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EX LEUCI: LA GRATUITA CRITICA AL SINDACO E LE LACUNE DEL COMITATO

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Posso rimaner sconcertato dall’ennesima lettera fotocopia del Comitato CittadellaLuce indirizzata al Sindaco Brivio?

Gli estensori imputano al Sindaco una lacuna che, a me, con tutta evidenza, pare proprio non esserci. Credo sia, anzi, tutta loro, a monte, la lacuna.

Ossia trovo gratuito chiedere quelle risposte al Sindaco, ulteriori sostegni concreti dopo che lo stesso ha preso in mano la questione amianto (date, documenti e richieste di inizio lavori per la bonifica, dimostrano che tutto è partito ben prima della manifestazione di sabato, usata da qualche assessore e altri per farsi campagna elettorale, e così i tavoli di lavoro Brivio li ha convocati).

Eppure il Comitato scrive: “l’ingrediente imprescindibile è quello della volontà politica di assumersi il ruolo di motore-volano che possa poi trascinare le altre componenti del cosiddetto Sistema Lecco, a partire dalle Associazioni Imprenditoriali”; quando è proprio il Progetto CittàdellaLuce ad essere così aleatorio, mero esercizio accademico che proprio la concretezza è il suo primo ingrediente lacunoso, anzi che manca proprio.

E prima era quello dei cosmetici, e ancora prima quello di un hub per diverse ipotetiche startup innovative, con 60/80 aziende, 20 centri ricerca integrati, 50-100 ricercatori a regime, e, prima di ancora prima, quella di una macchina taglia laser in fibra, e prima di prima di ancora prima, quello dei Pali d’illuminazione autopulenti. Che si fatica a stargli dietro.

Non ci sono imprenditori. Non ci sono abbastanza soldi per iniziare. Anzi non ce ne sono per nulla. Sono 27 associazioni e realtà del territorio ma i soldi devono metterceli gli altri. Il rischio di impresa è in capo a tutti gli altri cittadini, Enti e vattelapesca. C’è solo l’area (in realtà manco quella) come in Provincia ce ne sono da tirartele dietro. A Lecco forse 500.000 metri quadrati.

Non è il caso di dire, a malincuore ma onestamente, che prima di pretendere e cercare risposte, soldi e portatori d’acqua fuori dal Comitato bisognerebbe cercarli nel Comitato?

È onesto dire che i soldi pubblici che si dovrebbero investire lì, in quell’area privata per arricchire chi si è già dimostrato in realtà più speculatore che imprenditore, verrebbero sottratti ad altro? Possiamo almeno chiederci cosa ci si potrebbe fare d’altro con quei soldi a beneficio della città? Possiamo dire che bussare al Sindaco o a un altro Ente è l’ultima delle porte e non la prima?Qual è il Piano industriale, un Progetto concreto economico e finanziario, un reale orizzonte di concretezza e verità?

E invece fa figo, è facile criticare il pubblico, crea consenso, si scrivono lettere fotocopia dove si alternano “si potrebbe” “la città merita”, “sistema Lecco” “Paradigmaticità della nostra vicenda” “laboratorio di idee”….Da anni.

E Siamo ancora qui. Dentro capannoni dismessi della Leuci di 80 anni fa che paion l’unica area dismessa di tutta la Padania ed invece così non è.

Ma se non partono lì dentro i progetti, questi non possano partire altrove?

Buttare la croce sul Sindaco oggi mi pare più l’ennesimo trucco per spostare l’attenzione su un ricetta che non c’è. Non c’è mai stata. E farsi un po’ di pubblicità, alcuni pure elettorale. Perché come cittadino ti accorgi che non sai nulla. Non si sa nulla. Nulla di quello che servirebbe sapere. In tutti questi anni nulla di più della forma. Precaria pure quella.

