un foglietto sottratto ad una riunione della Lista Civica: Compagni, amici, amici e amiche del The della cinque ricordatevi che “Siamo impegnati a trovare un luogo sicuro e autorizzato che consenta agli ospiti del nostro canile di ricevere il miglior servizio possibile per il tempo necessario a trovare successivamente una situazione idonea e definitiva. Ma ciò che non è accettabile è chiedere oggi al Sindaco Brivio di caricarsi di una ulteriore responsabilità, con implicazioni penali, nel sottoscrivere un atto di proroga di una struttura ritenuta inadeguata dall’autorità sanitaria. In particolare in un momento delicato, dal punto di vista politico, giudiziario e personale, per Lui, come questo

Sembra quasi ‘Il Sindaco non è nemmeno nelle condizione di badare a un cane. Volete che possa badare alla città?’ Si tratta di nuocere a chi ci nuoce di sabotare ciò che sabota la nostra carriera, i nostri progetti. Ecco ciò che va fatto. Poi le vie per conseguire questo scopo sono molteplici, ognuno nel suo campo può sciogliere le briglie alla fantasia…

Compagni, amici, amici e amiche del The della cinque, chi vuole tutto e subito ottiene poco o niente, come insegna l’esperienza del ’68. Prima i cani randagi poi pensiamo alla città. Una cosa per volta, per favore.

GIRA LA RUOTA. DUE VOLTE ALL’ANNO

bikeupMia suocera ci ha fatto una sorpresa. E’ venuta a trascorrere con noi, nel nostro piccolo bilocale, il lungo fine settimana del 2 giugno. No, no è quella la sorpresa: ci si è presentata sullo zerbino con un pastore bergamasco, nero, peloso, enorme!

Non ho fatto in tempo a proferire parola che i ragazzi erano già appesi al lampadario, terrorizzati. Calma e gesso (ops, quello è mio marito).Questo cucciolo mi ha intenerito. Confesso, la Brambilla mi ha convinto, dobbiamo fare qualcosa per il prossimo!”

Eh no, la Brambilla no, no, nooo.

In queste circostanze, mentre la lingua rimane impasta, i neuroni cominciano ad agitarsi a palla: che si fa? Soluzione urge. Tattica, fuori la tattica, prendiamo tempo, per ora usciamo! Girando per Lecco ci faremo venire un’idea. Eccoci allora a passeggio attraversando il centro, che bella giornata, c’è una vivacità incredibile! Eh sì, c’è un grandioso evento del nostro grandioso assessore Campione, è il “BikeUp”, evento europeo (dicono) che pare abbia fatto da calamita per oltre 30.000 persone (boh) che si sono catapultate a Lecco solo per questo imperdibile evento.

Insomma, biciclette a motore elettrico che skizzano di qua e di là, che ci sfrecciano a destra, a sinistra. Che bello, è elettrizzante. Ci facciamo un gelato, con panna montata, naturalmente E questi che continuano a sfrecciare zigzagando tra i passanti, sembra che la panna sia montata per tutti, pure persino per uno sciame di politici che scorgiamo uscire da Palazzo delle Paure, arzilli sorridenti, felici, sarà l’effetto taumaturgico delle elezioni?

Fino a quando a Bobi (niente, mia suocera non ha voluto ancora appioppargli un nome)… si monta la panna anche lui e… con uno strattone “molla gli ormeggi”, ci pianta col guinzaglio in mano, e comincia a rincorrere tutti i malcapitati ciclisti che scorrazzano tra piazza XX settembre Piazza Cermenati.

Bobiiiiiiiiiiiii

Ma come tutte le storie anche questa ha un lieto fine, almeno per noi. Bobi non ha distrutto nulla, non ha morso nessuno. Peccato però che a mia suocera non avevano detto che questo trovatello ha un vizietto: gli piacciono le ruote delle biciclette, gli piacciono da morire! Ma non quelle che puzzano di gomma calda strisciata sull’asfalto, no, quelle no. Ha una passione per quelle fredde, quelle che non rotolano, quelle che sanno di gomma… un pò ammuffita. E lui le benedice tutte, non se ne perde nessuna!

