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TUTELA del RISPARMIO

soldi1Da tempo pensiamo che in genere, un cittadino,  il correntista, il risparmiatore, l’investitore da solo non possa riuscire ad affrontare, alla pari, una banca.

Non è una guerra, per fortuna, ma un’infinita partita si.

 

Una partita del diritto ad essere informati contro il privilegio; dell’equità ad aver benefici da una relazione contro l’ingiustizia. Dei singoli contro l’alleanza dei cartelli.

E siccome crediamo poco alla buona volontà dell’autopromozione di buone pratiche da parte del sistema finanziario e non credo per nulla serio e costruttivo tutelare i risparmiatori solo dopo che sono stati (forse) truffati dalle banche e dai consulenti – gli investitori vanno educati e messi in guardia prima – è bene pensare delle forme che anticipino questi problemi, che li depotenzino e, ove possibile li evitino.

Il modello non il singolo caso.

 

Da tempo infatti ci domandiamo: Cosa si è fatto dopo le crisi Argentina, e dopo Cirio, e dopo Parmalat? E dopo Lehman Broters? E ancor più necessariamente: Che cosa si farà prima della prossima crisi?

In altre parole tutti, ognuno per la sua parte e competenza, dovremmo ridurre il più possibile la platea dei potenziali gabbati di tutti i figli di questi casi sopraccitati ma anche per ribaltare il risultato della partita che citavamo all’inizio di questo post.

 

Per diverse di queste ultime storture può bastare, proponevamo già tempo fa, coalizzarsi con altri correntisti della stessa Banca – senza dover per questo mischiare o anche solo conoscere l’entità dei risparmi o debiti degli altri – per rafforzare il proprio potere contrattuale con la Banca stessa. Conti separati ma rivendicazioni collettive.

 

Per molto altro è invece utile valutare di percorrere due strade parallele che una seria Amministrazione locale non può sottovalutare.

Una operativa, di facile attuazione, una seconda invece più strutturata come campagna di pressione.

 

La prima strada, è quella di mettere a disposizione del cittadino e delle piccole realtà produttive uno sportello EcoFinanza locale dove prestare – gratuitamente e a tutti – supporto con informazioni, consulenza e materiale.

Costituito da Enti pubblici, Associazioni dei Consumatori, gruppi amici e soci della finanza critica – in accordo tra loro – che danno vita appunto ad uno sportello informativo, per i cittadini, al fine di prevenire situazioni di crisi e non adoperarsi (quando avviene) per controversie a danni avvenuti.

E’ il sapere che genera la consapevolezza.

E’ solo mettendo tutti, o quante più persone possibile, in condizione di conoscere, di sapere, che si abbattono le barriere e si riducono i rischi di veder fregata la gente.

 

La seconda strada, appunto sostenuta con le gambe della Campagna di pressione pubblica, è quella di impegnare le banche cittadine, inizialmente in forma volontaria per poi propendere per una normativa comune promossa dalla stessa ABI, che dia strumenti chiari, semplici e omogenei nei confronti degli investitori. Dotando, ogni contratto, di una pagina unica A4, riassuntiva/riepilogativa (non in alternativa al prospetto informativo)  da firmare precedentemente all’esecuzione dell’investimento, da parte dell’investitore. Uguale per tutte.

 

Ancor più semplice, ma sulla stessa strada, intuizione, del prospetto informativo europeo standardizzato sui mutui (indice ESIS-condizioni standard) 

 

Gli attuali prospetti informativi non li legge, negligentemente, nessuno. Forse perché sono di decine e decine di pagine con termini complicati e sommersi da una quantità enorme di parole.

 

Questa nota riepilogativa, per esempio, potrebbe contenere alcuni indicatori standard:  

  • Probabilità che si verifichi l’evento per cui si va ad investire(tasso variabile, scommessa su indici ecc) partendo da su parametro standard riconosciuto (che sia storico per poterlo misurare, uguale per tutte le banche)

·        Margini incassati della banca per collocamento e vendita. Non è infatti in discussione che la banca ci guadagni a collocare/vendere un titolo, è abnorme che questo dato sia nascosto nelle pieghe di un contratto di 20/30 pag. 