Il Piano economico di sostenibilità di un’azienda, di una potenziale start-up, di quell’economia circolare usata come mantra, sono ben più di un’idea di progetto…sono le fondamenta della fattibilità. Io, ma credo nessuno al di fuori degli attori più stretti ora in campo, l’han visto. (non che dovevo vederlo, sia chiaro) però giusto per esprime una solidarietà non di maniera.

Se fosse stato pubblico e in continuo progress intendo era più bello, più partecipato, più sostenibile. Viva la trasparenza, viva la partecipazione però zero strumenti di comunicazione, che non siano lettere fotocopia. Un sito internet con progetti, proposte, comunicati, archivio ecc. nulla. Ed ora gridano alle istituzioni. Basta, basta chiedere agli altri di compensare le proprie lacune. Rimboccatevi le maniche, siate voi il cambiamento che volete vedere solo negli altri.

I DATI DI LECCO: Donazione degli organi, la carta di identità come mezzo di sensibilizzazione.

donatoredati consenso donazione organi comuni lecco

 

Sono convinto che il trapianto sia il salvataggio di due persone. Il donatore e il ricevente.
E lo dico, addirittura, da non credente.
Qualsiasi sia la sensibilità personale, che nessuno ha il diritto di giudicare, una chiave che può portare ad una scelta consapevole così generosa e egoista assieme, come quella di donare, è sapere che ci sono centinaia e centinaia di persone morte ogni anno per mancanza di organi.

Da diversi anni come cittadini abbiamo una possibilità in più per esplicitare il consenso alla donazione di organi: farlo riportare sulla nostra carta d’identità.     

Ad oggi, sono 34 i Comuni della Provincia di Lecco che si sono adeguati alla Legge che dà al cittadino la possibilità, all’atto del rilascio o del rinnovo della Carta d’Identità, di esplicitare il proprio consenso alla donazione di organi, garantendo altresì l’iscrizione al SIT (Sistema informativo trapianti) per rendere facilmente reperibili questa volontà del cittadino stesso.

34 Comuni     è già un numero importante ma credo sia doveroso che, a partire dagli stessi amministratori, si proceda celermente ad ampliare a tutti gli altri questo servizio, questo strumento di scelta, lasciando al cittadino la piena libertà se usufruirne o meno.

In Provincia di Lecco, i dati ufficiali 2017 registrano ben 4840 adesioni. Un dato molto importante.
In due anni, cioè da quando nei primi Comuni è partito il servizio, sono oltre 5.700 le persone che hanno dato finora la loro disponibilità alla donazione.

Un ulteriore dato che ne sottolinea il valore e l’importanza, e che va tenuto in considerazione, anche al fine di una maggior sensibilità e ampia possibilità di crescita e consapevolezza, è quello che la rilevazione riguarda solo chi, come stabilisce la Legge, si esprime esplicitamente,per il si o per il no al consenso.
Statisticamente è solo il 20 % di chi rinnova la carta d’identità.

Infine sulle donazioni, nel 2017, dati aggiornati ad aprile, ben 21 persone hanno ricevuto un organo nuovo – da 4 donatori – che ha permesso loro di tornare a vivere.
Inoltre sono state prelevate ben 26 cornee, quest’ultimo è un dato dell’Ospedale di Lecco e Merate.

Purtroppo ancora oggi in Italia la gente muore in lista d’attesa.
Nel nostro Paese ci sono circa 10.000 pazienti (9026 a fine 2016) che aspettano un organo, mentre il numero di trapianti effettuati in un anno è di circa 3700, (3694 a fine 2016)  (3400 da persona deceduta,300 da persona viva). Si capisce bene che c’è un evidente disequilibrio tra chi dona e chi attende di poter ricevere.

Il trapianto di organi rappresenta un’efficace terapia per alcune gravi malattie e l’unica soluzione terapeutica per alcune patologie non altrimenti curabili.

