Archivi categoria: Proposte Locali

LA PULIZIA DELLE STATUE È UNA BELLA COSA, MA È ANCHE UNA BUONA COSA?

sfinge-copertinaPosso essere (forse) impopolare?
Trovo questa continua rincorsa alla pulizia delle statue e monumenti, una quantità ripetuta di occasioni perse.

A caval donato non si guarda in bocca, si dice, ed è anche giusto. Vorrei qui evidenziare un possibile punto alternativo.
Gli sponsor che permettono questi lavori, mi paiono tutti sollecitati e a invito.
Sono convinto che si potrebbe e dovrebbe indirizzare queste adesioni e le relative risorse, anche se private, verso un progetto o progetti più valorizzanti e di utilità, direi prioritari.

La pulizia delle statue è una bella cosa, ma è anche una buona cosa?

Statua di S.Nicoló, Monumento a Stoppani, a Manzoni, ai Caduti sul Lungolago, la via al Torchio e ora Cermenati, Ghislanzoni, Mazzini e i monumenti ai caduti di Castello, S. Giovanni e Maggianico. Sono una lunga serie che non credo si amplierà di altrettanti esempi.

Abbiamo comunque provato a mettere in fila i denari spesi, direttamente e indirettamente, complessivamente per queste pulizie e restauri, in cambio di spazi pubblicitari delle società che hanno sponsorizzato pulizia e restauro?

Sono centinaia e centinaia di migliaia di euro.
Credo che si arrivi anche a un controvalore di mezzo milione di euro.

So che è più facile a dirlo che a farlo, che ogni singolo Progetto ha tempi diversi, che la visibilità per ogni sponsor è più immediata ed efficace ma canalizzarli in un uno Progetto, che sia scelto dall’Amministrazione o suggerito dalla cittadinanza, con una maggiore ricaduta in efficacia non è da auspicare, senza per questo criticare totalmente queste pulizie e restauri?

Con queste risorse (soldi, materiali ect) non era altrettanto e più utile la riapertura del Teatro della Società?
Ampliare il restauro di Villa Manzoni? Che per giunta produrrebbero un ritorno economico per il Comune che si potrebbe utilizzare per altri sostegni minori?

O sostenere se non il restauro di edifici pubblici simbolo come Villa Manzoni e Teatro, che trovo prioritario, programmi e cartelloni di attività turistiche e culturali nel solco del già importante e riuscito impegno e calendario comunale che da tempo viene proposto con eccellenti risultati di qualità e pubblico.

Non vuole essere una gratuita critica alle scelte attuali ma continuo a ritenerle ancora occasioni perse nel rapporto spesa-resa pubblica

UNA MOSTRA, UNA LEICA E NOI

51HejGKr+iL._AC_SY400_robert-doisneau-LECCO-pescatore-d-immagini-locandina

A volte incroci persone che pur essendo dentro le pagine di un libro ti danno la possibilità di vedere sotto ulteriori luci esperienze e percorsi che hai già vissuto.

Mi è successo, e seppur precariamente, lo racconto come possibile ulteriore stimolo e contributo, a chi andrà a vedere – o come ho fatto io – a rivedere, la Mostra “Pescatore d’immagini” di Robert Doisneau a Palazzo delle Paure.

Una mostra fotografica di eccezionale bellezza, del grandissimo fotografo francese.

Ulteriori luci si illumineranno leggendo prima – o dopo- la visita alla Mostra, il libro “La ragazza con la Laica” di Helena Janeczek, ed. Guanda, fresco vincitore del Premio Strega:
La biografia, con robusti documenti ma sotto forma di romanza, di Gerda Taro.

Una giovanissima fotografa, splendida e libera. La prima caduta su un campo di battaglia, nella guerra di Spagna, nel 1937.
Allieva, sodale, complice di Robert Capa, lasciò nelle sue foto testimonianza dell’enorme delitto che era stata la guerra.

La fotografia raccontata da chi l’ha vissuta come testimone, in un crescendo di interesse, sorpresa, commozione. L’arte della fotografia che parla della passione, del grande fatto, dell’amore e del risultato di quanto si possa raccontare compiutamente e perfettamente una vita di un tempo, senza usare parole.

In un click.

La carismatica e giovanissima Gerda Taro che centellinella gli scatti nella carenza della guerra, per raccontare un mondo.

E così, sempre dentro il suono della pellicola che scorre sotto il movimento di pollice e indice sulla leva della macchina fotografica, senti la stessa cosa guardando nella teca bianca della sala in fondo al corridoio a Palazzo delle Paure, con la Leica e le parole di Robert Doisneau, riportate sulla parete della sua Mostra in corso a Lecco.

