LA NOTTE DEI MIRACOLI; 1951 lecco per il polesine allagato

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Accadde Oggi

LA NOTTE DEI MIRACOLI

Era la notte del 16 novembre 1951, tra venerdì e sabato.

La telefonata che chiedeva soccorsi era arrivata all’allora Sindaco di Lecco, Ugo Bartesaghi, alle due della notte. Dall’altro capo del telefono il capitano Zero della Compagnia Carabinieri su appello del Prefetto di Rovigo, Umberto Mondio.

Il Polesine, la sua popolazione, la sua comunità, avevano bisogno di tutta la solidarietà possibile, di ogni altra comunità capace e volenterosa, le piogge intense che da settimane imperversavano in tutta quella regione avevano purtroppo rotto gli argini del Po.

Il dramma era imminente, aveva già invaso i campi, le strade, era già addosso alle case.

Il cuore e l’operosità di Lecco si misero subito in moto.

Nel giro di non più di sette ore in via Leonardo da Vinci, allora senza traffico perché il Ponte Nuovo era ancora al di là dall’essere costruito, fu allineata una colonna di sei autocarri, di cui due provvisti di rimorchio, preceduti dalla Fiat 1100 del Comune di Lecco che, alle 9.15 del mattino, con in testa il Sindaco, si metteva in moto alla volta di Rovigo.

Sugli autocarri erano stati caricati 15 “batej”, le nostre larghe barche a fondo piatto, scortate da 17 pescatori di Pescarenico che le avrebbero condotte. Oltre alle barche, la colonna aveva caricato quattro pontoni galleggianti in ferro, in dotazione alla Canottieri Lecco come zatteroni, un grosso canotto messo a disposizione da Pietro Vassena, l’inventore del famoso batiscafo C3, e altro materiale di salvataggio.

Sono circa le 18 del 17 novembre – scrive nel suo diario il Sindaco Bartesaghi – quando giungiamo a Cavarzere. Nel municipio regna una grande confusione e il bisogno di soccorrere gli abitati e le case isolate che già sono divenuti preda della fiumana dilagante si mescola e contrasta con la necessità insorgente di provvedere allo sgombero di Cavarzere stessa, che si dispera ormai possa salvarsi dall’alluvione”.

Lecco salvò centinaia e centinaia di vite umane in quella terra che era diventata un lago, 70 km per 20, ma di dolore e sofferenza.

Basti un dato del dramma sociale ed economico che toccò quelle famiglie e quei territori – nella prima grande tragedia collettiva del dopoguerra – da lì per decenni a seguire: Dal 1951 al 1961 lasciarono in modo definitivo il Polesine 80.183 abitanti, con un calo medio della popolazione del 22%. Al 2001 abbandonarono il Polesine oltre 110.000 persone. In molti Comuni il calo superò, dal ’51 all’81, il 50% della popolazione residente. Come una guerra.

La Colonna Lecchese di Soccorso che si mise in moto quella notte e partì con il primo cittadino Ugo Bartesaghi fu composta, per il Comune, dall’ingegnere capo Massaro Pasquale, dai geom. Berti Lucesio e Aldeghi Franco, Mauri Carlo vigile autista e Giaroli Germano, vigile, con loro i tecnici volontari, Vassena Mario e De Capitani Renato e i Pescatori di Pescarenico: Ghislanzoni Dante, Ermanno, Ferdinando, Pietro e Stefano; i Monti Ambrogio, Giovanni, i Polvara Francesco, Gaetano, Natale, Pasquale, Pierino e i Riva Angelo, Giuseppe, Natale e Renato.

I mezzi furono forniti dalla Ditta Fiocchi, con gli autisti Galbusera Riccardo e Zanetti Emilio,  dalla Sae con gli autisti Scola Carlo e Turati Angelo, dalla ditta Tpl Giacomo Aldè, con gli autisti Alini Olinto e Lena Luigi; dalla Ditta Badoni, con Casati Giuseppe e Lazzari Domenico; dalla ditta Comi Francesco, con Aleotti Giulio e Bravi Giulio, e dalla Moto Guzzi con gli autisti Rodolati Luigi e Nava Ferdinando.

Son passati esattamente 65 anni da quella notte, dove Lecco, tutta, “unita in un sol uomo”, ossia dai ceti più modesti a quelli più ricchi, dai sindacati agli industriali ai commercianti, dalle cooperative e dalle organizzazioni politiche fino alle maggiori industri, in uno sforzo che, forse, non è più stato eguagliato, legò indissolubilmente il suo nome a quelle genti dentro il volto della solidarietà. Dote e lineamenti che han sempre caratterizzato la nostra Città.

Lo abbiamo visto ancora in seguito due decenni più tardi con il terremoto del Friuli e anche in questi mesi recenti con il dramma di Amatrice, che tragicamente sta segnando il nostro Paese, e poi ancora con l’Esodo umano e biblico dei migranti, profughi anch’essi dalle loro terre, il più delle volte, qui, per responsabilità di altri uomini e non anche della Natura.