Chi è l’amminsitratore che si impegna a rendere possibile anche nel proprio Comune questa libertà di scelta?
Noi cittadini possiamo essere d’aiuto a sollecitare che ciò sia reso possibile quanto prima

QUI il sito del ministero ove sono registrati i dati
E qui la sezione Home Trapianti del sito del Ministro della Salute:

OMG: UN CONTAINER DI AIUTI O PIU D’ESEMPIO?

mato-grosso-volantinoQuesta mia vuole essere una riflessione, un possibile spunto civile di discussione, non certo una polemica.

Solo pochi giorni fa si è conclusa con enorme e meritato successo la raccolta viveri a Lecco per una mensa dei poveri in Perù ad opera dell’Operazione Mato Grosso.
Centinaia e centinaia di ragazzi dietro il motto: “Oggi lotto per la carità” hanno girato per le case dei lecchesi,volantinato, raccolto viveri, smistato alimenti, impacchettato cibo, impilato scatoloni, riempito all’inverosimile un mega container che troneggiava in Piazza Garibaldi.
250 quintali di alimenti, pasta, riso, tonno, zucchero, sale, biscotti, farina ect.

La presenza oltre dei cittadini anche dell’Amministrazione ha creato un legame e una valenza ancora più solidale, c’era così tutta la città simbolicamente in Piazza. A riempire quel container.

“Mettere il container in piazza mi è da subito sembrata una bella idea – ha detto giustamente il Sindaco Brivio – al centro di ogni città dovrebbe essere costruita la giustizia”

Mi chiedo, da qui la riflessione, se tali raccolte però poggino in egual modo sui due piatti della bilancia: Quello della Giustizia e quello dell’Esempio e testimonianza.

Mi spiego.
Il Piatto della Giustizia, non dovrebbe vedere più proficuamente il sostegno dei poveri in Perù, e in generale nei Paesi impoveriti, attraverso l’acquisto dei beni di consumo e di sostentamento là negli stessi luoghi di vita?

Questo non aumenterebbe il benessere e anche l’economia locale e le micro imprese, ben più che acquistare qui da noi cibo e alimenti da inviare con ulteriori costi?
Un poco come è nella filosofia del commercio equo e solidale: Insegno a pescare oltre che dare il pesce.Il Piatto dell’Esempio e della testimonianza, viene invece rafforzato e alimentato più efficacemente dalla scelta di raccolta qui a Lecco. Le persone, studenti e in generale cittadini, quando qui vanno a volantinare, raccogliere, inscatolare, organizzare la spedizione si danno da fare, lavorano e utilizzano il loro tempo per gli altri, non mandano semplicemente dei soldi, e poi il lavoro è visibile e diventa testimonianza del “farsi prossimo” che sta alla base del generare e promuovere esempio.

E ’un cattivo dilemma, inutile, il mio o un possibile spunto civile di discussione?

VIOLENZA CONTRO LE DONNE: Basta già il pensiero, l’intenzione, la scintilla del possibile. Perchè lo sia

scarpeIl 13 novembre, alle ore 16, si inaugura In Torre Viscontea a Lecco una Mostra voluta dal Fondo Carla Zanetti, promosso da Lucia Codurelli ex operaia e parlamentare, e dal Comune di Lecco con altre realtà, che porterà alla Giornata Internazionale contro la volenza sulle donne di venerdì 25.

Di iniziative come questa, io penso, ce n’è fortemente bisogno.

Vi invito a questa riflessione su un fatto di cronaca di alcuni giorni fa.

