Lo so è pieno di giovani, specie extracomunitari e non possono certo ricordare…
Meglio fare un riassunto della puntata precedente per chi avesse visto solo l’ultima parte, solo quella nella quale il protagonista dichiara subito prima dei titoli di coda, prima de “The End”:
leggete le ultime 2 righe. Soprattutto. clikkaci sopra
Qui Lecco Libera e l’amico Duccio in particolare, stanno portando avanti, solitari e osteggiati, un lavoro di informazione e documentazione seria che è un dovere morale e civico. Di ognuno, soprattutto delle istituzioni. Lo fanno scontrandosi e ostacolati dalla mancanza di dignità di Sindaco e Prefetto che nascondono verità. QLL e Duccio vanno ringraziati pubblicamente. Nel nostro piccolo lo facciamo da qui riportando il comunicato stampa e il link al loro sito per le puntate precedenti utili per un ulteriore approfondimento.
Sui beni confiscati alla mafia in città si sta assistendo alla pura deriva. A cose da arrossire. Poco più di un anno fa, insieme a 2390 cittadini, avevamo denunciato pubblicamente la “mala gestione” dei beni confiscati alla ‘ndrangheta sul nostro territorio. Scambiare come fossero carte da gioco immobili sottratti alle grinfie mafiose era ed è un errore politico nonché un profondo vulnus alla ratio della stessa legge 109. La Prefettura di Lecco, infatti, durante la fase di commissariato, aveva destinato a se stessa il bene “Wall Street”, libero da ipoteche e in discrete condizioni, dirottando al Comune (allora privo di una componente politica) due beni – la pizzeria “Giglio” e l’appartamento di via Adamello – curiosamente gravati da pesanti ipoteche bancarie.
Queste ultime, scovate da noi nella primavera ’10, avevano rappresentato la punta di un iceberg: cioè il sostanziale disinteresse delle Istituzioni rispetto al tema.
Lunedì 25 luglio, inserita di gran fretta tra i punti dell’Odg, sarà votata la “convenzione” per restituire a “nuova vita” la pizzeria “Giglio” di via Ghislanzoni, formalmente assegnata al Consorzio Consolida per realizzarvi un centro diurno per anziani.
Stando a quanto scritto dal Segretario Codarri, in un documento a dir poco “inusuale” per forma e sostanza – e non ancora pubblico – siamo venuti a conoscenza che quanto strombazzato da sirene superficiali era falso: non è vero che tutte le ipoteche sono state levate e non è vero che quelle depennate sono tali per cortesia o fairplay bancario o per i buoni uffici di Sindaco e Prefetto.
Infatti esistono, a differenza di quanto è stato dichiarato pubblicamente dallo stesso Sindaco Brivio e dal Prefetto Valentini, (vedasi appunto l’immagine di questo post) ancora delle ipoteche sugli immobili confiscati alla mafia ed in particolare appunto quella di ben 200 milioni di lire a favore di Finitalia Investimenti srl. E’ per riscattare questa ipoteca che servono i 105 mila euro (poco più dei 200 milioni di lire dell’ipoteca) che si vogliono mettere in bilancio utilizzando risorse che potrebbero essere destinate ad altro?
I cittadini lecchesi, dopo aver digerito un baratto oscuro e torbido nella pratica (quello del gennaio ’10), si dovranno infatti sobbarcare un ulteriore sforzo: 105.000 euro fuori bilancio, una montagna di soldi, per far fronte a misteriose “future necessità”.
Da aggiungersi ai 150.000 euro già promessi al Consorzio.
Ci domandiamo inoltre per quale motivo si affida direttamente alla cooperativa Consolida la gestione dei beni confiscati e non si è fatta almeno una gara esplorativa tra tutte le cooperative di tipo B (quelle per intendersi che occupano personale disabile o con problemi di inserimento sociale), per rendere più trasparente l’affidamento e la gestione del bene.