Quelle foto in bianco e nero posate sulle pareti, nelle varie sale, raccontano anch’esse un mondo, più piccolo e così altrettanto enorme.
Singoli attimi, dettagli, che la loro già enorme bellezza, grazie a questo libro, che pur non parlando degli stessi tempi, luoghi e dello stesso artista fotografo, ne fanno emergere affiorare, una luce nuova, già dentro la fotografia di Robert Doisneau, un modo che così diventa anche nostro, da visitatori, di essere “Pescatore d’immagini”.

Il linguaggio universale delle immagini è una vita raccontata. Andate a vederla la Mostra, dentro ognuna delle 70 fotografie, da quella famosissima a quelle che lo diventeranno per voi. E ritrovate quel singolo click, quel suono, dentro le pagine di uno splendido libro.

Ognuno così incornicerà le sue fotografia, soprattutto quelle, che sono le più importanti che scatterà nella vita reale, come hanno fatto, Gerda Taro e Robert Doisneau, loro con la propria macchina fotografica.

OLTRE L’OLMO: IL BISOGNO DI ECOLOGIA CIVICA E NON SOLO AMBIENTALE

CroppedImage300183-olmo-sassi

Sono favorevole alla salvaguardia dell’Olmo di Piazza Sassi minacciato d’abbattimento da un discutibile progetto di riqualificazione dei relativi parcheggi.

Apprezzo quindi l’azione di difesa ecologica di cittadini e politici e sono fiducioso nel fatto che il Sindaco Brivio trovi una reale soluzione alternativa.

Vorrei però evidenziare un comportamento buffonesco altrettanto poco ecologico, che continuo a leggere ahimè da chi, come me, vuole salvare l’Olmo, ma non per questo va taciuto. Anzi dovremmo essere i primi a dare un esempio di educazione civica e non solo ambientale.

Parto da qui:
“Spengano le motoseghe e accendano il cervello”.

Dalla frase usata a ogni post sui social, ormai uno slogan per consensi facili e nessuna volontà di ascolto. Una frase da piedistallo.

Ecco, io una frase così più la leggo e più mi disturba. Sia la frase che l’autore perché nel suo piccolo é uomo delle istituzioni. È un consigliere comunale.

Penso che primariamente per chi ricopre un ruolo pubblico e tantopiù rappresentante di cittadini, la forma è (deve essere) anche sostanza. Qui non c’entra ne la gogliardia, ne l’essere o meno bacchettoni.

Una frase così, detta ad ogni intervento sul tema della riqualificazione dei parcheggi e della controversia sull’Olmo, è imbarazzante.

Perché sega alla base, non accetta, la volontà di ascolto, liquida tutti, tutti gli altri, dall’alto del proprio piedistallo: consiglieri, istituzioni, gli stessi cittadini con un’idea diversa dalla propria, o con anche solo la volontà di ascolto e approfondimento, come degli ignoranti, dei deficienti, dei cretini che non usano il cervello. Che lo tengono spento.

Io sono per salvare l’Olmo ma non penso che chi ha altri argomenti sia uno con il cervello spento.
Con chi ha il cervello spento non discuto, con chi ha altre argomentazioni, si.

Ecco una frase così, frasi così, dette in primis dagli uomini delle Istituzioni, che inquinano ben oltre la vicenda dell’Olmo, sono frasi violente.

È violenta e deve essere ritenuta per quello che è anche da chi è a difesa dell’Olmo.
Perché la violenza di quella frase lo è a prescindere dalle ragioni della lotta.

Spegniamo sul nascere frasi come questa del consigliere del M5S Massimo Riva.
C’è bisogno di nuova educazione civica, non di bullismo politico. 
Anche se farlo fa perdere voti o facile visibilità.

IMG_20180805_081630

LJF: IMPARARE IL BELLO, SE NON SIAMO GIA’ IRRIMEDIABILMENTE ABBRUTTITI

Investire tempo ed energie per coltivare il bello e il buono della Vita, è in fondo una Storia che possiamo ascrivere nello spartito sotto il titolo rigenerazione urbana e civica.

Grazie al Festival Jazz di Lecco inaugurato ieri sera sono tornato a casa, insieme a una fiumana di gente di ogni età che svuotava a poco a poco Piazza Garibaldi, con un fluido di positività che è energia pura. Che ho ancora addosso.

Energia che ha percorso, ne sono certo, ognuno dei presenti, rafforzandosi a ogni condivisione, a ogni contatto.

Se avessi una stanza dove scrivere le pagine che anche hanno riempito il cuore, i passi, gli occhi, i sensi, fin a posarsi sull’anima, aprirei la porta che dà sulla strada per appendere un cartello: c’è bisogno di bello. Dobbiamo coltivare il bello. Dare priorità al bello.

