UN FASCISTA NON PUO’ PARLARE. il 25 aprile

C’è necessità di far delle piccole rettifiche sull‘articolo di cronaca riferito alla manifestazione del 25 aprile in città  apparso ieri sul quotidiano locale La Provincia.

L’articolo, infatti, contiene errori solo apparentemente insignificanti, quantomeno d’interpretazione, che però ne stravolgono il reale resoconto.

A me non stanno preventivamente simpatici i ragazzi di “estrema sinistra”, il più delle volte mi sembrano folkloristici, quindi non è una difesa di parte. Però, va e andava riconosciuto, nella manifestazione sono stati i più seguiti. Dietro le loro bandiere e dietro i loro striscioni, grazie anche alla banda “anarchica” di musicisti, c’era molta gente. Non è per nulla corretto, né vero, dire che ad un certo punto, in Largo Montenero, si sono intrufolati, (si intrufolati), nel corteo. Loro erano il corteo, parte legittima e viva del corteo. Dire diversamente è una scorrettezza.

Così come dire che sono stati portati fuori dalla polizia quando in Municipio hanno scandito uno slogan un poco grezzo ma veritiero “un fascista non può parlare” appena ha preso la parola Daniele Nava. Sono, infatti, usciti da soli. Volontariamente e con loro diversi cittadini e anche alcuni partigiani. Già, alcuni partigiani con il fazzoletto annodato al collo.

Nell’intervento del signor Prefetto, in un toccante e applaudito passaggio, si è ricordata la figura del Presidente Pertini, ecco sarebbe stato bene ricordarselo anche per un episodio avvenuto proprio a Lecco quando conferì l’onorificenza della Medaglia d’argento per la Lotta partigiana. Quel giorno fu contestato, ma ebbe a dire anche ai questurini: “libero fischio in libera piazza”. Non chiuse certo i portoni e tanto meno la mente. Domenica poi non è esplosa nessuna tensione. Sono stati 10 secondi di grida. Deplorevole e da sottolineare semmai sono state le parole della vigilia del consigliere Dadati che  meriterebbe di essere denunciato almeno per “procurato allarme”.

“Un fascista non può parlare” sembrerebbe, se non si ha memoria e attenzione uno slogan becero e antilibertà, quella stessa libertà per cui i Partigiani sono morti. Invece è il minimo rivolto a Nava.

Il suo discorso è stato come ha detto un fine intellettuale promotore del teatro locale, “interessante, totalmente condivisibile e non si può fare un processo alle intenzioni”. Peccato che non serva nemmeno questo sforzo.

Pochi anni fa lo stesso Nava ebbe a dire che “il 25 aprile è una festa falsa”, Nava è lo stesso poi che appoggia le Leggi razziali del terzo millennio. Le Leggi che sbattono in lager moderni i migranti, Leggi che vogliono privare delle cure mediche uomini solo perché clandestini, Leggi che non riconoscono agli individui pari dignità e diritti davanti alla Legge.

Nava è uno che va, da sempre, a tributare gloria e onori ai morti, del 28 aprile 1945, fucilati allo stadio cittadino, con regolare processo, per aver violato, da vivi, anche le Leggi di guerra, uccidendo davanti via Como, in maniera vigliacca, dopo aver esposto la bandiera bianca, ragazzi che combattevano per la Libertà.

E poi basterebbe, e non è una nota di colore, averlo visto durante la cerimonia. Non ha accennato minimamente a nessuna canzone suonata nel cortile comunale.

Nava è venuto solo per dovere istituzionale. Non era, perché non se la sentiva prima di tutto lui, la sua Festa. Non sono stati i ragazzi ad intrufolarsi nel corteo. E’ stato Nava.

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