  • ISC indicatore sintetico di costo
  • Livello di rischio (potrebbe farlo, solo come esempio, Avanzi SRI, la società di ricerca e valutazione che ha anche lavorato con Etica sgr, oppure realtà indipendenti, associazioni consumatori, fondazione etica, comunque con incarichi a rotazione) attraverso un dato che chiaramente e in maniera semplice possa permettere il raffronto. Eurostoxx, il free risk dei bot, indice altri Paesi ecc. In modo che già intuitivamente, e quindi in maniera semplice, un investitore possa vedere le eventuali incongruità tra i titoli.

Ipotesi: “Perché questo titolo y rende meno se ha un rischio maggiore del titolo x?”

  •  Soggetto con screening valutazione etica: cioè se il proponente o il collocatore, è monitorato e presente nella campagna banche armate, in altre campagne (inter)nazionali) e/o se è un soggetto che ha subito sanzioni – recenti o gravi – da Autority o magistratura.

 

La campagna di pressione rivolta verso le banche, deve trovare supporto coinvolgendo direttamente la società civile organizzata: sindacati [con i loro fondi pensione, ecc], associazioni, gruppi religiosi, a fare la propria parte, sino in fondo), dove chiedere l’impegno chiaro – con un ragionevole lasso di tempo, esplicitato e quindi misurabile – di applicazione di questo modello standard

Uno sportello quindi che tutelando i cittadini, possa fare CHECK-UP su Contratti e Prodotti finanziari.

CITYPORTO: distribuzione merci

cityporto

NON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’

 

Bisogna razionalizzare la distribuzione delle merci per contribuire alla decongestione del traffico all’interno della città.

Oggi abbiamo, a Lecco come altrove, corrieri che viaggiano con furgoni semivuoti, viaggi e miraggi, per consegne costipate. 

Una città capoluogo come Padova ha trovato una possibile risposta dal 2004 con un Cityporto. Lecco ha con maggior possibilità, grazie alle sue dimensioni e grazie ad una buona presenza fisica di  molte società di corrieri ubicati al Bione, a mutuare una soluzione simile. Un servizio che si propone di ridurre i viaggi, raggiungere un livello più alto di riempimento dei veicoli un’ottimazione delle consegne e una qualità ambientale della città si conseguenza in crescita. 

Il Comune per far questo può usare sia i divieti che gli incentivi predisponendo un City porto appunto al Bione dove lì i vari operatori si gestiscono le varie consegne con il dovere di viaggiare pieni, di ottimizzare i viaggi verso la città a prescindere dalla società di consegna.

   

E’ fondamentale, visto i livelli di inquinamento, aria insalubre, e sformanti continui dei livelli dalle centralini in città, un trasporto merci destinato a migliorare i flussi di consegna e a rendere contemporaneamente la città più vivibile.

 

Individuando una piattaforma generale e comunale al Bione gli operatori (inizialmente corrieri) consegnano le merci in una piattaforma logistica (Interporto) a ridosso quindi della città; da qui partono i mezzi ecologici a basso impatto ambientale per la distribuzione soprattutto in centro (“ultimo miglio”) e tutta quelle aree e zone che verranno individuate come cosiddette “Z.T.L.”.

Solo i mezzi utilizzati per questo servizio godono della possibilità di entrare in queste aree e la libera sosta.

Il progetto è ovviamente da far crescere, a gradi, con attenzione, inizialmente può essere sperimentato semplicemente incentivando l’ottimizzazione dei carichi, concentrandoli nella piattaforma organizzando la distribuzione fisica dei beni in modo da ottimizzare le risorse di trasporto impiegate, per poi renderlo via via sempre più agile, sempre più ecologico sempre più diffuso anche non solo al territorio comunale se ritenuto conveniente e utile anche per gli altri comuni limitrofi.