Rifacendoci ancora alle parole che il Sindaco Bartesaghi scrisse nel suo Diario che tenne in quei giorni, direttamente da Cavarzere, dove l’acqua era salita più che altrove, fino a 4 metri, si può riannodare tutto il valore della solidarietà, della corresponsabilità civile, e dell’umanità che già allora correva nelle vene, come l’acqua del lago nei nostri occhi.

“Ci resterai in cuore per sempre, terra di Polesine martoriata, che abbiamo amato e amiamo come la nostra terra natìa, perché ti abbiamo conosciuto nell’immenso dolore. Vorremmo rimanere ancora, per essere con i tuoi figli ad attendere il giorno in cui lo splendore del sole brillerà sui tuoi solchi ritornati fecondi, ribenedetti dal sudore dell’uomo nella invocata pietà di Dio, sulle tue case riaperte alla vita, sui tuoi bambini tornati giocondi fra gli alberi in fiore. Solo quel giorno, davanti alla prora delle barche che i pescatori nostri tornano a spingere sul loro fiume e sul loro lago, l’acqua ritornerà limpida e chiara. E rifletterà ancora l’azzurro”. 

La solidarietà delle prime ore continuò, da subito, con la disponibilità di moltissime famiglie, a Lecco e a Cassina, ad ospitare, bambini, famiglie di quelle terre.

A Cassina furono ospitati, “una baraonda di bambini”, per riprendere le parole di Monsignor Teresio Ferraroni nella Colonia che la parrocchia di Lecco aveva in affitto dalla Pontificia Opera di Assistenza, sezione di Lecco. “Le suore hanno detto subito si, sono state bravissime. Nessuna difficoltà, quando vien un’alluvione si apre la porta a chi bussa, senza chiedere nulla”.

Furono ospitate ben 138 persone, oltre ai famigliari che arrivavano a trovare gli ospiti e vi si aggiungevano. Da fine novembre alla primavera inoltrata del 1952.

Cosi fece anche la cooperativa “La Moderna” di Cortenova per altri 50 posti, l’Asilo di Maggio per una ventina, l’Asilo Stoppani di Lecco si offrì di accogliere 30 bambini.

Il “Comitato pro alluvionati”, che coordinò tutte le azioni del territorio si dimostrò efficacissimo e ben rodato, una delle ragioni era che, il Comitato era già in funzione dall’inizio di agosto per far fronte all’Alluvione che colpì prepotentemente il Comasco, alluvione che l’8 agosto aveva ucciso 30 persone e procurato danni ingentissimi. Il Comitato poi si attivò ancora per l’alluvione del 8 novembre 1951, dove il Torrente Cosia, in quel di Tavernerio, sopra Erba, provocò una frana che uccise altre 16 persone.

Il cronista del settimanale “Il Resegone” del 16 novembre successivo concludeva il suo commento alla tragedia con una nuova preoccupazione “…il Po, in piena come mai visto, minaccia di allagare l’entroterra del basso delta..”.

Come si è visto, così avvenne.

Lecco si dimostrò generosa non solo con l’invio di uomini e mezzi e con l’ospitalità diffusa, ma anche con la raccolta di indumenti, denari e viveri.

Il Centro raccolta fu aperto nella sede municipale, coordinato da Maria Panzeri ved. Pozzoli e dal geom. Vincenzo Patris, funzionario comunale responsabile formalmente e nei fatti.

I furgoni del Comitato e quelli dell’Unione Commercianti fecero il giro dei rioni, già alla sera del lunedì la sede non era più in grado di contenere tutto. Fu così necessario, almeno per gli indumenti adibire a centro il salone sottostante la Chiesa della Vittoria, coordinato da Maria Airoldi in Galli. Già a mercoledì erano state confezionate 564 casse contenenti 22.000 capi di vestiario, tutti in ottimo stato, in larga parte anche nuovi.

Da una vasta documentazione rinvenuta nel “dossier” conservato in Archivio Comunale, utilizzato da Carlo Panzeri, (figlio di uno dei fondatori del Partito Popolare a Lecco nel 1919, impegnato nel direttivo della Dc fino all’abbandono dopo l’espulsione dello stesso Bartesaghi, e nel Corpo Musicale G. Verdi, nel CAI di Belledo, nell’Uoei, è stato anche, per cinque anni, Presidente del CdZ2),  per il numero monografico di “Archivi di Lecco” del dicembre 1996, “1951 Lecco per il Polesine allagato -la colonna lecchese di soccorso”, lavoro preziosissimo e toccante, che è possibile consultare presso la Biblioteca Civica di Lecco, si può sentire, respirare, quell’afflato civico e di Comunità che Lecco è, quando vuole e non solo quando può.

