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EX LEUCI – QUANTO LA SI SA SEMPRE LUNGA, DOPO

FB_IMG_15634289993057960Quanto la si sa sempre lunga, dopo.
Leggo l’intervento di quattro ex-lavoratori quattro di Leuci, che tengono a farci sapere che loro sapevano che l’avrebbero fatta fallire, che loro sapevano che l’avrebbero svuotata, che loro sapevano come recuperare quell’area e che loro sanno che non sono stati ignoti a causare i crolli dei mesi scorsi.

Una cosa è certa.
Quanto la si sa sempre lunga, dopo.

Loro, che son quelli che sanno tutto, han però permesso alla proprietà di portare via tutti i macchinari da usare e vendere altrove; loro, che son sempre quelli che sanno tutto, sanno che non sono stati ignoti a causare i crolli – e fanno allusioni – ma non vanno in Procura a denunciare; loro, che sono sempre quelli che sanno tutto, sanno dell’amianto da sempre ma finché ci hanno lavorato manco una letterina anonima e ha dovuto dirlo chi ci abita vicino; loro, che son quelli che sanno tutto, sanno addirittura come farla rinascere quell’area, infatti loro avevano un Progetto rivoluzionario con 60/80 aziende, 20 centri ricerca integrati, 50-100 ricercatori a regime, ma era sulla carta, e prima ancora avevano quello di una macchina taglia laser in fibra, ma era sulla carta anche questo, e prima di ancora prima, quello della cosmesi, e prima di ancora prima di prima prima, avevano quello dei Pali d’illuminazione autopulenti. Chissà se c’era qualcosa sulla carta anche prima.

Una cosa è certa.
Quanto la si sa sempre lunga, dopo.

Nel frattempo di un nuovo progetto, sempre e solo sulla carta, han provato e provano a far fare i lavori di bonifica dell’amianto al pubblico, con i soldi del pubblico, che è un po’ quello che sperava e spera il privato, ogni privato. E siccome fa audience, si esercitano a colpire il pubblico, Comune e Asst/Asl.

Poi sempre loro quattro ex lavoratori quattro e una volta 27 associazioni che forse non sono sparite ma non ci sono, periodicamente sventolano il vessillo del “fare sistema” , però solo con i soldi degli altri. Di tutti gli altri, il pubblico, noi.
Solo che il sistema se non è per fare quello che vogliono loro, il sistema non c’è.

Stanno fallendo imprese come mosche, ci sono 500.000 m2 di aree industriali dismesse solo a Lecco ma loro, che son quelli che la sanno sempre lunga, o si recupera la Leuci o zero. Altrove evidentemente non interessa né realmente né sulla carta.

È coerenza anche questa.

È onesto dire che i soldi pubblici che loro vogliono che si investano lì, e solo lì, in quell’area privata verrebbero sottratti ad altro?
Possiamo quindi almeno chiederci cosa ci si potrebbe fare d’altro con quei soldi a beneficio della città, anche solo per priorità?

E loro, che sono quelli che sanno tutto, oggi un po’ per boria un po’ per ingenuità, paragonano la recente proposta di recuperare lo stabile di Via Roma 51 (che alle aste va deserto) con l’area exLeuci, volendo farci credere che sia la stessa cosa. Nascondendo in primis che la prima è già pubblica, invece l’area ex Leuci, no.

Che è l’ennesima dimostrazione che in realtà non la si sa lunga nemmeno dopo.

TAGLIARE I FONDI SU INFORTUNI E SICUREZZA DEL LAVORO E’ PERICOLOSO

FB_IMG_15542380260733763Mi chiedo: viene prima l’imprenditore o il cittadino?

Me lo chiedo perché il vice-premier Di Maio invita tutti, ma soprattutto imprese e imprenditori a festeggiare per l’entrata in vigore, da ieri, delle nuove tariffe Inail, più basse del 30%. Per la prima volta dare lavoro in Italia costerà meno, twitta.