La parte di notizia a cui prestare più attenzione potrebbe sembrare per tutti questa: “Una 17enne della Provincia di Lecco che ha diffuso alcune sue foto erotiche in una chat di un sito di scacchi è stata ricattata da altri utenti del portale di giochi online che l’hanno obbligata a condividere immagini sempre più spinte e video hot che poi hanno divulgato pubblicamente su Facebook, attivando un profilo a suo nome”

La parte a cui prestare più attenzione potrebbe sembrare per molti il seguito: “Gli agenti della Mobile sono riusciti a identificare e individuare i cyber-ricattatori, quattro ragazzi poco più che maggiorenni che abitano in diverse regioni d’Italia e che sono stati tutti denunciati”

La parte a cui prestare più attenzione potrebbe sembrare per pochi quella dei commenti: “Attenzione però ad usare la parola vittima. Che in questo caso mi pare esagerata!”; -“Se a 17 anni invii foto Hot è evidente che per i genitori è tardi davvero per capire. Dov’erano prima quando la loro figlia cresceva?”;   -“Non oso immaginarla casa e chiesa fino al giorno prima… non riesco”; 

-“Certo è che per “gioco” fare foto hard a 17 anni e poi pure inviarle a sconosciuti è stata proprio una grande furbata, speriamo che la “piccina” abbia capito”;  –“Poverina e sfortunata. Ha giocato con il fuoco e si è’ bruciata. Le vittime sono altre”;

-“Contro la sua volontà, cosa scusa? L’hanno obbligata con la forza a scattarsi un certo tipo di foto e spedirle? Può succedere se uno ti sequestra ma tramite web non esiste, uno che ti chiede foto hot andava sfanculato e invece anche solo pensare di fare sti scatti lei ha solo voluto “giocare” ma a giocare col fuoco ci si brucia, non la ritengo una vittima mi spiace, ha fatto una caxxata e stop”;

 -“Ieri a Sassari (tanto per dirne una) una donna dopo 40 anni di soprusi ha comunicato a suo marito che lo avrebbe lasciato. Lui l’ha riempita di botte, innaffiata di benzina e incendiata! Ecco una vittima!”

Tutti questi commenti li ho letti/copiati da un gruppo Fb e sono tutti di donne. Tutti di donne, non di tutte le donne. Ecco, io credo che la parte di notizia a cui prestare più attenzione sia soprattutto quest’ultima, quella dei commenti.

Lo penso perché l’ingenuità, la fragilità di una ragazza, di una persona, non può e non deve mai – mai – giustificare o attenuare le responsabilità dei carnefici. La ragazza è, infatti, una vittima con tutta e totale evidenza. Come si può dire il contrario?

Non serve per forza la benzina per rendere una persona vittima.

Bastano e servono semplicemente la volontà di farle male, oso dire addirittura ancor prima di farglielo direttamente, per far si che questa persona sia vittima di una violenza. Fisica o psicologica che sia. Basta il pensiero, l’intenzione, la scintilla del possibile.

Questa ragazza, (e tutte le altre), non può pagare così gravemente e profondamente dei suoi errori. Delle sue ingenuità e fragilità. E leggere che i commenti sopra sono tutti di persone adulte e, qui sottolineerei, di altre donne, è molto grave, a parer mio.

La violenza non è mai – mai – giustificabile – soprattutto aggiunge casomai un’aggravante ulteriore, ma non ve ne sarebbe nemmeno bisogno perché è già enorme così – se la rivolgi verso persone più deboli e fragili.

Nell’articolo di un giornale locale, si chiudeva la cronaca della vicenda con un commento (del Comandante della Mobile, uomo) che non trovo per nulla corretto, questo: “Verranno processati, la vita e la dignità della loro preda invece sono distrutte”.

Mi domando, perché mai? Perché un’ulteriore pena aggiuntiva dobbiamo mettere sulle spalle e nei pensieri della ragazza?

Distrutte, sa di assenza di speranza, futuro. Condanna perenne.

È proprio questa modalità di leggere le storie e queste vicende che palesano, a mio avviso, la lunga strada da fare in questa società per debellare violenza e femminicidio.

Il rispetto dei Diritti delle donne, delle persone in generale, passa anche e innanzitutto da un percorso di linguaggio.

 Domenica 13 novembre dalle 16 apre a Lecco, in Torre Viscontea, andiamoci. In tante e tanti a vedere la mostra e agli incontri in programma

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SLOT: UN ROBIN HOOD ALL’INCONTRAIO

SLOTOgni azione di contrasto alla diffusione delle slot va sostenuto e premiato.
A margine di questo vorrei fare una riflessione.
Nei prossimi giorni Lecco vedrà diverse iniziative sia Istituzionali che Associative su questo tema.
Una di queste ha uno slogan efficace: “Non giochiamoci il futuro”, un progetto di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo finanziato dal Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci che tra i vari obiettivi ha quello di “monitorare la diffusione del gioco d’azzardo nelle sue varie forme tra i cittadini del territorio attraverso un questionario anonimo”.
Io non so se questa specifica modalità porterà dei frutti, sono un poco scettico, ma i dati di oggi sono allarmanti.
E ogni azione è importante.
Non si può abbassare la guardia.
Le stime infatti parlano di un numero che varia dai 1700 ai 7500 giocatori patologici residenti in provincia e di un numero doppio di giocatori problematici, cioè coloro che utilizzano una parte significativa del proprio reddito per il gioco.
La spesa media annua a persona (neonati compresi) per il nostro territorio è di circa 1.400 euro e per un totale di oltre 460 milioni di euro. All’anno.
Ci sarebbero quindi – ci sono – soldi, per un sostegno all’assistenza, per la promozione della cultura, per la riduzione della povertà ect ect. In altre parole per il benessere diffuso. E invece finiscono in tasca ai ricchi.
Un travaso, un Robin Hood all’incontrarioCredo che il motore per un’efficace azione di sostegno per un contrasto efficace sia però non colpevolizzare chi gioca ma sostenerlo in percorsi di consapevolezza e, far argine a chi non gioca perché non lo faccia.

Io credo che un serio impegno civico doveroso vada nell’ordine di costruire e non decostruire, almeno il più delle volte.

Per questo per azioni di prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo, credo vadano seguite anche altre strade e
coinvolgere una pluralità di attori
.
Ognuno per la sua parte di responsabilità civica collettiva.Le strade secondo me più concrete sono: Quella Istituzionale con i rapporti tra Enti ed esercenti, quella diretta ai clienti e quella alla stampa.

La prima è quella più limitata che vede l’Ente Comunale, tramite un apposito Atto, vietare la sponsorizzazione, i patrocini e tutti quei rapporti non obbligatori per Legge, con i soggetti che, dopo un percorso di consapevolezza e confronto reciproco,  scelgono lo steso di tenere queste slot e, come forma più persuasiva, anche con chi co-organizza iniziative con gli stessi.
La seconda,più formativa, è quella di rivolgersi direttamente ai clienti di questi esercizi per farli promotori diretti di una campagna “autoprodotta”. Tipo: “(Bar/negozio)tu e noi assieme, senza più slot”.
Potrebbe essere, secondo me, l’occasione buona per sostenere l’esercente in una presa di coscienza di un problema, di un’anomalia e anche di una convenienza economica.
La modalità storica nonviolenta del boicottaggio è una pratica di responsabilità, anche autoformativa.La terza strada è rivolta alla stampa, ed è quella di chiedere di non enfatizzare vincite da “gratta e vinci”, limitare la pubblicità di questo tipo di mercato, di informare con frequenza dell’ammontare, immane,di spesa complessiva e procapite sul nostro territorio del gioco diazzardo.
E ancora delle irrisorie, e a volte nulle – si nulle – possibilità di vincita del gioco di azzardo.
Nonché dei rischi e delle patologie che l’abuso da gioco genera.
E’probabile che si fallirà su tutta la linea, ma perché non provarci?
Sono convinto che anche gli esercenti, i bar, i circoli, i negozi, nonché gli stessi giocatori e famigliari se sostenuti e affiancati,
siano di grandissimo aiuto per risultati efficaci.

