Non solo non è umanamente accettabile ma è proprio doveroso respingere con la forza della verità, della fierezza della ragione davanti all’enormità dell’abisso le affermazioni del signor Enzo Bernasconi di Varese – pubblicate dal quotidiano La Provincia il 26 aprile – su Vittorio Arrigoni, il volontario e pacifista che si è speso fino a donare la sua vita per i più deboli, gli oppressi e gli umiliati dalla violenza.
Io credo, mi si permetta, che quando affermazioni come per esempio queste del lettore sono così fuori dalla realtà, così umilianti nella loro unica ragione ideologica e frutto della non conoscenza, della disinformazione e della volontà di non dire il vero, ci sia un dovere civico ma anche giornalistico di intervenire, di commentare. Non di censurare ma di rimettere dritto il quadro.
Le opinioni sono tutte legittime, le bugie, tanto più in determinati contesti, quello no.
Vittorio Arrigoni era un volontario e un pacifista ben oltre la fredda descrizione di un lemma del dizionario, come prova a incasellare il lettore, lo era con la concretezza calda del suo corpo che interponeva, disarmato, tra le mitraglie delle motovedette israeliane e i pescatori palestinesi, disarmato tra i cecchini dell’esercito israeliano e i contadini della Striscia di Gaza, disarmato tra le bombe al fosforo bianco del Governo d’Israele e i feriti civili sulle ambulanze di Rafah.
Come far capire al signor Bernasconi che Vittorio Arrigoni non odiava Israele?
Che malgrado fosse proprio il contrario questo sentimento, era infatti Israele che odiava Vittorio, tanto da imprigionarlo, torturalo, metterlo in cima alle liste degli indesiderati, tanto da sparargli contro, tanto da non volerlo da vivo sul suo suolo – estrema coerenza della madre, una donna di cui essere pubblicamente fieri come cittadini, da non farlo quindi entrare ora da morto – Vittorio nel suo video/testamento, di una commovente umanità, ennesima umana lezione, pone un fiore su una tomba ebraica al Cimitero militare di Gaza.
Vittorio Arrigoni ha risposto, con tutti i suoi gesti, con la forza della denuncia, a tutti noi e anche all’inconsapevole Signor Bernasconi, proprio con il suo modo di vivere, lui che si è speso ed ha donato la propria vita e il proprio corpo per i diritti umani.
Toccanti, anche per i non credenti, sono state le parole di mons. Hilarion Capucci, vescovo emerito di Gerusalemme, durante il Funerale Domenica di Pasqua. Nel riconoscerlo buon Pastore.
E non comprenderlo, non riconoscerlo, non legittima la disinformazione, il disprezzo ideologico dell’inadeguatezza delle parole del signor Bernasconi.
Vittorio Arrigoni ha avuto il torto – agli occhi di chi lo critica – di fare scelte che loro non saprebbero fare (come anch’io) ma che loro non vogliono ammettere.
Scelte coerenti con i suoi ideali, consapevole di essere figlio di questo mondo ma anche padre di quello che ognuno di noi si augura per i propri figli, per chi si vuole bene.
Vittorio Arrigoni non aveva bandiere, ma aveva una famiglia grande, la sua mamma e il suo papà, che non dovremmo mai finire d’abbracciare, e una famiglia allargata che si era scelto. L’umanità.
Restiamo umani, diceva Vik.
Torniamo ad esserlo signor Bernasconi.