Non è allarmante che un Ministro del Lavoro si autocompiaccia e chieda euforia per aver ridotto i contributi relativi all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, in un Paese, come l’Italia, dove in media abbiamo tre morti al giorno sui luoghi di lavoro? Le vite dei lavoratori chiamate “costo del lavoro” non è troppo anche per gli imprenditori? Perché qui non è nemmeno una diminuzione dei contributi per le sole aziende che dimostrano di aver investito sulla sicurezza. E’ un fare sconti a tutti. Quindi tutt’altro che da festeggiare, perché in un disinvestimento nella sicurezza i diritti diminuiscono per definizione. Chi è quel cittadino – e mi auguro quell’imprenditore – che, tutt’altro che propenso a festeggiare, non si indigna per una riduzione dei diritti dei lavoratori?

L’Inail non è solo un Ente assicurativo, ma anche di promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro, di ricerca in materia di prevenzione, sperimentazione, formazione e informazione. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che dal 2010, ha assunto le funzioni che appartenevano all’Ispesl (l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), che sciaguratamente il governo Berlusconi ha soppresso.

Tagliare il costo del lavoro per mezzo della riduzione delle tariffe Inail a carico delle imprese, significa, pertanto, e va detto con forza, disinvestire in sicurezza lavoro considerata, quindi, da questo Governo, un costo. Come da peggiore visione padronale dell’ottocento.

Il taglio costerà alle casse dell’INAIL circa 1,7 miliardi nei suoi primi tre anni di applicazione. Inoltre, non bastasse, questo Governo ha già tagliato oltre 400 milioni di euro alla stessa Inail per progetti di investimento e formazione e reso più difficile l’ottenimento dei risarcimenti ai lavoratori in caso di infortunio.

I lavoratori morti sul lavoro e di lavoro, infortunati e malati non accennano a diminuire, però, va bè, Di Maio, si vanta di aver ridotto le tariffe del 30% e chiede applausi. Poi magari, qua a Lecco quelli del M5S fanno ipocrite lotte per la salute e la sicurezza contro il teleriscaldamento.

GUARDIAMO MASTER CHEF MA COMPRIAMO PRECOTTO

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“Ci state rubando il futuro“ è l’accorata ma lucida sintesi del discorso al Vertice per il Clima (COP24), di dicembre a Katowice, di Greta Thunberg, la giovanissima attivista svedese di 16anni, oggi promotrice della #FridaysForFuture, la mobilitazione mondiale per il Clima che venerdì toccherà anche Lecco con protagonisti studenti e studentesse.

Una mobilitazione, un esserci in prima persona, per un progresso che deve farci vivere meglio, non peggio.

Un esserci in prima persona con idee e parole che durano, dureranno ben più del tempo di una manifestazione.

Lungo il filo rosso di una generazione: La terra è di tutti, l’aria è di tutti, l’acqua è di tutti. Mangia pure la tua mela ma non sradicare l’albero; dissetati pure alla fonte ma non avvelenare il pozzo. Respira l’aria sana ma non inquinare il futuro respiro.

Oggi ognuno di noi è informato su dove va il mondo. I media son pieni di immagini e notizie sul clima (degli orsi polari alla deriva sui ghiacci, degli incendi e alluvioni che si susseguono ad ogni cambio di stagione, dei prati senza api, dalle città con un cielo di polveri e orzata).

Produciamo, costruiamo, commerciamo, consumiamo senza interessarci del clima.

Guardiamo Master Chef, ma compriamo precotto.

I giovani più attenti e determinati ci stanno dicendo che così non può andare avanti per molto, che non si faranno rubare il futuro.

I Giovanissimi, coscienti, arrabbiati e determinati di tutto il mondo ci stanno dicendo che solo una cultura del limite e accettazione della sobrietà potrà farci rientrare dentro i confini della sostenibilità.

