Immaginate se, non dico tutti, ma la maggior parte della popolazione facesse così: evitare per quanto possibile di acquistare prodotti o servizi reclamizzati. Il che non significa ignorare la pubblicità, anzi studiarla a fondo.
Prendere buona nota degli spot, delle sponsorizzazioni, segnarsi i prodotti ed evitare accuratamente di acquistarli. Che ne sarebbe della tv, commerciale e pubblica, dei quotidiani, delle fabbriche della menzogna, dell’industria, del terziario? Puff, giù in un amen. Ditemi voi se un sistema che crolla non appena la gente smette di credere alla pubblicità è un sistema che merita di stare in piedi. Certo che sarebbe un grosso sacrificio, sarebbe impegnativo appuntarsi tutto e cercare le merci alternative non pubblicizzate. Una faticaccia. Ma come diceva quel tale, la rivoluzione non è un pranzo di gala …
Ah. Pero’!
Pensa, se magari in una società così perversa da implodere solo se l’ipotesi che i cittadini non acquistassero le merci ed i servizi reclamizzati si realizzasse, un soggetto avesse il monopolio dei canali distributivi della pubblicità (Publitalia potrebbe chiamarsi) e avesse catene di supermercati (Essselunga potrebbe chiamarsi) dove si vendono prodotti reclamizzati su reti televisive (mediasset potrebbe chiamarsi) e giornali (Mondatori potrebbe chiamarsi) sempre di sua proprietà. Magari potremmo immaginare un gioco televisivo su una di queste reti televisive (Ok, il prezzo è giusto potrebbe chiamarsi). Potremmo immaginare che il corrispettivo per il passaggio televisivo dei vari prodotti siano le merci stesse che vengano quindi vendute sui banchi Essselunga. In sintesi potremmo dire: ti vendo la pubblicità con la mia Publitalia, mi dai merce in cambio, la faccio vedere dalle mie tv e la vendo nei miei supermercati. Cerchio chiuso! Ora pensa che questo stesso soggetto padrone di tutto ciò potesse addirittura diventare Presidente del Consiglio di quella nazione solo perché il conflitto di interessi è acqua fresca…..pensa che bello sarebbe.
Quasi da farci una storia, vero? E pensa se la conduttrice di quel quiz diventasse parlamentare europea, magari potremmo chiamare quel paese: BANANA