CERCATORI DI SENSO, OLTRE I SOTTERRANEI DEL DECORO

democraziaMi sono abituato a vedere le città partendo dalle periferie, dalla presenza di servizi e negozi, dalle informazioni offerte ai turisti e molto dalle persone che vi sostano/abitano.

Se una città ha a cuore la sua vita non cura solo il salotto buono, mettendo sotto il tappetino tutto quello che è residuo e periferico. Mi è capitato di entrare in case dove le famiglie hanno cellophanato i mobili del salotto perché non prendessero polvere; case da vedere e da ostentare ma non da vivere. Sono entrato in case povere, aperte e accoglienti.

Queste ed altre cose mi sono tornate in mente quando ho visto sui social e online le foto di androni e cestini colmi di spazzatura lasciata volontariamente senza rispetto, le recenti immagini di sotterranei privati in complessi residenziali, piazze pedonali, parcheggi pubblici e vie laterali a centri commerciali affollate dai segni del disagio.

Non mi interessa controbattere chi critica l’Amministrazione o l’elogia se, in entrambi i casi, è per partito preso. La mia preoccupazione è quella di continuare a sollevare degli interrogativi attorno al nostro vivere di cittadini responsabili.

Capisco l’inquietudine a tenere in ordine gli spazi e che risultino godibili da parte di tutti, ma mi spaventa questa ricerca ostinata a tutti i costi del solo decoro urbano

Mi nasce il dubbio se questo sguardo non riveli altro. A tutti noi sarà capitato, di fronte ad alcune emergenze familiari, di riorganizzare la propria casa, dicendoci che chi arriva è più importante del nostro ordine.

La mia domanda: per la nostra convivenza civile, che posto hanno le persone e i cittadini con delle difficoltà? Perché dentro quei sotterranei, lungo quelle vie, dentro quelle piazze pedonali ci sono soprattutto, innanzitutto persone.

Quali sono i valori condivisi nell’organizzare oggi la nostra vita? Quelli selettivi del denaro e dell’immagine? Come ci stiamo attrezzando culturalmente e politicamente per affrontare le sfide delle nuove presenze (di persone più fragili o di stranieri che arrivano)? Siamo in difesa o aperti alle integrazioni reciproche? Il bene è più da esportare in altre regioni del mondo e meno da condividere per la crescita della bellezza umana della nostra città?

Siamo una città accogliente o questo aggettivo è rimandato al volontariato che deve essere accogliente mentre politica, finanza, interessi, giocano con altri registri?

E oltre l’accoglienza quali investimenti facciamo per il futuro? Cosa chiediamo a queste persone che qui sono di passaggio, riconoscendo competenze di umanità e tecniche; Cosa chiediamo e offriamo in modo particolare per i giovani che vivono e abitano la nostra città? Abbiamo fiducia nelle loro presenze?

E proprio quei giovani, quegli abitanti dei sotterranei sono solo da cacciare o possiamo chiederci chi sono? E in generale chi sono e cosa rappresentano i giovani per questa città? E’ la domanda che riformulo per me ancora oggi: chi sono le persone oggetto della nostra indignazione, paura, indifferenza, del nostro decoro urbano al primo posto, per noi? Accettare di interrogarci è non chiudere il futuro.

Don Abramo Levi aveva una posizione bellissima: noi non dovremmo né cercare il consenso, né rincorrere il dissenso, ma essere cercatori di senso”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *