PROPRIO PER NON BUTTARE QUANTO FATTO DI BUONO

Caro Paolo, Ti chiedo, visto che ne sei il gestore, di mettere questa mia comunicazione sul blog di Khorakhanè essere vento. E di trasmettere questa mia comunicazione a chi parteciperà all’incontro del 4 maggio con Luca Rastello, anche perché, per ragioni familiari, io non potrò esserci e non potrò partecipare alla “festa” di “scioglimento” di Khorakhanè.

Per quanto mi riguarda Khorakhanè non è sciolto.
Ho saputo di questa decisione, mezzora prima, del precedente incontro, organizzato dal Centro, con Silvia Ballestra. E ho potuto verificare di questa decisione, prima sul sito e poi da un volantino che era in distribuzione nel corso della serata.
Essere uno dei co-fondatori attivi di Khorakhanè, e venire a conoscere questa decisione in questo modo, mi ha, in un primo tempo, sorpreso e finanche divertito. E c’è stato un momento, breve, in cui mi sono sentito quasi rassegnato. Ma poi, tutto questo, mi è sembrato, sommamente ingiusto. Perché uno decide per sé e non per tutti, anche se questi tutti fossero solamente due. E’ ben strano e paradossale che una realtà associativa, dove dovrebbe valere il principio una testa un voto, venga sciolta in modo unilaterale da una persona. Neppure fosse l’azionista di maggioranza.
Ho letto poi le motivazioni e devo dire di non condividere quasi niente. Non mi dilungo, ma mi riconosco solo nelle prime righe, in cui si fa una storia delle ragioni per cui siamo sorti, all’indomani della guerra contro la Serbia.

Non ho poi condiviso la parte, molto sbrigativa, in cui semplicemente si butta lì, in poche striminzite righe, sottovalutandole, quelle che sono state le iniziative culturali, che in questi anni abbiamo proposto alla cittadinanza e che per me rappresentano l’aspetto più significativo delle nostre iniziative, tante volte in anticipo nell’analisi di temi, sfide e problemi sociali, culturali, politici.

E che mi fa dire che Khorakhanè, al di là di noi due, appaia, per il coinvolgimento ampio di persone che hanno interloquito nei nostri incontri, è un bene comune e non proprietario.
E’ in questa logica proprietaria – infatti – che rischia di apparire il tuo sforzo di organizzatore e il tuo impegno economico che ha reso possibile tanti di quegli eventi.
Ma se le cose stanno così, anche se non voglio credere che siano così, non cambia molto, rispetto ai finanziamenti delle iniziative, passare da un finanziatore pubblico a un socio privato, se poi l’esistenza di queste iniziative, è legata all’arbitrio o all’ossequio, e non, invece, ad una regola che ti lasci libero di dissentire da chi ha il potere materiale di sostenere le tue proposte.
Quello che poi non condivido è tutto il resto della spiegazione sullo “scioglimento”, con un riferirsi confuso a una volontà di rivoluzione, ahimè mancata, non si capisce per colpa di chi o per quale tradimento. Rivoluzione che credo non sia stato mai nelle corde e negli obiettivi di Khorakhanè.
Quando era sobrio!
Per quanto mi riguarda non ho mai pensato che compito di Khorakhanè. fosse fare la rivoluzione. Ho il senso delle forze e della “cosa”. Che, se non in modo retorico o sentimentale, nessuno sa o possa riempire di contenuti analitici e di processi reali. E -per fortuna- non vedo all’orizzonte nessun Lenin, semplicemente perché non ne esistono le condizioni di una sua “riproduzione”. Personalmente poi da imperfetto democratico mi farei grazia di una piena attuazione della nostra costituzione attraverso una sana, profonda, radicale politica riformatrice promossa da una larga maggioranza di popolo. Ma non sono tempi neppure per questa cosa.
In verità mi sembra però che i tuoi richiami alla “rivoluzione” si traducano in un appello etico e volontaristico, che rischia di rovesciarsi in una politica fortemente intrisa di moralismo un po’ elitario.
Se poi la rivoluzione si sintetizza nella capacità di rinunciare a qualche merendina, beh! Allora siamo molto lontani da quello che abbiamo concretamente fatto, che va valutato, nella sua giusta dimensione, molto, ma molto di più. E allora tutto quel dilungarsi in parole e discorsi mi appare nascondere dietro un grande fumo della legna appena tagliata o molto bagnata. Magari per sconforto e delusione. Della quale delusione non trovo traccia razionale, ma che so nasce sempre dal patimento di qualche illusione.
Ed è proprio per non buttare quanto fatto di buono, semplicemente di buono, che l’invito è a sospendere questa tua decisione. A fare una pausa, e ripensare, insieme, e con altri, la vita di Khorakhanè e le sue iniziative. Magari mettendo al centro della riflessione culturale il senso della crisi economica, sociale e antropologica che ci attraversa.
Una pausa di riflessione e di discussione. Non necessariamente buttata là, alla luce dei riflettori, ma sostanziosa, che ripensi il senso di quello che finora si è fatto, che non è da buttare via, e lo rilanci, magari in modo più condiviso e allargato.
Insomma meno unilateralismo, ma anche meno bilateralismo e più pluralismo.
Per il momento continuo a immaginare che lo scioglimento da te dichiarato sia una parola sbagliata detta in un modo sbagliato per una richiesta di uscita e dis-sociazione da Khorakhanè dettata da ragioni che forse sono più semplici delle iperboli usate per spiegarlo.
Infine, lo ripeto Khorakhanè, per quanto mi riguarda, non è sciolto e continua a esistere.

Sandro Magni Lecco 29 aprile 2009

31 pensieri su “PROPRIO PER NON BUTTARE QUANTO FATTO DI BUONO”

  1. io ci leggo la conferma dello scioglimento. messaggi impliciti ed espliciti. Mi viene quasi da dire: appunto.
    Si stava facendo molto di buono, evidentemente con motivazioni e obiettivi diversi.
    Esportiamo nel mondo beni solidali, ma la nostra bisaccia, come ha detto un giorno don Tonino Bello, è sempre piena per dare, mai vuota per ricevere e cogliere il più interessante degli altri. Le stesse buone pratiche della base della città territorio non diventano stimolo e pensiero per la vita politica. Alcune iniziative sono costrette a chiudere per questa impermeabilità;
    Siamo, mi sembra di poterlo con facilità vedere, non solo stati “sconfitti” dall’impermeabilità degli altri, ma anche, ed è altrettanto grave, della nostra imeprmeabilità a cambiare.
    Ma sciogliersi non voleva dire buttare quanto fatto di buono. Voleva dire non avere più la forza, la spinta, le ragioni per fare altro di buono.
    Ma Khorakhanè non è un bene privato ne tantomeno proprietario. Quindi se la parola sbagliata e detta nel modo sbagliato può lasciar intendere questo la si può declinare in altro: in svuotamento.
    La scatola rimane. Chi ha motivazioni, chiavi, ragioni per riempirla, questa scatola, la usi, continui ad usarla, o, meglio ancora incominci ad usarla. Con tutto il buono che ha fatto. E’ una buona dote. Di questi tempi.

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