E questo cartello lo potrebbe leggere chi avesse voglia di avvicinarsi, come chi ieri ha scelto di essere in Piazza Garibaldi.

Un cartello come un’insegna.

In Piazza Garibaldi, il bene immateriale che genera benessere e alfabeti nuovi, che è la Cultura, ci ha permesso, come fossimo stati a New York, di coltivare il bello, disseminato, tracimato, condiviso dalla musica toccata da dio, del The Quintet di Kenny Garrett

Lecco ha vissuto ancora una pagina, molto più di una pagina, di cosa vuol dire, nella concretezza del viverla, che la bellezza e qualità di una Città non si misura solo o prioritariamente dai metri di asfalto, dei parcheggi o dalle strisce per terra.

Il dono che il Comune ha fatto a tutti noi (cittadini e turisti) diventati fiume, cellule, note, elettricità, conduttori di tanta bellezza perché questo è stato il concerto di Kenny Garrett che ha aperto il Lecco Jazz Festival, è un tesoro che dobbiamo moltiplicare, diffondendolo, non per nascondere le strisce in centro, un parcheggio più caro, i cinema promessi e mai mantenuti, una Piazza Affari umiliata nelle sue potenzialità, ma per farne tesoro e nuovo sguardo.

Perché in Comune qualcuno per primo ha scelto di scegliere. Di credere, crederci. Ha scelto che non serve aspettare la paziente costruzione delle condizioni adatte, né un’infinita transizione che non è mai arrivata e non ci condurrebbe in alcun luogo.

Le serate come questa – è stata il top, ma non è stata l’unica a Lecco in questi mesi, anni – ci insegnano a vedere il bello e la grazia, virtù nobili che si è sempre in tempo ad imparare quando, beninteso, non si sia già irrimediabilmente abbruttiti.

E sono la prova provata che Lecco – ancora una volta, ancora di più – è molto meglio di quanto qualcuno la vuole descrivere o si augura che diventi, che affondi, solo per poter dire, io ve l’avevo detto.

btrhdr

SIAMO COMUNITÀ ANCHE IN QUESTE COSE


volontariato-migranti-lecco-cs-2-300x225

Possiamo imparare a costruire relazioni basate su ascolto e cura, su rapporti paritari che partano dalla conoscenza.

Sono molti i pregiudizi, le convinzioni errate, il “senso comune” che costruiscono etichette su richiedenti asilo, migranti, rifugiati.

L’iniziativa promossa in questi giorni qui a Lecco direttamente dagli stessi richiedenti asilo, interagendo con una rete di altri soggetti, associativi e Enti pubblici, in primis il Comune, è un interessante, a mio parere, progetto da guardare con attenzione e fiducia.

Crea cor-relazioni

Le obiezioni emerse da diverse parti, anche impensabili, come partiti e militanti di sinistra, anche con una storia di decenni in queste fila, mi trovano concorde solo sulla carta.

Il Progetto di alcuni mesi di volontariato per il Bene Comune pensato e offerto dai richiedenti asilo alla Città, non è lavoro gratis. Non è sfruttamento. Come insistono a ritenerlo alcuni.

È corresponsabilità.

È essere compartecipe, della propria Comunità. Che questa lo sia per sempre, da sempre o per un tempo breve, di ognuno.

Utile, potrei dire, come esempio rafforzativo anche per molti di noi. Che, forse perché, per noi, lo è da sempre, a volte o spesso diamo la Comunità per scontata, peggio, diamo la Comunità per qualcosa che ci deve dare, e basta.

Quello che invece, seppur esplicitato soprattutto dall’assessore Mariani, ma più in generale da molti cittadini, e che non mi trova concorde è l’implicita reciprocità. Questo dovere morale, questa obbligatorietà di “essere a disposizione” della Città per dimostrare, da parte dei richiedenti asilo, gratitudine verso chi li ospita. Uno sdebitarsi.

Ecco io questo lo trovo ingiusto e sbagliato. Io, per esempio, non li sento in debito verso di me perché sono, più o meno temporaneamente, a Lecco, accolti nella loro legittima ricerca di un futuro, di una vita migliore.

Io trovo molto valorizzante questo loro aver scelto e proposto di essere compartecipi della sempre più propria Comunità. Che questa lo sia per sempre o per un tempo breve, di ognuno.

La parte del Progetto che vede i richiedenti asilo pulire le aiuole o il lungolago, o, peggio, sistemare le tribune dello Stadio, non mi vede particolarmente favorevole, a differenza di quella parte di collaborazione e compartecipazione nelle attività culturali.