Ci scusiamo pertanto con l’assessore Campione, ma non abbiamo potuto evitare che Bobi facesse una pisciatina su ciascuna delle bici del bike sharing: Insomma, che ci potevamo fare, erano tutte lì, immancabilmente ferme, davanti a Palazzo delle Paure. Lo perdoni il nostro Bobi signor assessore, perché come dice mia suocera (e la Brambilla) i cani non solo hanno un’anima, ma hanno una sensibilità, un’intelligenza, talvolta persino superiore a certi umani. E siccome non sono dotati di parola, ma ci comunicano per gesti, forse Bobi voleva esprimere suo malgrado un segno di compassione verso quelle povere, tristi, care biciclette abbandonate dagli umani. Nella città europea della bicicletta. Un paio di giorni l’anno.

TOGLIETE GLI ARGOMENTI a questo signor paolo trezzi

altan italiani individualisti e che cazzo ce ne fregaLeggo spesso e ormai malvolentieri le lettere del “vostro” Paolo Trezzi. A parte che scrive a tutti e tutti, forse, lo pubblicano. Ma non si può fare un poco gli affari suoi? Ma dove trova il tempo di documentarsi, studiare, verificare, scrivere tutta quella roba lì? Sul fatto che scriva è comprovato, sul fatto che si documenti, studi e verifichi invece, chi lo sa? Lei Direttore lo sa?

Nessuno gli risponde. O ha ragione o, più probabilmente, non vale la pena perder tempo. Ma lo leggono almeno? Io che devo mandare avanti la casa e, come un’infinità di mamme, ora ho pure i figli che han terminato la scuola e conto i giorni per l’apertura del benedetto Cres estivo del Comune, faccio fatica a tenere il passo degli scritti di questo signor Trezzi. Mi vien rabbia a immaginare tutto il tempo che perde. E che mi fa perdere. Non mi capacito come faccia lui a trovarlo il tempo per scrivere. Ma lo ha un lavoro? E poi di che cosa scrive… politica, soldi, magagne del Comune, etica andata a farfalle. Mai una notizia positiva. Mio marito quando lo legge alla sera sul divano prima di “Un posto al sole” si segna. Spera che non parli di lui. In realtà, appena cominciata la serie tv spera che anch’io non parli, ma questa è un’altra storia.

Forse una ragione perché il vostro signor Trezzi (ma quanti anni ha? E’ uno studente? Ricordo male o forse ha dei figli, sbaglio? E’ uno solo?). La ragione per cui scrive è che alla seconda o alla terza birra, al bancone del bar o in fondo alle macchinette, c’è sempre qualcuno che scioglie la lingua e ha la soluzione per tutto, dal calciomercato, al taglio della spesa pubblica.

Sento già echeggiare:“Se solo ci fossi io…” e giù con i rimedi-miracolo: schierare tre punte, mi suggerisce mio marito – poi mi spiegate che vuol dire che mica ho il tempo di documentarmi ed è iniziato “un posto al sole” – punire la squadra in ritiro, uscire dall’euro e tornare alla lira, mandare tutti in galera (o a Venezia, o se servili masochisti, nel PD) e buttare la chiave, mettere i dazi ai cinesi e ricacciare gli immigrati al loro paese – anche se non ne avessero uno, non importa – cose così. La specie è universale, nella variante vociante dello sapccamontagne o in quella molesta del tipo dal fiato alcolico che pretende attenzione, fissato nelle sue ossessioni. Nulla di nuovo, ma in Italia la cialtroneria parlamentare o consigliare, come qui a Lecco, ha fatto delle tirate da bar un genere politico-elettorale, titillato da televisioni e giornali a corto di audiance e copie vedute. Così da vent’anni si sono rincorsi ruvidi ed egoisti secessionisti, manettari in debito con la grammatica, istrioni finto-democratici passati dal teatro al comizio. L’ultima sono stati i forconi, graziati da tivù compiacenti che hanno evitato la panoramica su piazze e rotonde Kennedy semi-deserte. Specchio del senso comune, si capisce che in tempi di crisi l’agitazione qualunquista e demagogica non solo in Italia raccolga un supplemento di frustrazioni e risentimenti, tra i predenti della ristrutturazione sociale, tipi alla Leuci, o anche tra i salariati.

