Noi lo sappiamo e lo vogliamo ribadire: I DIRITTI SONO INDIVISIBILI
Ce lo dice la parola individuo che è il fondamento e il riferimento di ogni diritto. Perché la parola individuo vuol dire INDIVISIBILE, ciò che non si può dividere. E infatti nella nostra Costituzione il principio primo e ultimo si trova nella persona intesa, appunto, come INDIVIDUO CHE E’ RELAZIONE. Concetto e idea che ancor più potenziano quella INDIVISIBILITA’ dei diritti che sono pensati anche come condizione appunto di relazionalità e quindi di socialità.
MA SAPPIAMO ALLORA E DI CONSEGUENZA che il fine dell’indivisibilità dei diritti, e della loro integrazione è appunto LO SVILUPPO delle persone e dei popoli e della loro convivenza. CHIAMIAMOLA , SE VOLETE, PACE!!!!
Non lo dico io, lo dice la nostra Costituzione e lo dice la dichiarazione dei diritti dell’uomo proclamata dalle nazioni unite.
E allora se i diritti sono indivisibili e lo sono a partire da quelli umani fondamentali non ha molto senso dividere i diritti umani da quelli di cittadinanza e il cittadino dallo straniero, perché apparteniamo a una comune umanità, quella che i principi fondamentali della nostra Costituzione, esprimono con il ripudio della guerra (anche mascherata e tradita dalle parole: CHIAMARONO LA GUERRA PACE) e con il diritto d’asilo.
SI CAPISCE ALLORA perché, allorquando NELLA NOSTRA COSTITUZIONE SI PARLA DEI DIRITTI DI TUTTI E DI DIRITTI DEI CITTADINI questa distinzione appare molto più sfumata e ridotta di quanto ne vogliano i sostenitori di una interpretazione puramente letteraria, perché questa distinzione prende luce e forma dal fondamentalissimo articolo due che “RICONOSCE E GARANTISCE I DIRITTI INVIOLABILI DELL’UOMO SIA COME SINGOLO SIA NELLE FORMAZIONI SOCIALI OVE SI SVOLGE LA SUA PERSONALITA’ E RICHIEDE L’ADEMPIMENTO DEI DOVERI INDEROGABILI DI SOLIDARIETA’ POLITICA, ECONOMICA E SOCIALE.
Insomma in quei primi 10 articoli della Costituzione ci sono insieme i valori di libertà (diritti) civili, politici, sociali, ci sono i valori di uguaglianza, ci sono i valori di solidarietà, e dentro quest’ultima c’è profonda l’idea di fratellanza.
Fratellanza che unisce tutti quei i diversi, che sono figli di un’unica patria, quella della nostra unica terra-madre, prima di ogni patriarcale divisione in stati e in confini, in un’unica convivenza.
Noi lo sappiamo e lo vogliamo ribadire:
I REATI SONO LA CONSEGUENZA DI COMPORTAMENTI CHE DANNEGGIANO BENI GIURIDICI personali (COME L’INTEGRITA’ DELLA PERSONA ) e collettivi (come nel caso dell’evasione fiscale ), regole di convivenza fondamentali (come nel caso di reati economici).
Ma quando si fa diventare REATO una irregolarità amministrativa, allora abbiamo già superato il dettato della nostra condizione che vuole l’eguaglianza di fronte alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. art.3)
Allora queste parole che sono state scritte per riparare agli orrori del fascismo ci dicono che quella strada subdolamente si vuole ripercorrere.
Quando essere stranieri, essere omosessuali, essere non credenti o altrimenti credenti, ESSERE DONNE, essere poveri, essere barboni o lavavetri, essere giovani e senza futuro, essere sfigati, diventa ragione di aggressione o delazione di altri nell’inerzia amministrativa o ragione di aggressione diretta di un attivismo amministrativo mal indirizzato, bene, allora vuol dire che quella strada è stata di nuovo subdolamente senza chiamarla con il suo nome re-intrapresa.
Quando non solo i comportamenti delle persone, le loro libertà di comportamento vengono impediti e repressi da leggi proibizioniste, diritti trasformati in doveri (si pensi al testamento biologico), intere fette di giovani e di immigrati fatti diventare popolazione carceraria, ebbene, LO RIBADISCO quella strada, quella di uno stato che vuole imporre a tutti una sua etica, ha già fatto nelle menti e nelle intelligenze di molti un grande passo di complicità.