Perché tra i primi e gli ultimi passa la differenza che c’è tra un “contributo integrativo ai compiti del pubblico” e uno di “sostituzione al dovere pubblico”.  (io, in altre parole, già pago la Tari e le tasse per la pulizia del lungolago, per la gestione del verde non dovrebbe esserci un ordinario volontariato per fare queste cose; apprezzo invece molto le altre attività perché lì viene rispettata e ricercata quella che è un’attitudine individuale del richiedente asilo, che viene valorizzata, perché li è con evidenza un contributo integrativo e anche contemporaneamente gratificante e valorizzante per entrambi.
Un patto fatto con questi ultimi criteri è per me il rispetto.
Altrimenti l’impressione è quella di essere un semplice strumento.

È per questo, e concludo, che l’iniziativa va sostenuta e condivisa, senza se e senza ma, mettendosi a disposizione.

Siamo una Comunità. Non è lavoro gratis. Non è sfruttamento. È corresponsabilità. È essere compartecipe, della propria Comunità. Che questa lo sia per sempre, da sempre o per un tempo breve, di ognuno.

IL MORDI E FUGGI DEI TAFAZZI DE LECCH

secretCapita sovente che il prof. Marchini nei suoi editoriali su Lecco, utilizzi il metodo “dell’assicuratore”: prima ti bastona e poi ti medica.

A volte però le bende e la cura arrivano troppo tardi. Come oggi, nell’ultimo editoriale “Turisti mordi e fuggi. Lecco deve cambiare”

Una caterva di luoghi più triti che comuni (il lungolago dissestato, gli artisti di strada con le fisarmoniche, le bancarelle della creatività e, novità, pure le barche nordiche) di cui fa trasparire un’insofferenza che è quasi idiosincrasia.

Solo alla fine, in due righe, la cura, il medicamento: “se a Lecco vogliamo turisti invece che occasionali incursori, dobbiamo, noi per primi, mutare atteggiamento. Una lungimirante cura del nostro patrimonio. E’ questa la soluzione”.

Ebbene nel “noi per primi” dover mutare atteggiamento, però il prof. Marchini si guarda bene dal riconoscersi.

Perché vivaddio, è sempre troppo tardi quando proveremo che il primo atteggiamento da cambiare, in noi lecchesi, è quello di smettere di ritenerci sempre figli di un dio minore, quello di ritenerci, noi per primi, ancor più malandati di quello che in realtà siamo. Noi per primi ingigantiamo i problemi, demandiamo le soluzioni e sappiamo sempre a chi dare la colpa.

Lecco non è una città turistica però se costruisci percorsi e osservatori sulla Montagna, Festival e Rassegne, se porti la ruota panoramica, se fai mappe sui luoghi da vistare, se agevoli e incrementi le corse dei battelli con la tassa di soggiorno, se estendi gli orari dell’Ufficio Turistico, se promuovi app mobili per la Cultura e luoghi Manzoniani, se frontelago fai dei partecipati street food, se posizioni totem storici turistici, se coinvolgi i giovani e fai concerti musicali, se fai guardare l’orizzonte da un Matitone religioso, se crei nuove modalità di usufruizione della navigazione privata, se hai attività straordinarie come il Planetario e Musei, a partire dallo stesso Palazzo Belgiojoso invidiabilmente bello e curioso, no, c’è sempre troppo poco, è sempre nulla, resti sempre turismo mordi e fuggi. Resti sempre un pezzente.

Lecco per diventare ancor più di quello che è, va sostenuta, senza ovviamente far finta che vada tutto bene, (il lungolago va tenuto più pulito, le piante e l’erba più curata, i parcheggi e le soste più ordinate..) Lecco va vissuta, va animata, e bisogna promuovere quello, poco o tanto, che ha di già – e se non è tanto, certo poco non è – ma non va bastonata. 

Nel frattempo la politica deve sollecitare l’imprenditoria o quest’ultima farsi vedere davvero. Forse però quest’ultima manca più come idee e voglia di rischio di impresa, di coordinamento tra i propri Enti di rappresentanza, più che come danari…

L’Hotelleria è carente a Lecco, come numeri di posti. Perchè hai voglia a voler raddoppiare i numeri di arrivi e presenze per tempi più lunghi, ma mi chiedo, se davvero arrivassero così tanti turisti stanziali dove li mettiamo? Sul Piazzale della funivia di Erna con le brande? O su Marte?  

Evviva gli articoli dove ci piangiamo addosso. Dove prima Lecco si bastona e poi si medica. Così dopo l’editoriale sulla Lecco turistica del prof. Marchini, non ci resta che dire: l’operazione è perfettamente riuscita, ma il paziente è morto.