Ho letto della sfortunata presentazione lecchese del nuovo Calendario 2014 dell’Arma dei Carabinieri. Tutto in pompa magna e poi, il disguido, il colpo sparato a salve, il calendario non c’è. Non è arrivato in tempo. Colpa dei forconi? Colpa delle solite poste lente? Si chiede l’articolo di Lecconews.lcAllora sono andato a sfogliarlo direttamente sul sito dell’Arma dei Carabinieri.
Ed ho capito. O quanto meno mi son fatto un’idea abbastanza concreta, oggettiva. Ci sono 17 pagine ma hanno lasciato dei buchi imperdonabili. Quest’anno ricorre il bicentenario della Fondazione del Corpo ma lì c’è stato un buco, un vuoto per quanto riguarda la mente. Un italianissimo vuoto di memoria.
Tavole illustrate che parlano e ricordano tutto. Lotta al terrorismo, Nas, carabinieri nelle calamità, servizio di ordine pubblico, lotta al brigantaggio e alle mafie, ingresso delle donne nell’Arma, pure, che fa sempre tanto ascolto, Papa Francesco,
Ogni mese un’opera d’arte, una medaglia, una finestra sul Paese.
Per i carabinieri non manca nulla, la loro storia è la tua storia. Vorrebbero che sia la nostra ma è la loro. Per essere veramente la mia, la nostra, i buchi dovrebbero essere riempiti, i vuoti colmati e le verità dette, ricordate.
Ma così non è.
Duecento anni di storia, epopea della divisa e con i piedi dentro l’Italia della lucidatura del motto: “Nei secoli fedeli” e nemmeno una pagina, un mese, una settimana, un giorno, per ricordare nei loro 200 anni di fondazione un depistaggio, un morto innocente per loro stessa mano, una strage dove han calato il cappello sugli occhi, un eccidio inaudito e vigliacco come quello del 28 marzo 1980 all’interno 1 di Via Fracchia 12 a Genova, una vagonata di iscritti alla Loggia Massonica P2, un tentato golpe tipo quello del gen. De Lorenzo del 1964, o quello Borghese dell’8 dicembre 1970, mica pizza e fichi.
E nemmeno una riga, per trasformare il ricordo in riflessione, in cultura, in servizio per gli altri.. no. Nemmeno una riga.
Ci si trova di fronte alla maschera inespressiva (o al più un ghigno) di un potere militare che celebra se stesso, che non ha saputo, in tutto questo tempo, neppure balbettare, financo dal suo calendario, una scusa.
Forse non è nei regolamenti, la parola scusa.
Forse nei regolamenti c’è solo questo silenzio da automi, il muto ritornello dell’obbedienza agli ordini, della fedeltà all’arma. Certo che se questo è lo stato, c’è da disperarsi.
C’è da non credere che si possa mai più raddrizzare, questo inetto potere italiano che non è capace di difendere i suoi figli e sa mettersi l’uniforme del Padre solo quando si tratta di difendere se stesso.
Foss’anche sui miseri fogli di un calendario.
200 anni e nemmeno un ricordo. Che ingratitudine, che ipocrisia.
Nei secoli fedeli. Sarà, ma sono i giorni che li fregano.
I giorni infiniti, interminabili, di silenzio.