Ha ragione l’assessore Perossi. Quello che è successo al Teatro della Società di Lecco nella Giornata retorica della Memoria poteva finire solo così. Io non c’ero ed è stato un peccato perché scene di quel genere vanno raccontate ai figli e tramandarte in un esercizio di ricordi. Dalla cronaca della stampa locale si è capito poco. Chi dice che è stato provocato chi invece dice che è stato l’assessore a provocare. Fatto sta che l’assessore, a prescindere, ha e aveva ragione. Lavoriamo perché, casomai, non l’abbia ancora. Interessante per tutti, credo, è analizzare come brandendo la parola democrazia ognuno – se un amministratore ancor meglio – ha il diritto di dire qualsiasi scemenza e guai se qualcuno o molti più di qualcuno ricorda che democrazia non è falsa uguaglianza, falsa libertà di fare e dire ciò che si vuole. Perossi, politico non di primo pelo e già co-artefice dell’autosfacelo lecchese della prima repubblica, ha deciso di farsi giustizia da sé. Il pubblico ha risposto per le rime. Meno male, c’è vita su Marte.
Invece la politica presente sul palco ancora una volta ha praticato l’arte cerchiobottista. Si è letto sui giornali: “condanno la contestazione ma erano parole fuori posto”; “il pubblico ha forse frainteso le parole dell’assessore”, “in democrazia non si interrompe chi sta parlando”.
Non si capisce che cosa significhi tutto questo. Politici di tutti gli schieramenti dimostrano quotidianamente in tv di praticare l’interruzione e qui si vuole fare la morale? La contestazione non è più un diritto? Pertini, evidentemente di un altro spessore e con altra storia fu anch’esso contestato quando venne a Lecco per conferire la medaglia d’argento alla Città ma nell’occasione ebbe a dire:“liberi fischi in libera piazza”. Invece giovedì l’Assessore Perossi oltre all’arroganza di un discorso che era poco saggio ha fatto ancor di peggio. Ha voluto (involontariamente?) far emergere quello che è una colpa di questa classe politica. Locale e nazionale. Ritenere il compito di governare come proprietà privata. E usarlo e gestirlo come se si fosse il padrone del vapore. “Il Teatro e’ del Comune e qui voi siete ospiti” è un’affermazione tanto ignorante quanto grave. Che significa? Pensiamoci bene. Ho sempre saputo che la cosa pubblica è di tutti per Perossi invece no. E’ cosa sua. Si dà il caso che, casomai, in Teatro c’erano i veri padroni e sul palco i dipendenti di questi essendo i politici stipendiati dai cittadini il rapporto di lavoro e quindi di “proprietà” va capovolto a favore di questi ultimi. Per finire frasi come quelle del Perossi “in platea si manifesta il seme di una nuova possibile Shoa” potrebbero commentarsi da sole e qualcuno sarebbe dovuto andare sul o dal palco a prenderlo per un orecchio. Ma per non essere ipocrita come molti, eviterò di indignarmi troppo: ogni movimento politico (ogni paese), anche di questi tempi ha tra le sue fila qualche borghezio seppur in giacca e cravatta, generalmente il più tontolone della compagnia. Di solito, però, gli si fa fare il servizio d’ordine, non il deputato o l’assessore.
1/2/2005
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