La Giunta, e ci auguriamo non il Consiglio, lunedì sera vuol raddoppiare il colpo.
Non ha preteso dal Prefetto alcun impegno nel lasciare “Wall Street” a trasferimento avvenuto presso la ex Mutua, non ha voluto rispondere ai 2390 cittadini lo scorso anno, si è trincerata dietro uno scambio “ormai concluso” pur di non fare pulizia rispetto a decenni di lassismo ed ora, dopo un anno e mezzo di promesse e false celebrazioni, si trova – nel silenzio – a dover caricare sulle spalle della città altre inutili e poco chiarite spese fuori bilancio.
L’ennesimo capitolo di una “storia sbagliata” che continueremo a denunciare. E visti i risultati…
Sta quindi ai consiglieri, questa volta in trasparenza, decidere sotto gli occhi di tutti di bloccare questa “mala gestione” o scegliere di reiterare le bugie e i segreti facendosi però così complici.
Qui mi va di segnalare e farvi leggere un editorialedi Don Giorgio di Monte di Rovagnate che è un prete contro il Potere ma a volte non distingue e si fa ingannare dalle apparenze come in questa occasione quando usa Taricone come capro espiatorio
Mi è sembrato necessario farglielo sapere.
Scrivendogli così: Io certe volte non capisco, certe volte non la capisco, ma si può essere così aridi di cuore, vedere solo la prima pagina di questa vita, di questo schifoso mondo ingiusto? A me il GF1 o 20 che sia mi fa schifo.
Credo, ne sono convinto, sia tra la peggior cosa prodotta da questa tv spazzatura, uno zelig che la fa diventare ancor di più spazzatura eppure mai, mai, mi sarebbe venuto in mente un giudizio così da prima pagina come il suo su Taricone e sulla sua morte. Perchè qui non è necessario, non me ne frega nulla, dell’amore e della pietà cristiana, ma caspita mi basta la gratuità del giudizio, cadere nella vista della sola prima pagina di questa vita meravigliosa mischiata con la merda. Quanto si conosceva Taricone per dire che era un essere insignificante? Per chi? Qual’è il metro, il parametro? Un essere umano, un padre di famiglia forse merita un giudizio migliore. Era insignificante per sua figlia? E poi non crede che anche Lei troverà, ognuno per la propria notorietà, spazi sulle pagine dei giornali quando, varcherà la soglia, in qualsiasi modo la varcherà? Il suo termine di raffronto: Taricone vs Lavoratori è improprio. Perchè bisogna metterli per forza in contrapposizione? Uno non può sentire dolore, tristezza per entrambi? Cosa lo vieta. Non si può tagliare in due il mantello? Altrimenti c’è sempre qualcun altro che sta peggio. E ce lo sbatteranno sempre in faccia. In una lotta di contrapposizione. Chi chiede l’aumento contro chi non ha lavoro, i doppi turni o la produzione in Polonia, il lavoro precario e la morte per fame in Africa. Oppure i concerti per i lavoratori del luglio 2010 e i mesi, gli anni precedenti fatti di silenzio e di leggi contro il lavoro e i lavoratori, i diritti e le libertà, firmate dallo stesso partito che oggi, finalmente, anche se più per interesse proprio probabilmente che per la causa, concerta e suona come se fosse stata sempre da questa parte. Dovrebbe dispiacerLe della morte di Taricone, don Giorgio anche solo perchè come i (giovani) comunisti che Lei sostiene e pubblicizza, doveva avere anche lui un’altra possibilità, per imparare, anche per stare al suo sprezzante giudizio gratuito, a non farsi strumentalizzare dal circo mediatico per ragioni di mercato, per scavalcare la sua vista insignificante.
Pare che oltre ai tre coordinatori del PDL, lasciati a casa e sostituiti da un unico elemento, sia stato licenziato l’intero staff che cura l’immagine del Premier. Al loro posto è stato incaricato un parrucchiere di tendenza, un po’ comunistico, ma grande esperto di marketing.