DI ECCELLENZA C’ERA SOLO LA TRISTEZZA. FRESCA DI FRIGO

eccellenze alimentariIl mercato delle Eccellenze alimentari di Valsassina, Valvarrone e Valtellina, di domenica scorsa a Lecco, alla sua seconda edizione, con due altre tappe, a giugno e settembre, é stato di una farloccata così povera e fuori fuoco che nemmeno a voler fare uno scherzo usciva cosi.

I fatti.

12bancarelle12 in piazza Garibaldi a Lecco, anzi metà piazza.

Due carretti/camioncini dei formaggi che devono forse essere l’antipasto, il biglietto da visita delle eccellenze alimentari, perché sono stati messi anco prima del cartello di ingresso.
Formaggi come se piovesse.
Taleggio, casera, caprini stagionati come ci si aspetta dalle specialità indicate nell’organizzazione dell’evento. Valsassina, Valvarrone e Valtellina.
Ma poi guardi, non c’è bisogno per nulla di aguzzare la vista, ne vedi intere montagne che sovrastano il tutto, ma di pecorini, scamorze, provole  mozzarella, parmigiano, gruviera, svizzero? Si svizzero e pure olandese.

Oltre il cartello pubblicitario e promozionale “Le eccellenze alimentari di Valsassina,  Valvarrone e Valtellina”  ti accoglie il km zero ma di Bergamo,  Berghem de sota, dice così l’insegna sopra il bancone appena entrati a destra.
Qui puoi comprare la verdura e la frutta fresca, ma evidentemente deve essere fresca di frigo perché dietro il banco ti invitano all’acquisto di “arance siciliane buonissime”, e poi svieni.
1000 chilometri di kilometro zero che nemmeno con le pertiche.

Vai avanti un poco e c’é profumo di miele, che prova a stordirti e un banchetto di prodotti da ovunque e uno di cialde di caffè della televisione.
E poi è finito tutto lì. Così talmente triste che di eccellenza c’era appunto solo la tristezza.

Cosa mi aspettavo mi trovare?
Mi aspettavo che fosse il primo gradino pratico per una Fiera/Sagra/Vetrina/Tavolata da rendere poi, magari, un appuntamento fisso e forse pure itinerante (e perché no, un suo sito di shopping online) delle eccellenze alimentari che abbiamo su lterritorio. Anche senza arrivare a quelle della Valtellina…

Banchetti vetrina e assaggio del Vino della Brianza e della ValCurone, l’olio favoloso di Perledo, i formaggi artigianali della Valsassina e dei suoi alpeggi, la torta e i dolcetti di Lecco, i Cabiadini di Introbio, i Missoltini e le specialità dei pescatori dell’Adda e del Lago, le castagne di Figina, la carne ovina e caprina di Casargo; le verdure della piana; i piccoli frutti dell’altopiano di Barzio; le piante antiche di Brivio, il pane con lievito madre della Valle SanMartino e di Colle Brianza; il farro e cereali autoctoni di Monte Marenzo, le birre crude di Lecco e Garlate, il cioccolato di Pescarenico e decine di altre cose ancora; per stare solo sull’alimentare locale.

Mi sarei aspettato questo, almeno.

E, vista la stagione, buoni offerta per pranzi e cene a prezzo fisso nei ristoranti dove queste specialità si trasformavano in piatti e assaggi, un elenco di ristoranti e B&B, piccoli negozi, che, in cambio di una visibilità mirata, sostengono questa fiera.

Mi sarei aspettato questo per poi creare di tutto quanto esposto o esponibile, un marchio locale, tipico, da affiancare al Logo e canali turistici e venderli nelle piazze e nei piccoli negozi di quartiere,  per noi e per il turista.
Non ultimo, siccome è dimostrato che il turista enogastronomico desidera ripetere gli acquisti fatti in vacanza nella propria sede abitativa, un portale di shopping online.
Per creare economia, lavoro, promozione.
Vorrei una fiera così.
Le Istituzioni, gli Assessori, gli operatori ect, cosa pensano, invece?