Non basta un’economia verde, serve una società verde

I giovani che venerdì si prenderanno le strade ci dicono tutto questo, che dobbiamo costruire una umanità cosciente e responsabile delle proprie azioni nell’arco di tutte le sue funzioni vitali, esigenze, pulsioni.

Per un’’idea di società ecologica ed equa, un orizzonte di senso, un “ecologia integrale”, come la chiama Papa Bergoglio e la sua dirompente Enciclica Laudato sì, un mondo con le parole preziose e attuali di Alex Langer di decenni fa: più lento, più profondo, più dolce”.

Una società capace di futuro.

I PARADIGMI BOSISIANI CHE SANNO DI GRULLISMO

evasione-fiscaleBosisio è irrispettoso dei lettori.

E’ un fatto, non un’opinione.

Non risponde, – non è nemmeno la prima volta – nel merito dei fatti contestati (condono fiscale, flat tax, sussidio di cittadinanza) ma prova a far guardare il dito, la luna lo farebbe impallidire.

Tutto qui.

Fargli notare la realtà e quindi appunto i fatti, non è supponenza né essere neoliberista ma semplicemente onestà nei suoi confronti e soprattutto rispetto degli altri lettori.

Quindi continuerò a evidenziare la realtà e i fatti, perché i fatti e la matematica non sono un’opinione e non sono tirabili come le coperte e avvolgibili come le bende sugli occhi a seconda del paradigma.

Quando, infine, Bosisio, dice che lo etichetto come grillino, era un complimento perché se manipola i fatti, ha queste idee che poggiano su fondamenta un po’ troppo bislacche, e non è un fideista grillino è pure peggio.

I grillismo sta facendo un danno enorme in termini sociali ancor più che economici: Siamo arrivati al punto in cui tutti possono dire la loro pur non sapendo.

L’Economia è una faccenda complicata anche per gli economisti, non sarebbe meglio, visti i risultati, che Bosisio torni a occuparsi della sua beneamata ex-Leuci?

 

LA STRABICA PROMOZIONE TURISTICA tra privati di serie A e altri di nessuna serie

eatlakeloveLa promozione del Turismo sul nostro territorio, per le Istituzioni,non vede solo, giustamente, località di serie A e di serie B (Varenna non è Pasturo) ma vede anche attività commerciali di serie A e tutte le altre di nessuna serie.

La prova provata è, ancor una volta, l’uso disinvolto di denaro pubblico per sostenere operatori privati. Alcuni operatori privati. Più che il territorio. A discapito di altri. Privati, non territori.

Lo scorso anno, con soldi pubblici, sono stati creati 4 pacchetti turistici per la Città fatti da un operatore privato, iniziativa che ha trovato pure una copertura mediatica che nemmeno altre, pubbliche e ben più qualificanti e caratterizzanti, solitamente trovano.

Allora Comune e Regione avevano pagato ben 12.000 per far fare una cosa che l’Agenzia privata, chiunque essa fosse, già faceva e comunque aveva totale interesse a fare. Ossia fare accordi con strutture ricettive, alberghiere e commerciali private per indirizzare lì – e non altrove – il turista.

Oggi, per altro la stessa Agenzia privata, riceve oltre 60.000 euro pubblici per promuovere il Progetto i “Sapori” del lago #eatlakelove. Tale Progetto è stato presentato lunedì a Palazzo Falck con istituzioni e operatori con queste parole: “un modello di turismo esperienziale che unisce paesaggio, cultura ed enogastronomia… l’iniziativa raccoglie imprenditori legati al settore food e turismo che si sono alleati per realizzare un piano che dia impulso e luce alle iniziative gastronomiche che interessano un’ampia area geografica che abbraccia il Lago di Como, la Valsassina e la Brianza”.

E’ chiaro come continuiamo a spendere i soldi pubblici per il Turismo?

C’è un operatore turistico privato che ha interessi economici, di sinergia e, legittimamente, immagino anche di ristorni economici con i propri partner con cui ha costruito il Progetto che fa affari privati, ma è il pubblico – tutti noi – che paga per promuoverli.