Si è già messo all’opera effettuando una prima acconciatura al suo nuovo cliente che pare abbia gradito parecchio la sua nuova immagine da proporre ai suoi estimatori vecchi e nuovi.
Mi piace. Più Steve Martin che Pisapia. Più moderato che estremista. Più padre della sposa che puttaniere. Quest’uomo mi dà affidamento. Sì, da quest’uomo mi farei governare volentieri. (pococurante)
Non solo non è umanamente accettabile ma è proprio doveroso respingere con la forza della verità, della fierezza della ragione davanti all’enormità dell’abisso le affermazioni del signor Enzo Bernasconi di Varese – pubblicate dal quotidiano La Provincia il 26 aprile – su Vittorio Arrigoni, il volontario e pacifista che si è speso fino a donare la sua vita per i più deboli, gli oppressi e gli umiliati dalla violenza.
Io credo, mi si permetta, che quando affermazioni come per esempio queste del lettore sono così fuori dalla realtà, così umilianti nella loro unica ragione ideologica e frutto della non conoscenza, della disinformazione e della volontà di non dire il vero, ci sia un dovere civico ma anche giornalistico di intervenire, di commentare. Non di censurare ma di rimettere dritto il quadro.
Le opinioni sono tutte legittime, le bugie, tanto più in determinati contesti, quello no.
Vittorio Arrigoni era un volontario e un pacifista ben oltre la fredda descrizione di un lemma del dizionario, come prova a incasellare il lettore, lo era con la concretezza calda del suo corpo che interponeva, disarmato, tra le mitraglie delle motovedette israeliane e i pescatori palestinesi, disarmato tra i cecchini dell’esercito israeliano e i contadini della Striscia di Gaza, disarmato tra le bombe al fosforo bianco del Governo d’Israele e i feriti civili sulle ambulanze di Rafah.
Come far capire al signor Bernasconi che Vittorio Arrigoni non odiava Israele?
Che malgrado fosse proprio il contrario questo sentimento, era infatti Israele che odiava Vittorio, tanto da imprigionarlo, torturalo, metterlo in cima alle liste degli indesiderati, tanto da sparargli contro, tanto da non volerlo da vivo sul suo suolo – estrema coerenza della madre, una donna di cui essere pubblicamente fieri come cittadini, da non farlo quindi entrare ora da morto – Vittorio nel suo video/testamento, di una commovente umanità, ennesima umana lezione, pone un fiore su una tomba ebraica al Cimitero militare di Gaza.
Vittorio Arrigoni ha risposto, con tutti i suoi gesti, con la forza della denuncia, a tutti noi e anche all’inconsapevole Signor Bernasconi, proprio con il suo modo di vivere, lui che si è speso ed ha donato la propria vita e il proprio corpo per i diritti umani.
Toccanti, anche per i non credenti, sono state le parole di mons. Hilarion Capucci, vescovo emerito di Gerusalemme, durante il Funerale Domenica di Pasqua. Nel riconoscerlo buon Pastore.
E non comprenderlo, non riconoscerlo, non legittima la disinformazione, il disprezzo ideologico dell’inadeguatezza delle parole del signor Bernasconi.
Vittorio Arrigoni ha avuto il torto – agli occhi di chi lo critica – di fare scelte che loro non saprebbero fare (come anch’io) ma che loro non vogliono ammettere.
Scelte coerenti con i suoi ideali, consapevole di essere figlio di questo mondo ma anche padre di quello che ognuno di noi si augura per i propri figli, per chi si vuole bene.
Vittorio Arrigoni non aveva bandiere, ma aveva una famiglia grande, la sua mamma e il suo papà, che non dovremmo mai finire d’abbracciare, e una famiglia allargata che si era scelto. L’umanità.
Restiamo umani, diceva Vik.
Torniamo ad esserlo signor Bernasconi.