La straziante agonia politica di Rifondazione e comunisti allegati comporta, tra i suoi effetti meno piacevoli, uno stillicidio di autolesionismo, arroganza, perdita di credibilità che all’interno e all’ombra di quei partiti hanno coltivato per anni per le proprie fortune, il più delle volte contemporaneamente diventate sfortune degli elettori.
L’indotto, d’apparato, di Rifondazione e comunisti, si sa, è perfino più significativo di quello della Fiat.
Assenti, anche quando presenti nelle Istituzioni – è sotto gli occhi di tutti il ruolo di Bertinotti nella politica nazionale e giù giù quello del Consigliere digiunista Magni in quella locale di Lecco – tra un’elezione e l’altra si ravvivano e si ricompattano. E’ l’odore del voto.
Basta guardare la nuova vitalità di queste settimane, questi giorni.
Dopo essersi ripetuti della necessità di fare un passo indietro, di lasciare libertà e strada ai movimenti, alla società civile, ad un ricambio generazionale e di rappresentanza nelle Istituzioni e nelle liste elettorali, si arriva al dunque e di fianco ad un Ingroia, come badanti o badati, i segretari nazionali Ferrero e Diliberto non si schiodano ma rivendicano una poltrona (sicura) parlamentare.
Cambiare non si può. Tengono famiglia.
Stessa solfa a livello locale. Etica, movimento, condivisione, riconoscimento delle lotte civiche ect. ect. ect. e chi presentano per il Consiglio Regionale nella lista Di Stefano? (Etico per un’altra Lombardia)
Chi calano dall’alto in faccia ai movimenti, ai non ideologizzati, a chi ha fatto campagna elettoarale per le primarie?
Sandro Magni, Claudia Valsecchi e Walter Quintini.
Un consigliere comunale famoso non per le sue battaglie, infatti quasi inesistenti, ma per un digiuno per una poltrona d’assessorato al Suo partito; una dirigente locale del partito che festeggia più o meno 40 anni al vertice dello stesso senza nessun sussulto ed esame di coscienza; e Walter Quintini già consigliere comunale lecchese senza digiuni ma con uguali battaglie all’attivo dell’attuale Alessandro Magni. Zero. Zerovirgola
Di questo passo, va a finire che dovremo rivedere il nostro giudizio sui dirigenti comunisti, e su questi poco credibili candidati, la cui ammirevole coerenza nel sostare ai piedi del monumento pericolante del partito denota scarso acume politico (e scarso acume in generale) ma anche una commovente fedeltà al proprio impresentabile e incoerente progetto.
Questi politicastri han deciso di seguire il proprio modello fin dal demolitore pur di sentire l’odore di una irraggiungibile poltrona.
Là, forse, troveranno la quiete, e insieme ad essa un fiore da noi deposto nottetempo, quando saremo ben sicuri che nessuno può vederci, con l’unica speranza che finalmente, in questa loro straziante agonia, non potranno più fare del male a noi cittadini che solo fintamente continuano a dire di volerci difendere.
Un fiore, non certo un voto, e fora da i ball.
(LR)