Stiamo diventando complici………attraverso un presunto consenso democratico O L’INERZIA PASSIVA DEL NOSTRO DISSSENSO. O la sua pigrizia o la sua costitutiva debolezza magari compromissoria.
Quando NOI RESPINGIAMO, quando noi rifiutiamo il diritto d’asilo, noi abbiamo dismesso la nostra democrazia. Quando qualcuno viene riportato nei lager della Libia, noi ci siamo messi al pari della Libia. Perché abbiamo abbassato la nostra Costituzione con i suoi diritti al livello dell’assenza di diritti di quel paese. Perché se lo straniero al quale è impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla (nostra) Costituzione (art. 10) VIENE RESPINTO dal nostro paese allora vuol dire che ci siamo allontanati di molto dalla nostra Costituzione e che stiamo frequentando un’altra strada e battendo altre vie.
Quando impediamo a qualcuno il più fondamentale diritto alla vita che è il diritto di fuga (come quello dei Padri Pellegrini) non solo dalla mancanza di diritti politici e civili ma dalla libertà DAL bisogno e DALLA paura, ALLORA vuol dire che esportiamo non la democrazia ma la guerra senza avere fatto un passo da casa nostra, e senza aver mosso nessun esercito e armamento.
E ALLORA NOI LO SAPPIAMO E LO RIBADIAMO:
se i diritti sono indivisibili, sappiamo PER CHI SUONA LA CAMPANA,
NON PER LORO, gli stranieri, gli omosessuali, le donne, i poveri, i diversi.
SUONA PER TUTTI !!!
Non ci basta allora più unirci per fare dell’accoglienza un valore impoverito, in cui qualcuno dall’alto dei suoi privilegi fa un po’ di filantropia sociale a favore di qualcuno. Non basta erogare servizi volontari. Non basta questa solidarietà. Necessaria sicuramente. Ma non sufficiente. Perchè residuale e spesso complice.
NO!!!! LA CAMPANA SUONA PER NOI TUTTI.
LE LIBERTA’ portate via a LORO sono le nostre libertà, i diritti di cui gli altri sono privati sono i diritti di cui NOI siamo privati
Ogni libertà cancellata agli altri è la mia libertà che si dissolve. Lo sapeva bene Bertold Brecht.
Come non vederlo. Come non vedere la tanta strada di cancellazione dei nostri diritti civili, sociali, economici.
Come non vedere come sia lungo il percorso che ci ha fatto regredire in braccio alla paura e riportato in pasto al bisogno.
Come non capire che dall’altra parte, perché c’è un’altra parte, anche quando si maschera e si nasconde,in modo pienamente cosciente e raziocinante, venga perseguito, da decenni, l’obiettivo di riportarci dentro l’insicurezza economica e la precarietà, dentro l’incertezza e soprattutto dentro la schiavitù della paura.
Questa paura che è diventata una industria ignobile, orchestrata dal Governo, dai giornali, dalle televisioni, questa paura che alimenta il razzismo, l’omofobia, la guerra di tutti contro tutti.
Questa paura che ci vuol rendere servi e complici, incapaci, superstiziosi, infantili.
NON LIBERI, NE’ FORTI E CORAGGIOSI.
Non autonomi ma pronti a delegare supini all’uomo forte di turno.
Questa paura che ci toglie la parola, che ci rende balbuzienti e afasici
Questa paura che ottunde i nostri sensi. E ci impedisce di sentire LA CAMPANA
Questa paura che ottunde la nostra intelligenza.
E ci impedisce di CAPIRE PER CHI SUONA LA CAMPANA.
Come allora, a partire dalle terre di Spagna, siamo chiamati a una nuova e altra resistenza. Come allora dalla parte della repubblica, dalla parte della nostra Costituzione. Della nostra riconquistata libertà. Né di più, ma nemmeno di meno. Questa è la sfida: uscire dalla paura. Dalla parte della INDIVISIBILITA’ dei diritti.
Essere liberi, uguali e fratelli.
ALESSANDRO MAGNI-centro Khorakhane
(intervento tenuto durante il Clandestino Day a Lecco il 25-09)