Ma é davvero così fragile “la cultura democratica”?
Ottant’anni di Costituzione, di lotte civili, sociali in Italia e in molteplici parti del mondo per essere dimenticata, offuscata, negata su una scrivania di un giudice sportivo del Campionato di Eccellenza dopo l’insegnamento esercitato da un portiere (Omar Daffe è il suo nome) e dalla sua intera squadra (l’Agazzanese) su un campo di periferia davanti a cori ignoranti e razzisti, di imbecilli spettatori sugli spalti a Bagnolo in Piano?
È possibile che cori razzisti non sedati e sanzionati dall’arbitro, che han portato prima il portiere e poi tutta la squadra ad abbandonare il campo, trovino nel giudice sportivo assoluzione e contemporaneamente condanna e sanzione per chi ha detto no io non ci sto, nel momento in cui andava detto no?
Sconfitta a tavolino, penalizzazione in classifica e squalifica per il portiere.
Davvero deve essere così fragile la “cultura democratica” per poter essere soffocata e negata al posto che ribadita.
Potremo mai, infine, perfino tra le macerie di una sentenza, continuare a proteggere i nostri gesti, le nostre parole, dalla rovinosa collisione tra i regolamenti del calcio e le regole della democrazia?
Banalmente, forse infantilmente, in questi giorni di stomaco serrato dopo queste sentenze, sono di quelli che vorrebbero essere arbitro a Bagnolo in Piano e giudice sportivo, ma non so più se i tempi permetteranno fantasie del genere.
Dentro un tempo nuovo dove è concesso ad ogni persona di essere tifoso senza diventare fanatico, di essere “noi” senza maledire, odiare sei miliardi di “altri”.
E se ci pensiamo non stiamo parlando “solo” di una partita di calcio.
Quel campo è sempre più troppi luoghi quotidiani