Caro Direttore,
E’ probabile che sia un percorso naturale nei prossimi tempi,
ma proprio per questo perchè non iniziare subito a fare il primo nodo alla corda, a mettere il primo chiodo in parete come in una cordata a quattro affiatata e spedita e i sindaci di Lecco, Mandello, Abbadia e Ballabio, titolari per competenza del territorio dei Piani Resinelli non chiedono le autorizzazioni necessarie per aggiungere il cognome CASSIN
alla propria frazione di montagna?
Frazione così – evidentemente – da lui tanto amata.
Per ricordare indelebilmente la figura di un alpinista che ha, con il suo zaino, i suoi ramponi, le sue forze, aperto e dato il nome a tante vie epiche, così, oggi, da restituirgliene una, come dono e gratitudine?
Si pensi agli esempi di Torre del lago Puccini, Bosisio Parini. Sotto il Monte- Papa Giovanni XXIII, e all’incontrario Pescia fraz. Collodi (qui è stato lo scrittore a prenderne il nome d’arte)
Ovviamente se per la famiglia, nulla osta.
Paolo Trezzi
Caro Direttore,
Non sono uno scalatore. A dire il vero non sono mica poi nemmeno tanto un buon camminatore.
Sebbene sia nato a Introbio, con la Grigna davanti al naso e la Val Biandino che mi metteva una mano sulla spalla.
Venerdi 17 luglio sono andato per la prima volta, a quasi 40 anni, ai Piani Resinelli, in alto, al Rifugio Soldanella.
Era il venerdì del diluvio universale qui a Lecco. Era il paradiso.
Una montagna, bassa, ma abbastanza alta da sovrastare gran parte di ciò che viene correntemente considerato significativo.
Quando sei lassù, in cima, dopo un infinità di tornanti, numerati giustamente come la via crucis,
ti trovi a contemplare il panorama anomalo, un coacervo di relazioni umane, sociali, affaristiche e speculative.
Ai tuoi piedi si distende un’umanità esaltata e dolente.
Strade, baccano, fretta, cemento fin nella gola, diffidenza e indifferenza.
E poi mura, fra le quali si affinano strategie sofisticate, si affliggono feroci umiliazioni, si corrompe, si ama con passione,
si odia con determinazione, si perdona, si ricatta, si accettano gerarchie mostruose, si rimuovo ostacoli, si nutrono miti, si prefigurano scempi,
si consumano solitudini disperate.
Visto da lassù tutto si ammassa, appare come un pastone, un frullato di quotidianità, entropia allo stadio finale.
E ho amato subito questa montagna.
Quando mi sono trovato sulla sua sommità, ho avuto quella piacevole sensazione di essere sfiorato dal soffio della verità,
in procinto di varcare la soglia del nichilismo.
Lì si realizza la piccolezza, in ogni senso, di tutto ciò che normalmente ci angustia o ci premia.
Si intuisce quanto siano vane la gioia e la sofferenza che sorreggono quel mondo sottostante.
Mentre già in cima ai Piani Resinelli c’era il paradiso.
E’ anche per questo che mi è venuto subito in mente di proporre, a chi ne ha poteri oltre che volontà,
di titolare quel paradiso a Riccardo Cassin. Piani Resinelli-Cassin
Come Sotto il Monte – Giovanni XXII, Bosisio Parini, Torre del lago-Puccini.
Un aggiunta che vuole avere la forza di incrociarsi, casualmente, anche con chi non cammina in montagna,
come con chi non sa nulla di Pontefici, o di opere liriche.
Ma utile per chi ha curiosità e non si ferma, metaforicamente, sotto la parete e gli gira le spalle.
E scoprire oggi, leggendo La Provincia, che il piazzale degli stessi Resinelli è stato intitolato a Daniele Chiappa “Ciapin”
ne dovrebbe rafforzare la condivisione.
Al fianco delle già intitolata via Carlo Mauri.
E dell’almeno auspicabile via (o altro) Lorenzo Mazzoleni che ancora, da troppi anni, (13) manca, credo, a Lecco o altrove.
Ovvio e fondamentale, condivido, è però soprattutto piantare l’ultimo chiodo in parete
per concretizzare il Museo della Montagna progettato dall’ing. Buizza.
Perché è bella una montagna ma con sopra la storia di uomini come custodi e non predatori è più bella.
Gli uomini, si sa, temono soprattutto quello che non vedono.
E per fargli vedere, sentire, ascoltare la montagna serve si quanto ha detto il Presidente dei Ragni Pirovano, passione, spirito. Con iniziative serie.
Ma una cosa non esclude l’altra. Un premio, una manifestazione, un Museo, una via.
Perché serve anche qualcosa che resti, qualcosa per chi arriverà dopo, che non conosceva, non sapeva, non immaginava.
Come i chiodi che si lasciano in parete, per nuove corde, nuove braccia e si spera stesso cuore e stesso sguardo.