CHE SI COMINCI A FARLE ASSAGGIARE L’ASPREZZA DELLO SCONTRO

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Sono personalmente convinto che l’esito di queste elezioni è stato determinato dal successo di quella tattica che prevede di interpellare la pancia degli italiani più che la loro testa.

Si tratta di quel richiamo alla parte più retriva della società, meno acculturata e sapientemente ‘educata’ dai mass media ad aver paura del ‘diverso’ nelle sue varie accezioni (extracomunitario, gay, rom, comunista, ecc.) e che coltiva come progetto di vita, senza ritenersi conformista, il rifugio nell’ordinarietà, nella normalità, nell’usualità…

L’enfatizzazione massmediatica di crimini commessi dai ‘diversi’ raggiunge l’obiettivo di spaventare strati sempre più larghi della società che si aspettano dalla politica risposte in termini di sgomberi, muri eretti, repressione poliziesca.

Una parte di società sapientemente gonfiata dai mass media fino a diventare maggioranza e che si esprime politicamente come una vecchina spaventata che si stringe al petto il borsellino. Borsellino, fra l’altro, sempre più vuoto in seguito al processo di distribuzione del reddito al rovescio, vale a dire dalle fasce meno abbienti a quelle già privilegiate. Tuttavia questo processo non è in cima alle preoccupazioni di questa parte di società poichè il privilegio viene ideologicamente elevato come valore in sé, a prescindere dal merito che lo ha originato (a proposito di meritocrazia …).

Il privilegio di essere nati in una zona geografica anziché in un’altra.

Il privilegio di appartenere ad una certa etnia. Il privilegio di essere nati in una famiglia benestante. Il privilegio di poter uscire da una situazione di precarietà sposando il figlio di un milionario… Era scontato che rispondere ad un’offensiva di questo genere scimmiottando sul piano culturale la destra e candidando prefetti, generali, imprenditori, avrebbe condotto ad una Waterloo poiché la gente preferisce l’originale alla fotocopia.

Ci sarebbe da riflettere poi, ma con chi ne mastica di politica e non chi la vede solo attraverso la dimensione virtuale dei talk show televisivi, se la sinistra, quella vera, quella credibile cioè lontana da questa classe dirigente (locale e nazionale), quella che non si propone di insediarsi in questa società ma che si propone di cambiarla, venga messa definitivamente fuori gioco dall’esito di queste elezioni o piuttosto se non esca rafforzata.

Forse è giunto il momento che si smetta di inseguire e assecondare, sperando di mitigarne la perniciosità, quella parte di società che ama la ricchezza e il privilegio e che si cominci a farle assaggiare l’asprezza dello scontro.

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