Archivi categoria: Lavoro

GLI INFORTUNI SUL LAVORO intervento inviatoci da sergio bologna

 

Io non credo che interventi legislativi o misure organizzative (come ad es. la creazione di un pool di magistrati specializzato) possano produrre effetti di una qualche rilevanza nella lotta agli incidenti mortali sul lavoro. Com’è possibile prescrivere una terapia quando non si conoscono le condizioni del paziente? Posso peccare di presunzione, ma sono quasi certo che le istituzioni non hanno presente la mappa del mercato del lavoro in Italia, nemmeno a grandi linee. E quindi non hanno la più pallida idea della mappa del rischio. Cominciamo da un dato: il differenziale di circa 2,4 punti percentuali tra l’incidenza dei morti sul lavoro in Italia rispetto al resto dell’Europa è dovuto al fatto che da noi si muore “in itinere”, cioè mentre ci si sposta per lavoro o per andare o tornare dal luogo di lavoro. Quindi “il luogo” di lavoro di per sé, concepito come luogo fisico, non sarebbe più rischioso in Italia di quanto sia quello di altri Paesi europei. E’ lo spazio della mobilità quello più rischioso. Perché? La rivoluzione postfordista ha agito in due direzioni: 1) ha man mano “dissolto” il luogo di lavoro come spazio fisico separato mischiandolo sempre più al luogo di vita privata e lo ha dilatato nello spazio (despazializzazione del rischio), 2) ha – come in nessun altro Paese d’Europa – affidato la gestione del rischio a un’entità particolarissima, quella che forma la caratteristica più tipica dell’Italia, cioè la microimpresa. E quando intendo microimpresa intendo un’entità talmente piccola che stento a riconoscere in quella le caratteristiche istituzionali di un’impresa – cioè di qualcosa che ha bisogno almeno di tre ruoli sociali, il capitale, il manager e l’operaio. (se vuoi leggere anche il resto, continua qui)

1 MAGGIO FESTA DEL LAVORO

 

 TORINO – Dicono che Luigi Roca avesse la faccia di chi per anni ha assorbito la tristezza, giorno dopo giorno, fino a disegnarsela sul volto, tra i lineamenti, come una ruga.

Dicono anche che due settimane fa quella faccia invece e stranamente sorridesse: “Stavolta ho trovato il lavoro giusto, mi assumeranno, durerà”. L’aveva detto al suo amico Vito, vicino di casa e sindacalista.  Erano al parco giochi di Rocca Canavese, c’erano anche i bambini.

Invece Luigi si è ucciso, perché era tutta un’illusione e la tristezza era ormai dentro la sua storia, non solo sul suo viso.“Mi ammazzo perché insieme al lavoro ho perso la dignità”. L'”ottava vittima” della Thyssen, 39 anni, non ha mai lavorato nella fabbrica della morte. Ma la sua azienda, la Berco di Busano Canavese, faceva parte del gruppo tedesco. E il suo contratto, interinale, non è stato rinnovato perché la Thyssen adesso ha 150 persone “da collocare”, come si dice terribilmente in questi casi.Come se le persone fossero i pezzi di un incastro.

Però Luigi era diventato il pezzo stagliato: di troppo, e già troppo vecchio. Trentanove anni, un’età da matusalemme se cerchi il posto fisso. Ma ci aveva creduto. Dopo quattro anni di rimbalzi, un mese, due mesi in fabbrica e poi a casa, era arrivato un impiego giusto, più solido. “Durerà”. Lui, che non aveva un carattere facile, stavolta andava d’accordo con i colleghi e i superiori, non come quell’altra volta alla “Canavera e Audi”, stampaggi industriali: lì, dopo quindici anni se n’era andato per colpa di un brutto screzio con un capo.Perché Luigi aveva dentro una storia difficile e un’adolescenza inquieta. Ne era uscito meglio di suo fratello, che è in carcere. Aveva trovato una donna, Barbara, con la quale stava da dodici anni, si erano sposati ed erano nati Niccolò e Davide, 6 e 7 anni. Barbara Agostino, che fa le pulizie in un’azienda di stampaggio e adesso dice tra le lacrime: “Mio marito si è ucciso perché si sentiva umiliato. Chissà cosa deve avere provato, dentro, per decidere di farla finita. Se quell’azienda gli avesse rinnovato il contratto, ora non sarei una vedova con due figli piccoli da allevare”. Quindici anni in fabbrica, poi quattro a spasso, a chiedere e non ottenere mai. (se vuoi leggere anche il resto, continua qui)