 

I Benefici saranno evidenti per la città:

Riduzione dell’inquinamento;

Miglioramento delle condizioni di lavoro degli addetti del settore del trasporto delle merci;

Risoluzione delle difficoltà delle aziende di trasporto e di commercio nelle funzioni di distribuzione;

Fluidificazione della circolazione dei veicoli.

POLITICA DEI TEMPI

tempoI cambiamenti del lavoro e le trasformazioni sociali di questi anni hanno reso sempre più difficile conciliare i tempi del lavoro retribuito con quelli della vita familiare ed hanno posto questo tema all’ordine del giorno nelle politiche per lo sviluppo dell’occupazione, soprattutto di quella femminile, ma anche di quella dei giovani uomini che, specie in Italia, ritardano sempre più la paternità.

Una delle trasformazioni più significative riguarda la famiglia.

Sempre più famiglie sono composte da partner che lavorano entrambi fuori casa, anche se spesso in modo precario e variabile nel tempo, e cresce anche il numero di persone, donne e uomini, con responsabilità di cura non più solo dei figli ma di persone anziane o disabili.

Per questo il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è divenuto centrale nell’ambito delle politiche sociali, e segnatamente di quelle per la famiglia, sulle quali l’Italia ha un ritardo storico rispetto ai paesi europei.

Una Amministrazione sensibile alla qualità della vita dei propri cittadini deve quindi interessarsi e  agevolare sia l’accessibilità dei servizi pubblici che coordinare/incentivare con il dialogo e la contrattazione i servizi privati.

Si tratta nient’altro che di pensare, con l’aiuto dei cittadini stessi che poi ne debbono trarre giovamento, una serie di azioni, promosse appunto dal Comune, dagli altri enti pubblici e dai privati, nell’ambito delle politiche temporali, mirate a migliorare la qualità della vita dei cittadini, rinnovando le modalità di accesso e di fruizione dei servizi in base alle esigenze degli stessi e la qualità urbana, armonizzando gli orari dei servizi pubblici per un miglior uso degli spazi e dei Tempi stessi della Città.

Gli obiettivi devono essere almeno prioritariamente:

·                     conciliare i tempi di vita e gli orari di lavoro;

·                     garantire un accesso ai servizi sempre più vicino alle esigenze dei cittadini;

·                     migliorare la distribuzione del flusso di utenza;

·                     risparmiare tempo ed evitare spostamenti inutili ai cittadini/utenti;

·                     coordinare orario degli uffici.

Partendo da subito con un Indagine conoscitiva anche mediante questionari distribuibili agli utenti dei servizi per conoscere le abitudini dei cittadini e l’interesse verso nuove modalità di erogazione di servizi, in termini sia di orari di apertura, sia di accessibilità on-line; ai titolari degli uffici, per tracciare una mappa dei punti di contatto così da conoscere il funzionamento degli sportelli; a tutti gli uffici comunali dotati di front office, al fine di identificare orari di lavoro, bisogni temporali, criticità del personale.

E dar vita ad un efficiente e  condiviso Piano Territoriale degli Orari. Cioè un documento di indirizzo strategico che impegni il Comune a promuovere, nell’arco del mandato della singola amministrazione – per poterne misurare promesse e risultati – il coordinamento e l’amministrazione dei tempi e degli orari della città.

Nel Piano è opportuno che vengano studiati e siano quindi indicati:

·                     le esigenze e le criticità alle quali si intende dare risposta;

·                     i destinatari privilegiati, gli assi strategici, le linee d’azione e i progetti, anche sperimentali, individuati per raggiungere gli obiettivi;

·                     le modalità di gestione, controllo e monitoraggio sull’attuazione dei progetti;

·                     la costruzione degli organismi tecnici e partecipativi per l’attuazione del Piano.

Il tutto per un coordinamento dei tempi delle città per favorire la conciliazione degli impegni di cura e di lavoro.. Soprattutto per la donna ma, ovviamente, non solo.