Non c’è da dar credito a vecchi e nuovi spacciatori di ideologie, ai miti del lavoro, dei partiti strumenti oggi contro i salariati, i precari, le famiglie, i ragazzi senza futuro, illusori di credibilità. Bisogna essere strategici. E nel nostro piccolo locale bisogna tenere lo sguardo alto della lotta e togliere gli argomenti a questo signor Trezzi. E’ un dovere morale, risolvete i problemi, rispondete alle accuse. Togliete inchiostro a quelli come Trezzi. Così che anche lui possa andare al Bar sport degli statisti o a vedere “un posto al sole” ma la smetta di scrivere.

Mi scusi se glielo dico ma tra la sua faccia e la sofferenza non c’è alcuna possibilità di dialogo

Deve essere il caldo asfissiante e i miei bimbi che sugli elastici davanti al lungolago non stanno fermi un secondo facendomi sudare anche da ferma.

Ma mi sta diventando tutto insopportabile.

Le industriali che chiudono baracca e burattini e si riposano sulla loro pila di soldi.

I politici che allungano 80 euri con una supponenza come se fossero loro e poi ti bruciano anche i tuoi di prima con l’Imu, la Tasi e la cancellazione della detraibilità per il coniuge a carico.

I verdi e le opposizioni di sinistra in Provincia che prima sostengono un referendum e poi approvano l’aumentano della tariffa dell’acqua pubblica giustificandosi che in fondo l’hanno già fatto i sindaci. Sindaci dei loro partiti.

Come per i raggi uva sulle confezioni di creme estive sto diventando ipersensibile alle farloccate, alle chiacchiere della politica, alla retorica del potere di turno che però è pure a turno unico, non cambia mai.

Sulla panchina appunto tra elastici che fan saltare i bimbi, tra gelati che non dissetano, non rinfrescano, forse manco saziano, tra turisti che aspettano un battello che ha il nome di Godot, provo a guardare l’acqua del lago, che sembra che è ferma ma hai voglia se va, per dimenticare tutto, per ricordarmi tutto.

Tutta una settimana di farloccate, di luoghi comuni, di barabba e gesù.

Tipo quando sento il capo degli Industriali italiani, il cisanese Giorgio Squinzi, dopo aver letto i dati aggiornati della disoccupazione: 13,6% – peggior dato dal 1977 – definire accorato: “la situazione è gravissima, per non dire tragica”; o dal finestrino della sua supercar un miliardario qualsiasi in vacanza sul Lago a Varenna sentenziare che: “c’è una cappa di crisi grave sull’Italia, non ce la faremo per molto”, o sentire, come ho sentito l’altro ieri, dal tavolo della Casa dell’Economia il Presidente Vico Valassi sentenziare: il 2013 è stato un altro anno durissimo”.

Poi, fortunatamente, non sento più, per un attimo, il vociare dei bimbi, il rumore delle auto sul lungolago, le chiacchiere delle frequentatrici delle palestre per essere pronte per la prova costume, e mi torna in mente, come giri di chiave che aprono porte, che sbloccano combinazioni di lucchetti – quella vecchia storiella (a cavallo tra l’aneddoto storico e la leggenda) che ebbe per protagonista il Ministro degli esteri inglese Brown, un laburista che divideva equamente la sua passione politica tra la giustizia sociale ed i superalcolici.

Una storiella da raccontare agli Squinzi, ai miliardari in supercar, ai Vico Valassi, alle industriali che chiudono baracca e burattini, ai politici degli 80 euro, ai promotori degli aumenti della tariffa dell’acqua pubblica.

Dunque questo Brown era ospite di un ricchissimo emiro arabo, che aveva imbandito in suo onore una cena sardanapalesca, e per tutta la serata, tra una portata e l’altra, nei rari momenti in cui non aveva la bocca piena, continuava a dire a Brown “sapesse, amico mio, come soffrono i popoli arabi” Brown, non si sa se più irritato per l’assenza di alcolici o per le querimoniose lamentele del suo ospite, resse quasi fino alla fine del banchetto, ma alla fine non poté fare a meno di osservare: “Mi scusi se glielo dico, signore, ma tra la sua faccia e la sofferenza non c’è alcuna possibilità di dialogo” .

Guardo l’acqua del lago che sembra che è ferma ma hai voglia se va e devo ricordare di dire a mio figlio: “al dio della Scala non credere mai”, “a un dio fatti il culo non credere mai”, “al dio degli inglesi non credere mai”

https://www.youtube.com/watch?v=NtaCvXdAQiY&hd=1 (coda di lupo)

CONSIGLIERI E SCONSIGLIATI. Pulire sepolcri imbiancati

altan italiani individualisti e che cazzo ce ne fregaOdio guerre, mafia, tangenti, funerali.

