L’ORLANDO IN UN APPUNTAMENTO PREZIOSAMENTE CELATO

motat libro E poi sei in ferie, sei in centro a Lecco, puoi fermarti a guardare come ci si arrende davanti ai vandali dentro a un’aiuola in via Cavomotta2ur
o decidere di andare a uno degli appuntamenti mattutini di Leggeremente, perchè la speranza, il bello, devi coltivarli dentro. Un poco come il sole.
E allora, un poco nascosto, poco o nulla segnalato all’esterno, (sarebbe da valutare una bacheca davanti a Palazzo Falck con gli appuntamenti e le loro sedi) salgo al secondo piano, in sala Capriate, e decido di ascoltare una piccola lezione, che diventa preziosa, di “Innamorato e Furioso tenuta con garbo,
coinvolgimento e passione dal professor Stefano Motta, preside, insegnante, studioso e scrittore.
Io avevo già avuto modo di apprezzarlo nelle recenti rassegne e festival “Lecco Città dei Promessi Sposi” organizzate dal Comune.
La sala, non grande, è affollata da studenti della scuola superiore, una 50ina di giovani e i loro docenti.

Il prestesto del racconto è un libro di qualche anno fa scritto appunto dal Professor Motta.
E come un ricamo, un filo rosso, che si fa treccia per Angelica, spada per Orlando, scusa per Astolfo, cuore per Bradamante che ruba l’anello, per un ippogrifo cavalcato da un inglese, una spada nella roccia, un anello che rende invisibili e, pare, stia raccontando di Harry Potter, de Il Signore degli Anelli e tutti i fantasy moderni, ed invece quell’anello, quell’amore, quella furia, quell’intreccio infinito di storie e narrazione sale fin su dentro il viaggio, che ha trovato porto ma anche navi.

Fin su dentro l’Ulisse che anche lui parte, torna e ancora va, nel Calvino de “Il cavaliere inesistente” e de “il Castello dei destini incrociati” e lo fa parlando, narrando, incuriosendo
e facendolo amare perchè lui stesso ne è innamorato fino a traboccare di questo desiderio che è “L’Orlando Innamorato” di Matteo Maria Boiardo e poi del seguito e completato, trasformato, a causa della morte dell’autore, nel famoso e epico “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto.

E il tempo sfugge e la magia dei poemi cavallereschi, invece, ti si incolla addoso.
E esci dalla sala e ti stupisci di trovare auto, cellulari che suonano e insegne di troppe banche.

Sei ancora dentro il racconto e speri che questo modo di raccontare, di farti appassionare ad una storia, a fartela ricordare, a ricordarti che è il desiderio che ti spinge in avanti, a sentirti il più grande tra tutti i cavalieri, il primo tra i paladini, l’invulnerabile, e allo stesso tempo destinato a rimaner deluso perchè è l’essenza intrinseca dei desideri più alti, possano trovare ancora narratori così abili come il prof. Stefano Motta, non più solo dentro una Sala nascosta ma, adesso che è primavera, su un piccolo palco, una sedia, in Piazza a Lecco così che fiorisca uno Speakers’ Corner stile Hyde Park, e all’aperto abbia cittadinanza la Storia delle Storie, che sia nuovamente Orlando, che sia Manzoni e i nostri Promessi Sposi, che sia il bello di essere cercati, catturati, per essere liberi di altri impareggiabili e irraggiungibili desideri.

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