Hai una giornata di ventiquattro misere ore, una casa da mandare avanti, un lavoro, dei bambini, il partner che forse non collabora abbastanza. Non hai il dono dell’ubiquità, non hai quattro mani, non hai più nemmeno il cane. L’hai sostituito con un gatto, almeno non devi portarlo a spasso. Gli orari dei bambini si accavallano con quelli del lavoro. L’asilo chiude troppo presto e apre troppo tardi. Gli uffici si sono coalizzati per essere inaccessibili. Un po’ di tempo libero tutto per te è un ricordo sfocato, ma ancora gradevole. Se sei una donna che lavora (e non solo), hai ancora più diritti e necessità di altri.

La conciliazione tra tempi di vita e di lavoro influenza dunque i nostri progetti personali e familiari e si intreccia ad altre complesse necessità: quella dell’occupazione, dell’organizzazione del lavoro, della rete dei servizi, della qualità della vita di uomini e donne.

Per mettere in accordo i molteplici tasselli del vivere quotidiano occorrono risorse ed energie ma anche una corretta informazione per poter conoscere tutte le opportunità che permettono di gestire al meglio il nostro tempo.

Un comune solidale deve trovare e fornire le soluzioni.  

Una delle strade più produttive è quella della sperimentazione di azioni tratte da esperienze già realizzate in altre città e paesi europei o del tutto originali che, dopo un periodo di monitoraggio in cui si è potuto dimostrare la loro efficacia, vengano messe a regime e divengano prassi di sistema, trasformandosi in servizi stabili a disposizione delle persone e delle famiglie del territorio.

E’ solo una questione di diritti e di ascolto dei bisogni e attuare, conseguentemente, “buone pratiche”, che si rivelavano più efficaci.

Si può sottoporre all’attenzione dei cittadini e delle cittadine un progetto di revisione degli orari dei mezzi di trasporto pubblico perché favoriscono la diminuzione dei tempi di spostamento casa-lavoro o casa-scuola, nel momento in cui promuovono un maggiore utilizzo dei trasporti pubblici e collettivi (car sharing e car pooling) e l’uso di mezzi non inquinanti, attraverso la realizzazione di piste ciclabili e di percorsi pedonali protetti, con effetti positivi sulla qualità della vita complessiva delle persone di tutte le età.

L’ingresso differenziato per scuole e asili, orari prolungati degli uffici pubblici, consegne a domicilio, servizi on line per la comunicazione e disbrigo pratiche con gli enti pubblici, sportelli telefonici e online per problematiche e suggerimenti…

PIANO CASA E REG. EDILIZIO

bioediliziaNON E’ VERO quindi CHE NON SI PUO’ FARE

OBIETTIVO GENERALE che ogni Comune attento alle esigenze ed al benessere dei propri cittadini deve darsi è quello di promuovere che ognuno di essi abbia la possibilità di VIVERE (abitare, lavorare, spostarsi e ricrearsi) nel proprio territorio BENE.

Obiettivo specifico deve essere perciò relativamente all’abitare, quello di avere la possibilità di usufruire di uno spazio residenziale dignitoso possibilmente rapportato alle sue possibilità economiche e comunque garantito anche ai cittadini senza reddito oppure con basso reddito. 

Il diritto ad abitare deve avvenire senza ulteriore consumo di suolo.

Il diritto ad abitare deve essere accompagnato dalla qualità delle abitazioni e di tutti gli immobili costruiti o da sistemare.

Il diritto ad abitare deve essere sostenibile inteso come ciclo produttivo che prevede un equilibrio fra le risorse naturali usate e quelle prodotte.

Il diritto ad abitare può essere esercitato se i costi delle costruzioni da eseguire, da acquistare o da usare in affitto sono ridotti. Il diritto ad abitare deve essere esercitato usando immobili legali, con le relative autorizzazioni amministrative e certificati di abitabilità e o agibilità.

