Amarezza. Grande amarezza per la sentenza della corte di Strasburgo. Non si mette in discussione, non si sottopone a critica, l’esposizione di un simbolo che rappresenta la carità cristiana, la fratellanza, la fede, l’amore ! That’s ammmore ! Ma non è solo un simbolo religioso, è l’emblema della nostra storia, la nostra cultura, il nostro passato, le nostre radici, le nostre tradizioni, le tradizioni cazzo! I simboli sono importanti! Non quelli che scegli tu, ma quelli che altri hanno scelto per te. Perché correre il rischio di dimostrarci diversi, e magari migliori, dei nostri predecessori? Gesù non era un rivoluzionario ma un conservatore. Il suo messaggio era: lasciamo le cose come stanno. E allora, lasciamole così. La morale deriva da mores, costumi. Significa che è morale fare come è sempre stato fatto. Immorale è il cambiamento, allontanarsi dalle tradizioni. Perciò è profondamente sbagliato togliere il crocefisso, non tanto per il suo significato religioso, quanto per il messaggio fuorviante che si trasmette alle giovani menti degli studenti: istigazione alla ricerca del nuovo, dell’inesplorato, del diverso da come è sempre stato.
Facciamo così, lasciamo il crocefisso nei locali degli edifici pubblici, ma, nello spirito concordatario di reciproco rispetto, mettiamo un simbolo della Repubblica italiana in ogni chiesa, basilica, cattedrale. Le chiese sorgono sul suolo italiano, accolgono in maggioranza italiani, si parla la lingua italiana. Non stonerebbe affatto un simbolo di italianità che ricordi la storia, le radici, le tradizioni, ecc ecc. Che ricordi magari l’art. 3 (tutti uguali senza distinzioni di religioni) o l’art. 33 (scuole private senza oneri per lo Stato). Mettiamo un bel tricolore accanto a ogni crocefisso in ogni chiesa. Non credo che il clero avrebbe alcunché da eccepire per la presenza di un simbolo altrui in casa propria che ricordi chi comanda, a casa propria …
dal nostro ex khorakhaneker Gustavo Schianchi
Sono sostanzialmente d’accordo. Il crocefisso ha da sempre marcato in modo indelebile i “nostri” luoghi deputati all’istruzione – ma che sono luoghi di tutti – , un’istruzione che si basa, al di là del pensiero cirstiano, su tutta una serie di movimenti storici, culturali e filosofici che vanno ben oltre la limitata morale cattolica e che hanno radici profonde, rintracciabili fin dalle anitiche polis greche e che sono passate attraverso il rinascimento, l’illuminismo, il positivismo, il socialismo… Il crocifisso incombe su insegnanti e studenti come un occhio inamovibile e malevolo che turba le giovani menti in formazione – pur nella loro intelligenza e duttilità, nell’illuminata guida della società laica, dei genitori, della televisione e delle letture in cui ogni giorno diligentemente si immergono. L’Italia multietnica e multiculturale non merita, nonostante tutte le sue colpe, di subire una così tremenda prigionia. I piccoli musulmani, i piccoli shintoisti, i piccoli animisti, i piccoli ebrei che pure vivono entro i nostri confini come possono ricercare la “loro via” se il luogo dove studiano e si ritrovano, pur trovandosi in Italia, è così corrotto e contaminato dal peso simbolico del corcefisso strategicamente appeso sopra una qualche porta di ogni nostro istituto? Dirò di più, ora che il dado è tratto, ora che nella civile Inghilterra si discute sul fatto di eliminare il termine Natale che può essere offensivo per un non cristiano (io mi incazzo sempre quando sento la parola natale avendo ormai abbracciato la via dell’ateismo da più 12 anni – il cattolicesimo ci ha provato con me ma nisba!) è giunto il momento di abbattere ogni maledetto confine imposto dalla storia… Non so voi ma quando vado a Roma, città del mondo che fu caput mundi multiculturale nel pagano impero romano, tutte quelle chiese che vi sono in giro mi fanno inorridire, mi sento prigioniero, mi sento impotente. Esse limitano la mia capacità di sentirmi ateo! Non capisco perché un Giapponese voglia correre il rischio di essere gabbato da un ristoratore per venire a Roma, così sfigurata dalla megalomania dello stato della chiesa (attenzione alle lettere minuscole)… Non capisco. Perché se la storia, gli orrori commessi dal papato nei secoli così detti bui non si possono più cancellare, possiamo almeno ridare un aspetto assolutamente asettico, trasparente, direi incolore alla nostra nazione, un po’ come prospettava il grante Mao che bruciava giustamente libri e templi buddhisti nella sua Cina. Grazie ha dio (chiedo scusa…) la Corte di Strasburgo ha bene a mente ciò che è veramente importante nella formazione dei giovani.