Ho una voglia istintiva, autodifensiva di spegnere il telecomando, chiudere internet, ripiegare il giornale, rimanere chiusa in casa a fare piuttosto una torta salata con ricotta, carciofi e cavolo rosso saltati.

C’è voluto un attimo per scegliere.

Per decidere di uscire. Questa volta. Non c’erano marce silenziose come atti di fede. C’era un esercizio civico di informare. Questa volta.

Che andava sostenuto.

E c’era pure l’arcobaleno mercoledì sera a Lecco. Son segni. Per chi ha la pazienza di capire.

Curiosità di capire. Son segni. Tardivi, successivi quel che vuoi. Ma sempre segni restano.

E ciò che segna, insegna.

Ho portato così anche i ragazzi con me. Tutta la famiglia. L’uomo di mondo e la donna di casa.

Non avere l’abitudine dell’aperitivo serale ci ha permesso di trovare parcheggio.

Siam arrivati presto ma subito un poco di angoscia ci ha preso. Entrambi.

All’unisono, io e mio marito, abbiam messo le mani sugli occhi dei ragazzi.

C’era troppa gente. Sembrava di essere in coda ad una marcia. Un’altra marcia. No.

Ma non c’erano sindaci, senatori, non c’erano preghiere recitate e non c’era in giro nemmeno un atto di fede.

Eravamo quindi nella fila giusta, ci siam detti.

Una fila che portava alla Sala Ticozzi dove era in programma un’azione di pulizia.

Pulire i sepolcri imbiancati.

Raccontare i Fatti che hanno sconvolto o assopito Lecco. L’ndrangheta nelle stanze del potere e il silenzio di politica, associazioni di categoria, sindacati, chiesa, cittadini.

La sala piena che quasi mi toccava stare in piedi, in fondo, ferma come una sentinella del silenzio.

Tanta gente così non l’avevo mai vista.

Neanche all’Ikea.

Stava andando in scena una ricostruzione così dettagliata, chiara che subito prima dell’angoscia pensavi al convitato di pietra – o di legno se continuavi a pensarti all’Ikea – che era il Sindaco di Lecco, Virginio Brivio.

Date. Sms. Intercettazioni telefoniche. Resoconti d’indagine. Avvocati. Prefettura. Prestanome. Consiglieri e sconsigliati.

E man mano come il bowling rotolavano tutti assieme, fragorosamente in ordine sparso. Sindaco e Sindaco, Consiglieri, Presidenti, Prestanome e Pregiudicati. Ogni frase, ogni nome, un riferimento, una fonte e un rimando.

Vacillavi.

Ad ogni azione corrispondeva una reazione uguale e contraria.

Un lavoro che riporta alla luce tutte assieme e tutte di un colpo le bugie, i tradimenti, le false scuse, gli inganni, le reticenze, aiuta ad affrontare con più serenità l’incertissimo futuro. E’ quasi impossibile, rispetto al passato, infatti, che questo riesca a riservarci qualcosa di peggiore.

Il decadimento politico è esploso in tutta la sua semplicità. In tutti i suoi Fatti.

Più di qualsiasi parola la distanza siderale che separava i fatti dalle ciance e dall’omertà è venuta a galla ascoltando il racconto di giovani ragazzi e di un pubblico attento in confronto alla polvere della politica di queste settimane. Il bilancino del quieto vivere della politica e dela loro claque.

Ho imparato un’altra cosa importante l’altra sera.

Non tanto che il Sindaco Brivio ha dato più versioni rocambolesche sui fatti che lo riguardano.

Non tanto che le Carte, dell’accusa, sono pesanti e gravissime.

Non tanto che Brivio nella vicenda è entrato prima e non dopo, l’informativa della Prefettura.

Ho capito che è la Politica che cambia la società, non i santi, non l’infantilismo civico in marcia dietro atti di fede, non i giudici.

Ho capito ancor più fortemente che esiste una morale ed un etica politica e civica. Collettiva. Ben più giudice e spartiacque della magistratura.

E per i politici di oggi questi Valori non contano.

Si sono affidati, per comodità – per i giudizi – alla sola magistratura, ormai diventata come un gigantesco Telefono Azzurro per un paese di bambini di ogni età.