 

Il Piano casa di Lecco deve quindi perseguire il raggiungimento di questi obiettivi. Deve Richiedere, a prescindere dall’intervento, alla fine dei lavori, la messa in sicurezza sismica dell’edificio con relativa certificazione. Una prestazione energetica di qualità

Facilitando e premiando questo percorso inizialmente estendo la riduzione del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione al 100% per i seguenti immobili, anche prima casa:

Immobili autosufficienti dal punto di vista energetico (Producono da fonti rinnovabili tanta energia quanta quella richiesta per il funzionamento dell’immobile); e una riduzione degli oneri fiscali comunali per gli immobili in vendita o affittati a prezzo convenzionato.

 

Estendendo la riduzione del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione al 100% per la ristrutturazione di immobili in quelle aree, zone interamente dedicate alla costruzione di case a impatto ambientale zero. Autonome dal punto di vista dei consumi: impianto geotermico, pannelli solari, pozzo per l’acqua, e altro. Chi costruirà/ristrutturerà case in quest’area non pagherà oneri di urbanizzazione.

Per giungere in breve tempo all’ attuazione e modifica del regolamento edilizio, imponendo a tutte le ristrutturazioni l’installazione dei pannelli solari ove conveniente, mentre le nuove edificazioni l’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione dell’energia elettrica. Intervenendo anche, preventivamente, sullo spreco.

Il settore civile, residenziale più terziario, infatti assorbono mediamente nell’UE più del 40% delle fonti energetiche. Intervenire sul contenimento dei consumi, riducendo da un lato la domanda attraverso la promozione del risparmio energetico e diffondendo l’uso delle fonti energetiche rinnovabili (in particolare l’energia solare) rappresenta l’unica strategia vincente.
La Direttiva comunitaria sull’efficienza energetica degli edifici, approvata dal Parlamento europeo, è lo strumento di riferimento per l’attuazione di politiche di riduzione dei consumi energetici negli edifici.

Il concetto di qualità energetica degli edifici, per non rimanere un’astrazione, deve essere attuato attraverso strumenti operativi. Nel contesto nazionale quello più efficace è appunto il Regolamento Edilizio Comunale.

E’ in questo contesto che deve nasce il nuovo Regolamento Edilizio del Comune di Lecco, lo strumento più avanzato per indirizzare gli operatori verso un’edilizia sostenibile, ossia una edilizia finalizzata a soddisfare le esigenze attuali senza compromettere la possibilità per le future generazioni di soddisfare, negli stessi modi, le proprie. Il Regolamento Edilizio deve introdurre tre criteri noti da tempo ma scarsamente applicati: il risparmio energetico, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili e l’impiego di tecnologie bioclimatiche.

Ma un Comune serio, rispettoso delle sforzi e impegni richiesti ai propri concittadini deve innanzitutto dare il buon esempio e facilitare l’adozione di buone pratiche di buonsenso.

Per questo gli impegni e le direttive richieste per l’edilizia privata devono essere comandamento soprattutto e prioritariamente nell’edilizia pubblica con importanti, celeri e adeguati percorsi similari appunto a quelli richiesti ai cittadini, alle famiglie.

Un percorso premiante che è già stato attuato con successo da diversi Comuni come per esempio Carugate (Mi), Morazzone (Va), Morbegno (So); Colorno (Pr), Varese Ligure (Sp), Bagnolo in Piano (Re), Avigliana (To). Non è vero quindi che non si può fare!  

IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

NON E’ VERO CHE NON SI PUO’ FARE

IMPRONTA ECOLOGICA CITTA’

impronta( misurazione impatto ambientale pubblico e  privato)

Michele Serra, L’amaca, da “la Repubblica” domenica 20 settembre 2009: “Chi la dura la vince. Fino a pochissimi anni fa mettere in dubbio la sacralità del Pil equivaleva a dimettersi dal dibattito politico. Cose da fricchettoni, da estremisti, da frange utopiste. Oggi sono gli economisti (perlomeno: alcuni economisti) a negare che il Pil basti a valutare il benessere. Repubblica di ieri presentava uno studio davvero rivoluzionario sulle regioni italiane. Lombardia e Veneto, ricchissime ma inquinate e meno vivibili delle regioni del Centro, scendono in classifica: “inutile guadagnare più degli altri se poi ci si ammala di asma bronchiale”, scriveva giustamente Roberto Petrini a commento dello studio. Regioni meno ricche ma più vivibili, come Marche Umbria e Toscana, salgono in graduatoria. Vent’anni di pensiero unico avevano quasi azzerato ogni valutazione eccentrica dello stato delle cose. Perfino una ovvietà, che la quantità non necessariamente sia qualità, suonava stravagante. Produrre di più, a qualunque costo, guadagnare di più, a qualunque costo, questa era la sola legge. I pochi che hanno tenuto accesa la fiammella del pensiero critico oggi possono essere fieri di se stessi. I pazzi sembravano loro. Pazzesco, oggi, sembra l’avere vissuto per produrre anziché produrre per vivere.”

 

L’impronta ecologica è un indicatore ideato nel 1990 da William Rees e Mathis Wackernagel e continuamente perfezionato.

L’impronta è utilizzata per correlare lo stile di vita ed i consumi di una popolazione con “la quantità di natura” che serve per sostenerli a tempo indeterminato. Questa “quantità di natura” – espressa in ettari di territorio pro capite – comprende sia le risorse naturali necessarie per mantenere quel tipo di vita e di consumi (es. campi per produrre grano, alberi per la carta, spazio per il costruito ecc.), sia gli spazi ambientali necessari per smaltire i rifiuti generati (es. ettari di foreste per assorbire l’anidride carbonica prodotta dalle auto); in pratica l’impronta rappresenta “il peso” (espresso in ettari) che ogni popolazione ha sull’ambiente.E’ molto interessante confrontare l’impronta con la “produttività pro capite” o “biocapacità” del territorio abitato dalla popolazione presa in esame. Dal punto di vista dell’equilibrio ecologico se l’ impronta è minore della biocapacità tutto va bene, se è maggiore c’è da preoccuparsi perché significa che la popolazione esaminata preleva risorse dai territori esterni ai suoi confini. E’ interessante notare che il benessere non corrisponde necessariamente al valore definito dall’impronta di una popolazione: un americano, un olandese o un italiano, infatti hanno raggiunto un livello di benessere paragonabile, ma ottengono valori comunque dissimili nell’”impronta”. Questo fa pensare che si possa operare per ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.

I sistemi e le tecnologie per rispettare i valori di equità ecologica sono molteplici: vanno dal risparmio energetico alla condivisione dei mezzi di mobilità (ad esempio, con il car sharing), dal consumo di alimenti prodotti locali, alla produzione di prodotti riparabili, senza i costi dell’”usa e getta”.

L’impronta ecologica é quindi un indicatore molto utile per far cogliere ai cittadini e ai decisori politici – in maniera rigorosa, ma facilmente intuibile – la relazione tra lo stile di vita di una popolazione e la “quantità di natura” necessaria per sostenerlo.

Si può quindi ridurre l’impronta di una popolazione senza diminuirne il grado di benessere.E’ necessario anche per la città di Lecco quindi conoscere e monitorare questo valore per addirittura aumentarne il benessere e la qualità della vita e del territorio, anche in termini economici, diminuendo verosimilmente nel contempo oltre gli sprechi anche le malattie. Questo permette di scegliere come e dove andare con oculatezza per un’amministrazione seria al passo ed al servizio dei cittadini.

IL PRINCIPIO DI COMPENSAZIONE ECOLOGICA

stopalconsumoditerritorioNON E’ VERO CHE NO SI PUO’ FARE

Il suolo è una risorsa, limitata – come l’acqua e l’aria – e non rinnovabile. Un bene comune dunque, da tutelare e preservare.