Caro Lanciolotto, le chiese, i templi, non vanno bruciati. Sono spesso gioielli architettonici che fanno la gioia degli occhi anche degli atei come noi … ;). Anche la reggia di Versailles è un gioiello che ho visitato con gran piacere, nonostante credo sappiate come la penso sulla monarchia, l’aristocrazia, il Re Sole, ecc. Il potere si è sempre servito dell’architettura per esaltare e rendere immortale la propria supremazia. Quando sono entrato nella basilica di San Pietro, la maestosità e la ricchezza delle navate hanno fatto sorgere un dubbio anche a me : possibile che all’origine di tale meraviglia ci siano solo balle, credenze popolari manipolate dal potere del tempo finalizzate al controllo sociale ? Sì, sono le storie che il potere racconta anche così, assoldando i migliori artisti dell’epoca per colpire l’immaginario collettivo. Le stesse balle che il potere capitalistico ha disegnato con lo skyline di Manhattan e che qualcuno nella sua furia iconoclasta ha cercato di deturpare. Quei due grattacieli che svettavano molto più alti degli altri potevano simboleggiare l’arrivismo, lo slancio a superare sempre i record. Il loro abbattimento ha portato ad un appiattimento dello skyline, un livellamento socialista si potrebbe dire. Eppure io non li avrei abbattuti nemmeno se fossero stati vuoti. Il progresso non ha bisogno di demolire i simboli del passato. La Francia non è una Repubblica meno solida se ospita Versailles e Fontainebleau intatte. Così, in un futuro più illuminato e laico, potremo continuare a visitare anche le magnifiche chiese ricordando quando gli uomini dovevano credere nelle favole del potere per non vivere una vita amara …
Crocifisso? Solo un simbolo della nostra tradizione. Come gli spaghetti.
Mi sorprende che il ministro dell’istruzione , criticando la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, non si sia accorta di aver degradato il significato che il crocifisso ha per i credenti a quello di una confezione di spaghetti. Maria Stella Gelmini, infatti, ha affermato che la sua presenza “in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione”. Proprio come potrebbe essere simbolo della nostra tradizione una confezione di spaghetti o un fiasco di vino.
Intendiamoci: personalmente troverei molto più rasserenante vedere appesi nelle aule di giustizia e in quelle scolastiche simboli meno crudeli della nostra tradizione – magari un mandolino (in omaggio alla nostra riconosciuta tradizione di “mandolinisti”) o la riproduzione a colori di una pizza – piuttosto che la tragica immagine di un uomo fatto morire inchiodandolo vivo su una croce perché dava fastidio ai potenti. Caso mai potrebbe essere il simbolo di una tradizione che ammette la pena di morte, come potrebbe essere l’immagine di una sedia elettrica o di una forca
Mi sembra che il crocifisso, soprattutto a scuola, o non rappresenta niente per i ragazzi che lo guardano o deve fargli una certa paura. Fosse almeno l’immagine di San Giorgio che uccide il drago e libera la fanciulla, ma il crocifisso è l’immagine di un uomo sconfitto e suppliziato.
Mi parrebbe preferibile che la nostra tradizione avesse simboli più incoraggianti.