PERCHE’ LA DETASSAZIONE DEGLI STRAORDINARI E’ IMMORALE

Nell’intorno degli anni 2000, il progresso esponenziale dell’innovazione tecnologica che aveva permesso, negli USA, la crescita del ciclo a bassa inflazione, aveva indotto alcuni economisti ad ipotizzare sostenibilmente la riduzione dell’orario di lavoro a parità di condizioni. Alcuni si domandavano come la popolazione avrebbe utilizzato lo spare time.Non se lo domandano più non perché il tempo libero è di qualità e l’essere umano utilizza meglio il tempo che può gestire piuttosto che quello da cui è gestito.A parte patologie penose di chi legittima le catene che non può spezzare. Non se lo domandano più perché il lavoro è stato messo in pressione da forze globali ed ai lavoratori si chiede più tempo lavorativo proprio mentre le stesse forze ne derubano il reddito a proprio vantaggio, come abbiamo dimostrato in più riprese e scritto da più parti. Non abbiamo mai avuto smentite ad oggi, sembra legittimo quindi accodare alcune considerazioni estratte dalle rilevazioni della commissione europea e dall’oecd.

Le richieste di incremento della produttività da parte dei feudatari, confindustria e politici collusi, impattano unicamente sulle risorse lavoro.L’idea sottostante è che i lavoratori sono la causa della scarsa produttività. In realtà, le grandi e piccole imprese non hanno finora destinato quote significative alla ricerca e sviluppo, deprimendo pesantemente non solo la produttività ma soprattutto la competitività. Se il tasso di disoccupazione è diminuito ma le ore lavoro stazionano è perché non è aumentato il tasso di occupazione e l’occupazione flessibile è attuata per mezzo di pratiche che riducono l’orario di lavoro, come il part time imposto. Poiché la patologia di chi è a contatto con le discipline scientifiche si manifesta con la necessità di contaminarsi con la realtà rilevata, la malvagia idea di diffondere il virus si è impossessata di queste righe.

Per verificare la validità della tesi di coll(usa)industria, basta confrontare i fattori di offerta del ciclo USA con quello UEM. Le rilevazioni delle istituzioni già citate sono state scomposte in campioni relativi ai periodi 91-95 96-00 01-03 e poi raggruppate nel periodo 91-03.

 I fattori di offerta sono:PROGRESSO TECNICO, ACCUMULAZIONE CAPITALE, ORE MEDIE ANNUE e OCCUPATI la cui somma compone il PIL. Sottraendo l’incremento della popolazione, si ottiene il PIL pro capite. Detraendo la crescita UEM di tali fattori a quella USA, si ottiene il differenziale fra i fattori di crescita delle due aree da cui emergono espressamente le forze sottostanti alla differente capacità di crescita. E’ interessante notare che dal 96 i fattori dominanti che hanno giocato a favore della crescita comparativa USA sono proprio PROGRESSO TECNICO e ACCUMULAZIONE CAPITALE. Tra il 96 e il 2000, le ore medie pesavano solo il 25% del differenziale contro l’86% di progresso tecnico ed accumulazione di capitale mentre l’occupazione ha perfino giocato a favore dell’UEM. Ancora più interessante il confronto nel periodo 2000/03, quando le ore medie hanno contato lo 0% del differenziale e l’occupazione ha nuovamente giocato a favore dell’UEM.
In all. i grafici a barre relativi ai tre campioni con l’indicazione lineare sovrapposta della somma di PROGRESSO TECNICO e ACCUMULAZIONE CAPITALE.
Il grafico a torta rappresenta invece la composizione del differenziale nell’intero periodo.
Queste forze che hanno derubato prima il terzo mondo e poi la popolazione delle nazioni sviluppate, trovano il favore dei signorotti locali che propongono un incremento del reddito da lavoro a condizione che aumenti il tempo lavorato: la detassazione degli straordinari.
La veloce analisi appena citata dimostra, se non smentita da qualcuno, che mette sul piatto altre argomentazioni altrettanto verificabili, che non servirebbe a niente incrementare l’orario individuale di lavoro se non si aumenta l’occupazione e soprattutto se le imprese continuano a godere di rendite di posizione potendo fare a meno di competere per via del progresso tecnico e dell’accumulazione di capitale.
Forse la proposta è stata inclusa nel programma del pdl per ignoranza ma non è credibile. Ciò merita un ulteriore commento.

Lo ius primae noctis è sempre più vicino.