La Pubblica Amministrazione – Regione e altri – non è che deve dare servizi efficienti che valgono in termini generali, informazioni turistiche di promozione territoriale per tutti e non solo per alcuni?

Lo dico senza scopo polemico ma 60.000 euro sono un botto. Che senso ha finanziare un’impresa privata per attività con così ampia e quasi unilaterale valenza economica per il soggetto privato? Se io fossi (non lo sono) un operatore turistico commerciale, un albergo, un altro servizio che non è inserito nel pacchetto turistico ect. mi sentirei beffato.

A questo punto perché non chiedere a tutte le aziende della Città e della Provincia che vendono in Italia e anche all’estero di mettere sui loro imballaggi e documenti comunicativi (lettere, fatture, sito web) il logo di Lecco o del Lago di Como e un indirizzo web istituzionale il quale rimanda alla promozione turistica (culturale, sportiva, paesaggistica) di Lecco e del Lago?

Secondo me lo fanno a gratis. Altro che 60.000 euro.

CERTO LA DOMENICA E’ MEGLIO ANDAR A MESSA CHE FAR LA SPESA…ma il popolo va educato duro?

quarto-stato-di-spalleSarò impopolare ma vedo come un’astigmatica soluzione del problema la proposta – grillina e di rifondazione – di chiudere alla domenica i supermercati.

Certo alla domenica è meglio andare a messa che a far la spesa; sono tempi in cui dobbiamo nutrire più lo spirito che il corpo, ma le battaglie ideologiche si schiantano sempre con la realtà e le scelte dei cittadini.

Io sono per mantenere la possibilità data ai supermercati di tenere aperto la domenica. Tutte le domeniche che vogliono. E ai consumatori di scegliere di acquistare quando vogliono.

Che non vuol dire accettare una riduzione dei diritti e dei doveri, vuol dire essere capaci, come amministratori pubblici, come militanti di partito, come consumatori e come cittadini di leggere la realtà, e usare gli strumenti giusti al momento giusto. Se serve un cacciavite per risolvere un problema non posso andare in giro solo col martello..

Quindi per gli amministratori pubblici quello di fare leggi che tutelino i lavoratori, non che li penalizzino, i militanti di partito che non impastino retorica con bisogno di soppravvivenza, la loro, ma propongano modelli sociali ideali non utopici, i consumatori che non si dimentichino di essere anche cittadini interconnessi.

In altre parole vorrei che la politica tutelasse con Leggi che riconoscano appieno il valore del lavoratore con paghe base più alte, con straordinari festivi meglio pagati, con gestione di tempi di vita e lavoro adeguati. Per tutti non solo, ma se serve iniziando, dai lavoratori dei supermercati. Turni di lavoro equi, riposi equi settimanali e paghe adeguate. Questo permetterebbe di governare la realtà ampliando i diritti di tutti. Lavoratori e consumatori.

Che siano poi i cittadini, eventualmente e auspicabilmente, a non andare nei supermercati la domenica.

E’ quest’ultimo punto che la politica e la società dovrebbero alimentare e su cui devono confrontarsi, non però con azioni populiste di regime, di stile vecchio stampo sovietico o nuovo stampo liberista.

Certo, il compagno Peppone di rifondazione Andrea Torri si chiede: “dove vogliamo che si svolga la nostra vita sociale? Nelle piazze o nelle gallerie?”

Si è chiesto perché le persone non lo fanno già ora?

Come se chiudendo i negozi, i consumatori/cittadini si riversassero, come giochi di vasi comunicanti, automaticamente nelle piazze e non davanti a tv e acquisti online.

Il popolo va educato in maniera coercitiva sul valore del settimo giorno? Che facciamo allora prossimamente… chiudiamo ristoranti, musei, bar, gli stadi, i rifugi, i cinema, i giornali e pure le chiese, le domeniche?