Da questo dossier si evincono, pezze giustificative, ricevute, appunti, che ci permettono di farci un’idea della generosità e dell’operosità della cittadinanza lecchese. Del senso positivo di una comunità coesa e solidale di cui troppo spesso si parla solo a braccia conserte. Una comunità che allora non aveva certamente ancora perso o affievolito almeno il senso e il valore della responsabilità collettiva, di quella responsabilità che ci chiama a essere cittadini attivi che concorrono alla costruzione e al benessere di una collettività.

Dall’elenco emerge che già al mercoledì 21 le offerte in denaro superavano gli 8 milioni di lire, tra queste le 811.000 raccolte la domenica dagli studenti, un milione consegnate al Prevosto di Lecco mons. Borsieri da un cittadino che ha voluto mantenere l’anonimato, le 84.000 raccolte la domenica al Campo sportivo, decine e decine di bambini con i loro salvadanai, i musicanti della banda Manzoni rinunciando al tradizionale pranzo per la festa di Santa Cecilia offrirono 50.000 lire, così il corpo musicale di Castello 25.000, uguale avvenne il mercoledì al Cinema Impero dove il gestore, il sig. Volpato, destinò l’intero incasso, 90.000 lire, uguale fece il cinema Marconi. La cooperativa “la Popolare”, con viveri di prima necessità per 100.000 lire L’Istituto Airoldi e Muzzi 70.000; la S.E.L.  20.000, il Circolo Avvenire 50.000; l’Ente Consumi 50.000; l’Aazienda di Soggiorno e Turismo anch’essa 50.000; la Casa degli Angeli del Belvedere 30.000; i Ferrovieri 575.000; il Cda della Banca Popolare di Lecco offrì un contributo di un milione; e i dirigenti e impiegati il controvalore di una giornata di lavoro pari a 500.000. Così da raggiungere, nel complessivo la somma di 11.995.407 lire come comunicato dal Sindaco Bartesaghi nel Consiglio Comunale del 22 dicembre.

Questi riportati sono solo alcuni esempi tra i tanti, non per fare a gara, ma per dimostrare l’unità e la coesione di una Comunità, intera.

“Se il bisogno urge, il popolo si ritrova”, ci ricorda, nella sua testimonianza, mons. Ferraroni, raccolta, nel 1996 a 45 anni dai fatti, Sempre nel numero monografico degli “Archivi di Lecco”.

Oggi per tutto questo dobbiamo ricordare a 65 anni di distanza, quella tragedia e quella bontà d’animo ed insegnamento civico così esteso e diffuso della nostra città. Come riconoscenza delle nostre genti e come insegnamento. Ne abbiamo bisogno.

Mons. Ferraroni nel ricordare il sindaco Ugo Bartesaghi, sempre nel bellissimo numero di “Archivi di Lecco” scatta anche una fotografa, il suo profilo, un ritratto d’amore e di stima, di modello che senza santità tutti, politici e cittadini dovrebbero tendere a non dimenticare:

Lo ricorda infatti cosi: ”Un uomo prestato totalmente agli altri, al servizio degli altri: non era più l’intellettuale degli anni ’40, il più intelligente e colto della FUCI (Federazione Universitaria cattolica italiana) era stato ormai consigliere comunale, di minoranza, poi sindaco, era sindaco, ma solo in questa esperienza ha dormito per la prima volta sulla paglia accanto agli operai, aia barcaioli, ai pescatori.

Non aveva mai conosciuto la fatica fisica, soltanto quella intellettuale. Ma in quel momento qualcosa è esploso dentro di lui, un sussulto di solidarietà nel concreto lo ha risucchiato ed egli si è sentito uno di loro, è andato con loro, li ha organizzati e diretti, ma come un primo fra gli altri. Con maggiore responsabilità ma accanto a loro. E forse se lo avessimo interrogato in quei giorni, lo avremmo trovato disarmato a spiegarci una scelta così totale”  

Infine una proposta all’Amministrazione, perché non pensare, in quel di Piazza Era, a Pescarenico, dove barche e barcaioli sono partiti in quella notte gloriosa per spirito, umanità e comunità, di posare una targa a ricordo e insegnamento che riproduce quella sopra la bottega di Ceko?

Perchè no, proprio dentro l’iniziativa Amminsitrativa di educazione civica, culturale e sociale: “Avere Cura del Bene Comune”?

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Cavarzere 1951, donne, famiglie sfollate
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Numero monografico “Archivi di Lecco” ott-dic 1996; ed. Casa editrice G. Stefanoni, (presente per il prestito Biblioteca Civica)
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Numero unico di “Cuore di Lecco” del 20 novembre 1951 – offerta minima L.20
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Angelo Riva, uno dei pescatori di Pescarenico a Cavarzere 1951 (Foto Galbusera)
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Cavarzere 1951, davanti al Municipio, si riconsocoo il geom Berti, col berretto, Dante Ghislanzoni, in primo piano, il Sindaco Bartesaghi, col cappello e Ermanno Ghislanzoni in nero
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piccole profughe sfollate dal Polesine 1951, e ospitate in arrivo a Lecco e Cassina

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