Il suolo ha un valore ambientale, sociale, culturale ed economico, fondamentale per tutta la collettività. Un valore che viene quotidianamente eroso dall’inarrestabile attività edificatoria e dalla dissennata cementificazione dei nostri territori.Ci stanno togliendo il terreno da sotto i piedi La Lombardia è una delle regioni più urbanizzate e cementificate d’Europa. Negli ultimi anni il suolo è stato consumato al ritmo di 140.000 metri quadrati (l’equivalente di circa 20 campi di calcio) al giorno, per un totale di quasi 5.000 ettari l’anno coperti da cemento ed asfalto, distrutti dall’edilizia residenziale e commerciale, da strade, impianti industriali, centri commerciali e capannoni: terra che non tornerà più, poiché è quasi impossibile che un terreno edificato possa tornare fertile. Ognuno di noi ha bisogno di un po’ di suolo. Il suolo su cui si produce la nostra dose giornaliera di alimenti, quello su cui crescono i boschi delle nostre escursioni, il suolo che è parte del nostro paesaggio. Ma anche il suolo distrutto per costruirci la nostra casa, o la strada che ci permette di muoverci a piedi, in bicicletta o in automobile. Da sempre l’essere umano ha consumato un po’ di suolo per i propri villaggi e città. Ma da alcuni anni la situazione è cambiata: il consumo di suolo cresce molto più del fabbisogno abitativo. Anzi, si costruisce moltissimo senza nemmeno porsi il problema di dare una casa a chi ne ha bisogno.

Il consumo di suolo negli ultimi decenni ha significato:

                      speculazione edilizia a vantaggio di pochi operatori immobiliari e a scapito dell’intera comunità

                       uno stato di ‘dipendenza’ per i comuni, che hanno lottizzato per ottenere entrate economiche tramite gli oneri di urbanizzazione

 

Tutto questo ha un costo è infatti risaputo che la speculazione immobiliare non produce sviluppo durevole, ma solo accaparramento di rendite. Negli anni in cui a Lecco e in Lombardia si è costruito di più non è cresciuto il benessere dei lecchesi e dei lombardi. Se poi guardiamo un altro aspetto economico la speculazione finanziaria, legata al mercato immobiliare gonfiato, è stata una delle principali cause dell’attuale crisi economica globale!.

E nel frattempo sono andati perduti preziosi terreni, a danno dell’agricoltura, delle attività economiche produttive che hanno invece da sempre generato un grande valore nel nostro Paese. Si deve raggiungere quindi l’obiettivo di rendere obbligatorio, dovunque possibile, il riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate che devono anche essere individuate e quantificate con la mappatura comunale, per far fronte ad ogni nuovo bisogno insediativo. Solo quando si dimostra che è inevitabile usare suolo libero, viene imposto l’obbligo di compensare la perdita di valore ambientale, ‘costruendo natura’ su una superficie doppia a quella consumata, rendendola fruibile alla comunità locale. E devono essere realizzate prima di ottenere il permesso di costruire e prevedere il vincolo a finalità di uso pubblico di carattere ecologico-ambientale sulla corrispondente porzione di territorio comunale.

La compensazione ecologica preventiva si va ad aggiungere agli altri oneri già previsti dalle normative vigenti, allo scopo di scoraggiare il consumo di suolo libero.

La compensazione non avrà ripercussioni negative sulle entrate dei Comuni perché non sostituisce gli oneri di urbanizzazione, ma anzi si aggiunge ad essi.

La Crescita zero del cemento a Lecco è un atto d’amore per i suoi abitanti e per la città. Lecco è un paese meraviglioso. Viviamo seduti su una miniera d’oro. Ma la stiamo usando come latrina. Lo stop alla predazione del Territorio vuole essere quel tale che arriva e dice: “Scusi, può evitare. Mi da fastidio…” Principio compensazione ecologica del territorio è appunto questo signore. Siamo onguno di noi. Fermare il consumo di suolo agricolo e la cementificazione non richiede particolari preparazioni tecniche, ma una fortissima volontà politica.